In Sicilia a scuola di “Wow therapy”: meravigliarsi è riscoprire se stessi
Dalle città globalizzate del tutto uguale e subito, in cui si possono far arrivare comodamente a casa calamite del Machu Picchu, alle foreste sempre più carenti di biodiversità, il settimo senso subisce continui attentati. La tendenza all’omologazione vuole il vantaggio della sicurezza psichica (se in Thailandia entro in un fast food so cosa aspettarmi sul vassoio) e economica (più Ogm più cibo?) ma a danno della meraviglia. Come svegliare questo senso sopito? Esplora, sogna, scopri: viaggia!
Oggi si parla di Wow therapy per aumentare l’emodiversità. Così il sentimento più antico del mondo è il più urgente: la meraviglia, quella di Adamo alla vista di Eva, dei primi uomini alla vista della pioggia, di un bambino alla vista dei palloncini, di uno scozzese alla scoperta di Catania. La Wow therapy è più facile in Sicilia. Ma perché la nostra terra è emodiversa naturalmente. Ogni borgo della regione ha del proprio in termini di flora, fauna e panorama: dalla montagna al mare, dalla sabbia agli scogli, dalla sciara indomata ai boschi riserva, dagli stadi agli anfiteatri greco-romani, dalle cime innevate alle colate laviche. Abbiamo facce per ogni cultura che ha attraversato questa terra, per ogni onda che l’ha bagnata e per ogni inclinazione diversa dei raggi che l’hanno baciata. È il marchio di ogni cassata come di ogni nativo. Quante volte, visitando un nuovo borgo o una nuova spiaggia, abbiamo detto: «Non sembra neanche di essere in Sicilia»? Le sue mille facce fanno meraviglia anche a un siciliano. Goethe, che tornato dal suo viaggio scrisse che «l’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna», sosteneva (non a caso) che «la cosa più alta a cui l’uomo può arrivare è la meraviglia». E noi le diamo tanta importanza col nostro potenziale espressivo. «Appiddaveru?»: come tradurlo senza dare espressività al volto? Figuriamoci a uno straniero, vallo a spiegare che «really?» non basta. Ma gli inglesi ci battono in sintesi: con Wanderlust intendono il forte desiderio di viaggiare ed esplorare il mondo, l’urgenza di sperimentare culture diverse per liberarsi da sentimenti di tristezza. Non solo. Wonder significa “meraviglia”, ma è anche il verbo “chiedersi”; wander vuol dire “vagare” e pure “curiosare”: graficamente e foneticamente sono simili.
Certo, viaggiare non è poi così semplice. È uscire dalla zona comfort, dalle pareti morbide della vita intrauterina. In fondo partire è come venire al mondo: soli, battiti accelerati, sensi sconvolti. Quante cose impariamo nei primi anni di vita? Non urli in lacrime quando viaggi; perché non scegli di nascere ma, viaggiare, quando il passaporto lo consente, sei tu a sceglierlo. Come non scegli di venir battezzato ma con la cresima sei chiamato a confermarti figlio di Dio. Allo stesso modo viaggiando ti confermi figlio del mondo. È l’esperienza filosofica per eccellenza. «Infatti gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia», scrive nella Metafisica Aristotele; aggiunge poco più avanti: «chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere» e da questa scintilla comincia il viaggio della conoscenza. Viaggiando sperimentiamo la sensazione panteistica che ci fa entrare in connessione con il Tutto, con la forza creatrice dell’universo. Partire è dare la possibilità a se stessi di sentirsi liberi, di sapersi in sintonia con il mondo, di meravigliarsi ancora. Così, se indossando vestiti nuovi non si rimane sotto gli abiti sempre gli stessi, si ritorna a casa partecipi di ciò che ci circonda. E ogni volta è come rinascere. Il siciliano dopo un lungo viaggio sa apprezzare meglio la sua terra. Ha visto che ogni mondo è diverso e guarda tutti i volti del proprio con lo stupore aperto della conoscenza. La Wow therapy è più facile in Sicilia.