Fra l’ultimo giorno dell’anno e il primo di quello nuovo ci interroghiamo su ciò che abbiamo forse di più prezioso: il tempo, sempre in corsa a inseguirlo, finché il semaforo ci ricorda di disimparare ad avere fretta

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]T[/dropcap]empo non c’è tempo sempre più in affanno / Inseguo il nostro tempo», canta il nostro Battiato. C’è un momento esatto in cui il tempo comincia a scorrerci veloce. E coincide con l’odore delle pagine della prima agenda, con le prime annotazioni nel calendario del telefono. Da piccoli non progettiamo, aspettiamo. Aspettiamo l’estate per andare a mare, l’8 dicembre per addobbare l’albero, la domenica per le uscite fuori porta. Aspettare è il tempo del silenzio e nel silenzio si sente la risata, ci si prepara alla felicità. Mentre aspettare non è inseguire, il progettare finisce col lanciarci nel futuro famelici dei giorni che ci separano da una data: un esame, un viaggio, una visita medica, un appuntamento, un colloquio, un concerto. È una trappola mortale. Inizia così la nostra corsa. Corsa in cerca della felicità. Ma mentre corriamo ci dimentichiamo di fermarci ad assaporarla, così la consumiamo take-away come cibo da strada, all’impiedi. Anche a casa nostra. Che fine hanno fatto i salotti con poltrone in pelle in cui sprofondare leggendo un libro, ascoltando musica tenue o intrattenendo gli amici? Abbiamo tutti l’orologio al polso ma non abbiamo mai tempo. Allora finiamo col promettere proprio ciò che non abbiamo: è un vizio che gli altari e le nostre agende conoscono. Non promettiamo infatti amore e pomeriggi insieme? «Ogni cosa che vogliamo, ogni cosa che abbiamo paura di non avere, ogni cosa che alla fine decidiamo di comprare è perché in realtà, a conti fatti noi desideriamo l’amore, vorremmo avere più tempo e temiamo la morte»: è il discorso d’apertura di Will Smith in Collateral Beauty. Le nostre agende inseguono le prime due, fuggono l’ultima.

PROMETTERE TEMPO. Ecco quanto scrive Nietzsche nell’aforisma 58 di Umano, troppo umano: «Si possono promettere azioni, ma non sentimenti: questi sono involontari. Chi promette a qualcuno di amarlo sempre o di odiarlo sempre o di essergli sempre fedele, promette qualcosa che non è in suo potere». Spiega poco più avanti: «La promessa di amare sempre qualcuno, significa cioè: finché ti amerò, compirò verso di te le azioni dell’amore; se non ti amerò più, continuerai a ricevere da me le stesse azioni». Ecco l’ambiguità di ogni promessa: mentre mette al centro l’azione, il rischio è che assuma i connotati contrattualistici del do ut des, trasformandoci in animali calcolanti intrappolati in azioni-meccanismi, ciechi e paurosi dinnanzi all’imprevedibilità del divenire. Libero di fare liberamente promesse non può che essere allora l’Übermensch. Come diventarlo? Concedendoci qualche attesa e qualche ritardo.

MERIDIONALI: UN MODO DI VIVERE IL TEMPO. Risale pressoché al XV secolo l’aggiunta dei minuti all’orologio e da allora anche il tempo è alla mercé del commercio: ogni attimo della nostra vita diventa misurabile e le lancette dell’orologio nel fare a pezzi i minuti fanno a pezzi l’uomo. Da qui l’ansia da pianificazioni, da programmi da stilare e aggiornare nel tentativo di controllare tutto. Tutto è calcolabile, tutto è ansia, perché tutto è tempo. Non siamo più capaci di rapportarci con l’incertezza. Un’eccezione resiste fra mille rimproveri: il meridionale è spesso in ritardo. Sarà perché ha imparato a conviverci con l’incertezza, a furia di fare i conti con la precarietà della politica, del lavoro e della sua terra che ora si allaga, ora brucia, ora trema. Ci vediamo per le 21, ci vediamo dopo pranzo: con quest’orari che sfumano si oppone titanicamente e inconsapevolmente a un controllo ossessivo delle lancette.

COLORE DELL’ANNO. «Vivace eppur delicato, PANTONE 16-1546 Living Coral ci avvolge con calore e affetto infondendo conforto e ottimismo in un mondo in continuo cambiamento». In fondo il corallo è figlio del rosso, rosso come le vesti che, fin dai tempi di Augusto, indossiamo a capodanno, simbolo di salute, passione e fortuna. Rosso come il colore dell’agenda che ho scelto per il 2019, rosso come il semaforo che ti obbliga a disimparare ad avere fretta, a fermarti a pensare e aspettare.

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