Tu chiamale, se vuoi, “Evasioni”. Così, in modo forse un po’ propiziatorio, la direttrice Laura Sicignano ha pensato d’intitolare il cartellone estivo dello Stabile di Catania, che conta cinque nuove produzioni, molte in collaborazione con altre realtà, programmate fra la sala Verga e la Corte Mariella Lo Giudice, a Palazzo della Cultura. Un modo per sfuggire a quell’incertezza che da un anno tormenta pesantemente il settore dello spettacolo dal vivo, costringendolo spesso a una condizione di precario equilibrismo. «Abbiamo scelto questo titolo – spiega – in maniera anche un po’ ironica. Dopo un anno imprigionati in percorsi obbligati dietro agli schermi dei computer, finalmente vediamo la luce in fondo al tunnel, ritrovando il nostro pubblico in uno spazio concreto».E, in effetti, in questi mesi turbolenti non sono mancati i tentativi di ripartire, ricorrendo spesso al digitale e, laddove è stato possibile, anche alla partecipazione in presenza. «Il Teatro Stabile di Catania non ha mai smesso di lavorare in questi mesi – commenta la vice presidente Lina Scalisi – non solo apportando migliorie all’infrastruttura ma fornendo ad attori, registi e autori lo spazio necessario in cui fare ricerca. Le nuove produzioni si prefiggono lo scopo di coniugare la freschezza del talento alla qualità della tradizione». Quando si parla di performance artistiche non basta accendere un interruttore, il teatro richiede tempo e programmazione e difatti l’attività dell’Ente etneo non si è mai interrotta nei mesi passati. Anche se formalmente chiuso, lo Stabile ha continuato a pianificare, arrivando a contare nel solo 2020 dodici mila giornate lavorative.

“‘A cirimonia-L’impossibilità della verità”

UNA SICILIA CONTEMPORANEA. «Gli spettacoli in cartellone – evidenzia la Sicignano – hanno come fil rouge quello di indagare la Sicilia in una chiave contemporanea e viva. Si parte da testi nuovi o da classici meno frequentati per ricercare nuove forme di dialogo con il pubblico». Un percorso in cui diventa fondamentale rintracciare temi nei quali la platea possa riflettersi, sposando una delle istanze primarie del teatro pubblico. Presenti già la scorsa estate con un collage di Martoglio, Enzo Vetrano e Stefano Randisi tornano a Catania con un’opera co-prodotta insieme al Teatro Biondo di Palermo, con il quale già da tempo si è sviluppata una solida sinergia, firmata da uno dei più prolifici drammaturghi dell’Isola, Rosario Palazzolo, che proprio con ‘A cirimonia-L’impossibilità della verità (in scena al Verga dal 18 al 27 maggio) si è aggiudicato il Premio dell’Associazione Nazionale dei Critici Italiani 2020. «È un testo – osserva Vetrano – che parla della dimenticanza procedendo tra tensione e scioglimento. Per i protagonisti non ricordare sarà l’unico modo per ricominciare a vivere». Uno spettacolo in cui i due registi palermitani, qui anche interpreti, trasformano le parole in verità. «Sono temi – gli fa eco Randisi – di un’identità che non abbiamo mai abbandonato. Affacciarci a una scrittura nuova ci permette di rivivere situazioni che appartengono al teatro e all’uomo».

DUE RICORRENZE. Dopo il debutto al Verga, dove come sempre saranno garantite le norme e i protocolli anti-contagio, ci si sposterà all’aperto per le altre quattro produzioni.«La nostra responsabilità è duplice – osserva il presidente Saggio – perché ci chiama a stare chiusi quando si deve ma anche tornare ad aprire al pubblico quando si può. E ora che il momento è finalmente arrivato, con la massima diligenza, siamo in grado di accogliere gli spettatori soddisfacendo il loro grande bisogno di cultura, spettacolo e teatro». Fra le opere meno note al pubblico rintracciamo L’ultimo degli Alagona di Nino Martoglio. Un testo mai pubblicato che lo stesso scrittore belpassese portò in scena nel 1908 al Teatro Filodrammatici di Milano. Le peculiarità dell’opera sono da rintracciarsi nell’uso della lingua italiana e nello schema del dramma storico, ai quali Martoglio fu poco avvezzo. Questa nuova edizione, in scena dal 20 al 30 maggio, avrà la regia di Elio Gimbo e la partecipazione dei Pupari della Marionettistica Fratelli Napoli che agiranno accanto ad attori in carne ed ossa. «In questo 2021 – racconta il regista catanese – celebriamo due anniversari importanti: la morte di Nino Martoglio e la nascita della Marionettistica Napoli per volere di Don Gaetano. Questo spettacolo sarà un modo per omaggiare la tecnica e la storia del teatro catanese dell’ultimo secolo».

“La nuova colonia”

PIRANDELLO E PINOCCHIO. Dal 10 al 20 giugno sarà la volta de La nuova colonia di Luigi Pirandello, adattato e diretto da Simone Luglio con una compagnia molto numerosa, composta soprattutto da giovani. «Le questioni affrontate da Pirandello in questo dramma – osserva l’attore e regista canicattinese – sono estremamente attuali: isolamento e emarginazione sfoceranno nella creazione di una nuova colonia, che però farà emergere tutte le problematiche tipiche di una società». Quella verso l’ultima produzione dello scrittore agrigentino è una scommessa importate, visto che si tratta di un testo poco noto alle tavole del palcoscenico, come l’esperimento portato avanti da Livia Gionfrida che firma l’adattamento e la regia di un inedito Pinocchio di Franco Scaldati (in scena dall’8 al 18 luglio). «Franco Scaldati – osserva l’ideatrice del Teatro Metropopolare – non ha scritto un’opera, ma ha tradotto una parte del Pinocchio collodiano. Da queste bozze è nato un grande lavoro prima di studio e poi di riscrittura da parte mia e degli attori della compagnia». Per indagare poi la complessità del testo e dell’universo scaldatiano, di concerto con l’Università di Catania, sono previste una serie di attività collaterali che vedranno il coinvolgimento di Melino Imparato, collaboratore storico del drammaturgo e regista monteleprino e delle professoresse Rimini e Scattina. A chiudere la stagione sarà La Pacchiona (21-31luglio), graffiante commedia di Neil LaBute, tradotta in dialetto siciliano da Marcello Cotugno che ne firma anche la regia. Un’opera che mette al centro il cruciale tema dell’omologazione sociale stemperandolo con una scenografia dal forte impatto simbolico. «Il meridione – spiega Cotugno –, e la Sicilia in particolare, ha una fortissima cultura del cibo, spesso visto come collante sociale. Ma il cibo è anche rifugio, valvola di sfogo e rimedio contro l’insoddisfazione di cui un individuo emarginato è facile preda. Da qui l’estrema attualità dell’opera».Intanto Baccanti, che ha aperto virtualmente la stagione 2020/2021 del TSC riprenderà presto la tournée mentre è già pronta la prossima stagione che fra le novità vedrà Tornati a casa per tempo diretto da Nicola Alberto Orofino e Una fuga in Egitto, con la regia di Turi Zinna.

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