Dal fotografo che fissava il Male al giornalismo che ascolta le comunità: la quinta giornata del workshop “Il giornalismo che verrà”
Testimone sofferente delle atrocità commesse dall’uomo in guerra. Krzysztof Miller è stato il fotografo che ha fissato il Male e ne è stato travolto. La figura del fotogiornalista polacco morto suicida nel 2016 è stata al centro dell’incontro tenutosi presso l’Accademia di Belle Arti di Catania “Le foto che non hanno cambiato il mondo”. Protagonisti dell’incontro che ha aperto la quinta giornata del workshop internazionale “Il giornalismo che verrà” organizzato dal Sicilian Post sono stati il reporter del quotidiano La Stampa Domenico Quirico e Tiziana Bonomo, curatrice della mostra dedicata al fotoreporter polacco. Presente anche il docente dell’ABA Ezio Costanzo in veste di moderatore del panel. «Dall’Afghanistan, ai conflitti che hanno dilaniato il continente africano, alla distruzione della Cecenia – ha rilevato Quirico – Miller ha conosciuto sistematicamente il male del mondo. Che si faccia questo mestiere con una macchina fotografica o con una penna, l’immersione nel male determina delle conseguenze ma, al contempo, non è possibile essere giornalista o fotografo senza lasciarsi travolgere e contaminare da quelle tragedie. Eventi che però ti portano via la pelle e ti trasformano come è accaduto a Miller». E il fotografo polacco da quel male insostenibile è stato condotto a compiere il gesto estremo. «La prima cosa che ho visto di lui – ha raccontato la Bonomo, commentando alcune delle immagini del fotografo – è stato lo scatto che lo ritrae impiccato con la macchina fotografica al collo. La forza delle sue fotografie risiede nella vicinanza del suo cuore e della sua mente nelle persone che immortalava».
A confrontarsi sul modo di raccontare gli eventi drammatici del nostro tempo, questa volta dalla prospettiva strettamente giornalistca, sono stati il reporter spagnolo Fernando De Haro e Silvia Guidi, giornalista de L’Osservatore Romano, relatori del successivo incontro in programma. «Essere sul campo – ha affermato De Haro – fa la differenza. Lì puoi toccare con mano il dolore delle persone che hai davanti e infrangere il muro dell’indifferenza». Situazioni limite nelle quali il giornalista ha molteplici responsabilità: «Non sono pochi i casi in cui è più prudente scegliere di non pubblicare un articolo che potrebbe mettere in pericolo chi offre il proprio aiuto in luoghi e contesti difficili».
In che modo il servizio pubblico sta affrontando le profonde trasformazioni che il modo di fare comunicazione sta subendo? E come fare per catturare l’attenzione dei giovani, esposti alla disinformazione che spesso caratterizza il mondo dei social? Sono stati questi alcuni dei temi affrontati da Giuseppina Paterniti, direttore della Direzione Editoriale dell’offerta informativa Rai, protagonista di un incontro presso la Scuola Superiore di Catania. «Per restare nei valori in cui si crede e negli obiettivi che ci si dà, è importante puntare sulla persona umana e la sua capacità nel tenere dritta la barra dell’impegno e dei doveri del giornalista. Tuttavia, finché non capiremo che il nostro sguardo sul mondo deve essere quello dei giovani, e che debbano essere loro stessi a raccontare, rischieremo di fare qualcosa di obsoleto e non in grado di stare al passo di una rivoluzione così profonda come quella che stiamo vivendo».
A seguire, un incontro sulle opportunità per l’economia del Meridione offerte dal PNRR. A discuterne sono stati il Responsabile Direzione Regionale Retail Sicilia Crédit Agricole Italia Luca Natali, il direttore del Dipartimento di Economia dell’Università di Catania Roberto Cellini, la responsabile Scenario Sud di The European House – Ambrosetti Cetti Lauteta e il giornalista Ansa Mimmo Trovato. «Il primo passo – ha rilevato Natali – sarebbe quello di chiamare il PNRR con il suo vero nome, ovvero Next Generation EU, abbracciandone così lo sguardo rivolto al futuro. Inoltre non basterà inserire personale competente per rimettere in moto degli ingranaggi istituzionali datati». A questi temi di non poco conto vanno aggiunte le specifiche criticità del Sud: «Il Sud avrà opportunità di crescita solo se anche se il resto del Paese continuerà a progredire. Per far sì che ciò accada è necessario che il Meridione risolva problemi di partecipazione e formazione al lavoro». Resta aperta la questione di come utilizzare le risorse comunitarie: «Capire come spendere i fondi dovrà essere una sfida condivisa anche dai cittadini, che devono essere adeguatamente informati da una comunicazione attenta».
Successivamente, è stata la volta dell’incontro “Crisi dei giornali, opportunità per il giornalismo?”, che ha visto protagonisti il direttore del News Ecosystem Development di Google Madhav Chinnappa, il giornalista e professore della Craig Newmark School of Journalism della City University di New York Jeff Jarvis, il direttore del News Ecosystem Development di Google Madhav Chinnappa e la vicedirettrice de Il giornale di Brescia Anna Masera. «Credo che dalla crisi- ha affermato Chinnappa – il giornalismo abbia saputo trovare nuove strade. Personalmente ne intravedo tre: quella legata ai modelli di business, l’uso sempre più fruttuoso dei podcast e la sempre maggiore connessione fra i soggetti coinvolti nel processo comunicativo che può costruire una solida fiducia». Una prospettiva che Jeff Jarvis, da osservatore privilegiato, sposa: «Esistono molti modi per rompere gli schemi e dare un servizio ai nostri lettori. Credo che il fattore principale sia quello di tornare ad ascoltare ciò che le comunità desiderano che sia raccontato. In fondo, movimenti come Me too e Black Lives Matter sono la testimonianza di come la libertà di espressione sui social e il focus su temi sentiti da un gruppo circoscritto possano costituire la base di progetti editoriali di successo». Un modello che anche in Italia risulta vincente, come testimonia l’esperienza di Anna Masera al Giornali di Brescia: «Non dobbiamo avere timore di chiedere ai nostri lettori di sostenerci. Noi, ad esempio, occupandoci dell’attuale momento di siccità che sta interessando la Pianura Padana, stiamo avvicinando alla nostra realtà editoriale un numero sempre crescente di affezionati lettori»
In chiusura di giornata, il panel Il fascino dell’imperfezione con Domenico Quirico e Tiziana Bonomo, che riprende il titolo del libro della fotografa torinese dedicato al reporter de La Stampa. Scrittura, guerra, accoglienza, prigionia sono alcune delle questioni a cui Quirico è chiamato a rispondere nel corso di quella che lui stesso ha definito “conversazione socratica” con la Bonomo.
«Nel leggere gli articoli e i libri di Domenico sono stata colpita dalla sua capacità di immedesimarsi con la sofferenza altrui. Il titolo del mio volume vuole mettere insieme il fascino della sua scrittura e l’imperfezione del suo carattere». Uno spaccato che inquadra l’essenza dell’inviato di guerra astigiano spesso costretto a confrontarsi con una realtà distante da quella che ci circonda, fatta di sofferenza e dolore. «Trovo il titolo di Tiziana calzante – spiega Quirico – perché reputo di essere imperfetto come il mondo che inseguo. Detesto i mondi perfetti, i miei sono squassati, approssimativi, sono mondi dove l’uomo avanza a tentoni. Essere imperfetti è la più grande qualità dell’uomo».