Di questi tempi, come ha recentemente scritto il Post, i commissari straordinari stanno bene su tutto. Così, quando lo scorso agosto, il governo ha deciso un rimpasto ai vertici della struttura commissariale unica incaricata della realizzazione delle infrastrutture per la depurazione delle acque reflue (istituita nel 2007 dal governo Renzi) in pochi sembrano essersene accorti. Tra loro, il Governatore della Sicilia Schifani, che ha espresso le sue perplessità per l’estrazione politica dei nuovi commissari che andranno a sostituire i tecnici precedentemente in carica. I più maliziosi leggeranno nei commenti del governatore i segni di una lotta per gli equilibri politici tra le forze di maggioranza al governo del Paese e della Regione. E, considerando le enormi somme che girano per la gestione degli appalti per adeguare gli impianti di depurazione, forse non sbaglierebbero.
Tuttavia, la questione dello smaltimento delle acque reflue è rilevante anche per altre ragioni, e i siciliani sono tra i più direttamente coinvolti. Non soltanto, infatti, una larghissima fetta di popolazione vive in aree sprovviste di adeguate infrastrutture per la depurazione di acque reflue ma, con beffa che si aggiunge al danno, le carenze della Sicilia sono in larga parte responsabili per costose sanzioni che l’Italia è tenuta infatti a paga ogni giorno all’Europa per le sue inadempienze. Un salasso che, per giunta, in futuro rischia di aumentare.

Fonte: Commissario Straordinario Unico per la Depurazione

LA CONDANNA DELL’ITALIA. In materia di acque reflue, il nostro Paese è attualmente oggetto di 4 procedure di infrazione attive da parte della Commissione Europea. Di queste, due sono ancora in fase istruttoria mentre una terza ci vede già condannati dalla Corte di Giustizia Europea, pur senza sanzioni pecuniarie. Per la procedura più antica, risalente al 2012, l’Italia è invece costretta al pagamento della somma forfettaria di 25 milioni di euro e ad una penalità di mora giornaliera di € 165.000,00 (circa 10 euro l’anno ad abitante equivalente) per il mancato rispetto dei suoi obblighi relativi trattamento e scarico delle acque reflue urbane o originate da taluni settori industriali. 

  • 61%  della popolazione servita da impianti
  • 463  impianti censiti
  • 390  impianti attivi
  • 151  impianti con autorizzazione allo scarico
  • 39%  di non conformità

Fonte: Arpa Sicilia

LE RESPONSABILITÀ SICILIANE. La Sicilia è un elemento centrale nella gestione del problema, dal momento che nel suo territorio ricadono ben il 70% delle aree oggetto di condanna. La regione, inoltre, corre il concreto rischio di essere oggetto di rivalsa da parte dello Stato, per la restituzione delle centinaia di milioni di euro già versati negli anni dall’Italia alla UE a titolo di penale. Come se non bastasse, secondo i dati raccolti dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPA Sicilia) relativi al 2021, la situazione in Sicilia è addirittura peggiore di quella accertata dalle istituzioni comunitarie. L’ente ha infatti rilevato che dei circa 5 milioni di residenti in Sicilia, soltanto il 61% è servito da un impianto di depurazione. Dal rapporto risultano, in particolare, censiti complessivamente 463 impianti di trattamento delle acque reflue urbane (quasi la metà di quelli necessari). Di questi, quelli attivi sono 390 e non versano peraltro in buone condizioni. Sono infatti provvisti di autorizzazione allo scarico soltanto 151 impianti (il 38% degli impianti attivi e il 32% di quelli totali). Tutti gli altri operano in assenza di autorizzazione o con autorizzazione attualmente scaduta o sono stati destinatari di decreti di diniego allo scarico.

  • 84, procedure attive, di cui 15 di carattere ambientale
  • 6 procedure attive con condanna, di cui 3 di carattere ambientale
  • oltre 800.000.000,00 € di sanzioni, di cui l’87% di carattere ambientale

Fonte: Presidenza del consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche europee

LA RELAZIONE DELLA COMMISSIONE USCENTE. In questo quadro, stando alla relazione di fine mandato trasmessa al ministero dell’Ambiente, la commissione uscente sembra avere ottenuto qualche progresso incoraggiante. Sono stati portati in attuazione circa il 60% degli interventi commissariali previsti tra Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Lazio: le opere completate sono 23, mentre per altre 26 sono stati avviati i cantieri e 12 interventi sono in corso di affidamento. Il tutto per un impegno di spesa di oltre 700 milioni di euro, che – sembra incredibile – è pari a quello che negli ultimi anni l’Italia ha dovuto pagare in termini di sanzioni. Le opere completate e i cantieri avviati sono ubicati prevalentemente in Sicilia – regione nella quale sono stati completati 13 interventi e avviati 22 cantieri – ma sono stati completati interventi e aperti cantieri anche in Calabria, Basilicata, Puglia e Lazio.

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