La regista, ospite al Monastero dei Benedettini nell’incontro organizzato da Officine Culturali, ha parlato della sua rivisitazione del testo di Euripide. «I Greci erano molto più avanti di noi: oggi raramente qualcuno inserirebbe delle bestemmie in un testo teatrale, ma loro avevano già capito che l’artista non ha censure, è libero di fare ciò che vuole»

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]I[/dropcap]l mio “Eracle” è recitato solo da donne, ma non perché sia una tragedia di genere o perché volessi punire gli uomini. Semplicemente nell’antica Grecia recitavano soltanto i maschi e questo è accettato come una normale convenzione, quindi perché non si può fare lo stesso con le donne senza che nessuno si chieda niente?».Con queste parole Emma Dante ha spiegato a una platea gremita di appassionati e studenti uno dei rovesciamenti più evidenti da lei apportati all’ “Eracle” di Euripide, in scena al Teatro Greco di Siracusa in occasione del Festival promosso dall’INDA.

I PERSONAGGI DIETRO L’EROE. «La tragedia è fatta di personaggi e azione: così affermava Aristotele nell’Ars Poetica. Si parte da una trama già nota tanto agli spettatori del V secolo a.C. quanto a noi, il mythos, e la si arricchisce con i caratteri interpretati dagli attori. Eracle è l’eroe divino per eccellenza, non ha paura di nulla, tuttavia in questa tragedia sembra fin da subito turbato». Su questa sollecitazione della professoressa Monica Centanni, Emma Dante ha commentato la propria scelta registica. «Pur essendomi attenuta filologicamente al testo, il mio Eracle è umano. Ho immaginato che l’eroe, giungendo da un lungo viaggio, dovesse avere per forza con sé almeno un bagaglio: infatti arriva in scena accompagnato da un messaggero che prende la parola al posto suo, mentre egli è intento a firmare autografi. Queste piccole forzature sono necessarie per creare un senso di umanità e raggiungere l’empatia con il pubblico». Dietro l’apparente eroismo di Eracle, che alla fine invece si rivela quasi un vile pronto a lasciare la scena, vi sono le parole cariche di tensione di un araldo e l’atteggiamento riflessivo del vecchio Anfitrione, padre dell’eroe. «Questi – lo definisce Emma Dante – è il vero protagonista: era un combattente, ma ormai la vecchiaia lo ha reso un temporeggiatore, non accetta l’accorciarsi del tempo e l’approssimarsi della morte, al punto da bestemmiare contro gli dei».

LIBERTÀ E PROVOCAZIONE SENZA CENSURE. «I Greci erano molto più avanti di noi: oggi raramente qualcuno inserirebbe delle bestemmie in un testo teatrale, ma loro avevano già capito che l’artista non ha censure, è libero di fare ciò che vuole». Con queste parole, non da tutti accolte positivamente, la regista ha sottolineato che l’artista può anche permettersi di essere maleducato, perché quello che succede sul palco è finzione: «Con coraggio i Greci mettevano in scena eventi luttuosi che potevano e possono accadere realmente provocando dolore negli spettatori e stimolando in loro riflessioni».

SCELTE REGISTICHE CHE DIVIDONO. «Il teatro di Emma Dante è provocatorio e divide spesso il pubblico, ma è giusto che sia così» afferma la Prof.ssa Barsotti. «Come un’artigiana, – continua la docente – ella mette in scena molti oggetti concreti che acquistano un significato simbolico. Nel finale, dopo che Eracle abbandona la scena, resta una cornice spettrale: tombe aperte, loculi, foto di vittime dell’eroe, croci e le gonne dei vecchi Tebani del coro che capovolgendosi ingegnosamente diventano dei tumuli». Un dramma che inizia e finisce con la morte offre spunti di riflessione sulla fugacità della vita: «Pochi sono pronti ad accettare dignitosamente la morte – afferma ancora la Barsotti – e tra questi c’è Megara, la moglie di Eracle, l’unica vera donna in scena, ma dotata di grande virilità. Anche se tutti i ruoli sono incarnati da donne, valore aggiunto alla tragedia, la loro fisicità passa in secondo piano di fronte al carattere». A tal proposito afferma la Dante: «I grandi personaggi sono quasi sempre maschili, ma nulla vieta che li rappresentino le donne: basti pensare alle statue greche, dalla fisicità perfetta e sensuale, ma dalle curve più femminili che virili».

LA RESPONSABILITÀ DEGLI ARTISTI. Pur nel rispetto filologico del testo, con abilità la Dante ha rivisitato il mito di Eracle operando dei capovolgimenti: «Io sono la regista e faccio le mie scelte: nel teatro non c’è democrazia, se ci fosse ognuno esprimerebbe la propria opinione e non si arriverebbe a nulla. Gli artisti sono gli autori e i responsabili dei propri gesti e non sempre c’è accordo tra autori, registi, attori, pubblico: io stessa sono spesso in conflitto con me stessa».

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