La bellezza salverà il mondo, qualcuno aveva detto. Anche il professore ed educatore bergamasco, commentatore della Divina Commedia coadiuvato da Gabriele Dell’Otto e Alessandro D’Avenia, è convinto che l’arte, nel suo continuo rinnovarsi e saper dire con parole esatte i nostri stati d’animo, possa essere la strada per un’educazione che ritorni a ricercare la felicità

La sfida che la società contemporanea ha di fronte è uno di quei crocevia che non possono essere elusi. Ne va del nostro futuro, questo è certo: ma ne va anche del nostro presente, del nostro tentativo di diventare esseri umani migliori. La sfida in questione, che obbliga tutti noi a metterci in discussione, è quella relativa all’educazione, al rapporto tra genitori e figli, tra scuola e alunni e, più in generale, tra educatori ed apprendenti. Sorge così un quesito decisivo: quale direzione intraprendere per far sì che si generi una comunicazione feconda tra queste parti in causa? Quale può essere la via maestra per un’educazione che si adatti alle prerogative di un mondo che cambia a velocità supersonica e che, spesso, ci lascia indietro? «C’è una sola strada che, in tutti i modi possibili, dobbiamo battere ed è la strada della bellezza». Parola di Franco Nembrini, studioso di grande fama che, durante la sua carriera, essendosi occupato principalmente di educazione e insegnamento della letteratura, può vantare un solido e duraturo contatto con le generazioni più giovani, affamate di vita e di auto-realizzazione. Ma perché proprio la bellezza? Qual è il segreto che la sua contemplazione può dischiudere? «La bellezza – afferma con decisione Nembrini – è l’unica speranza che abbiamo, perché evoca nell’uomo, in ogni persona dotata anche solo di un minimo di sensibilità, tutta l’ampiezza del suo desiderio e quindi lo rimette in movimento».

SEMPRE UGUALE, SEMPRE NUOVO. Arte ed educazione, pertanto, concetti e realtà inscindibili nella loro capacità unica di attivare in noi quella provvidenziale scintilla che ci spinge a vivere pienamente. E proprio nell’intento di congiungere queste due istanze, e nella volontà di dialogare fittamente con gli studenti e con i genitori, recentemente il professore bergamasco è stato ospite a Catania per presentare il primo volume Inferno dell’edizione da lui commentata del capolavoro dantesco – corredato dalle illustrazioni realizzate dall’artista Marvel Gabriele Dell’Otto e dalla prefazione di Alessandro D’Avenia, edita da Mondadori – e per esprimere il suo punto di vista sulla dialettica generazione adulti-giovani che tanto può dirci sulle dinamiche della nostra epoca, in due incontri tenutisi rispettivamente negli istituti etnei “Turrisi Colonna” e “Francesco Ventorino”. Ciò che emerge dalle convinzioni di Nembrini a proposito dell’utilità dei capisaldi come Dante è un assunto tanto rilevante quanto dimenticato: nella loro immortalità, questi testi non finiranno mai di interpellarci. «Un’opera d’arte è tale – illustra lo studioso – perché dice qualcosa di così vero sull’esperienza umana che invia un appello al lettore e che lo stimola necessariamente al livello della sua personale esperienza. Dante può ancora dire qualcosa di nuovo oltre tutto quello che è già stato scritto? Certamente, perché nuovo è ogni lettore che dialoga individualmente con l’autore, che in qualche maniera lo riscrive e trae le risposte che più lo soddisfano a seconda dell’epoca e dei drammi che sta vivendo». Ogni capolavoro che resiste all’azione disgregatrice del tempo, dunque, è sempre nuovo perché nuovi non smettiamo di essere noi.

Franco Nembrini
Franco Nembrini

DANTE E FIDUCIA PER COLMARE IL VUOTO. Ausilio indispensabile, quasi salvifico, l’arte, nell’epoca in cui tutto si consuma con deprimente superficialità, può tentare di fare da contraltare a questa dinamica del deperimento, lasciando una traccia indelebile. Non rifiutando i tempi in cui accade, ma sfruttandone le potenzialità per giungere a massima espressione. Eloquente, in questo senso, è la scelta di un’edizione della Commedia che affianchi al classico elemento testuale l’apparato visuale delle illustrazioni. Un linguaggio assolutamente attuale che, ci rivela Nembrini, pur proposto a studenti che non hanno una formazione letteraria e pur facendo a meno della parola, «li conduce misteriosamente a impressioni e giudizi di grande rilievo». Per fare di questo rapporto un incontro, devono essere due i sentimenti da trasmettere: fiducia e interesse. «Ho sempre creduto – ci confessa – che anche lo studente più svitato avesse un cuore identico al mio. Anche il peggiore tra loro ha un’acuta nostalgia di cose grandi e Dante può colmare questo vuoto». Non si tratta solo di insegnare a riscoprire il valore della bellezza, ma anche di prendersi la responsabilità di proporre un universo alternativo a quello che, purtroppo, spesso determina la tristezza dei ragazzi.

EMERGENZA ADULTI. «Non esistono ragazzi cattivi – sottolinea il professore – ma ragazzi che traggono la loro tristezza da quella degli adulti con cui si confrontano, dall’osservazione di quel mondo dei grandi tante volte vile, misero, cinico, che delude le loro aspettative». La ricetta? Per Nembrini, oltre all’aiuto di Dante e degli altri scrittori come mezzi per instaurare solidarietà, è presto detta: «Rilanciare in loro l’entusiasmo, non costringerli a focalizzarsi solo sulla concretezza, andare oltre la paura di sbagliare che abbiamo verso di loro e la condanna dei loro stessi errori. I giovani meritano genitori che siano più felici per una ragione più grande del loro sbagliare». Secondo il nostro intervistato, in definitiva, solo partendo dagli adulti possiamo porre un freno all’emergenza educativa cui assistiamo. Per non essere più spettatori non paganti, ma attivi sostenitori, «i genitori – conclude Nembrini – devono essere in grado di dare ai figli non un motivo per sfogare la loro rabbia obbligandoli ad essere come non vorrebbero, ma una testimonianza di felicità, un posto dove poter tornare anche quando toccano il fondo della loro esistenza».

Nembrini e Dell'Otto
Nembrini e Dell’Otto

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