Presenti a Etna Comics, gli idoli di tante generazioni hanno raccontato come tutto è nato e cosa abbia consentito loro di arrivare al successo

Gli adolescenti di oggi difficilmente ricorderanno la trasmissione Bim Bum Bam, storico programma contenitore d’intrattenimento che spopolava tra le giovani generazioni degli anni ’80 e ’90. Lo show, alla guida della quale si sono alternati numerosi conduttori, ha visto come protagonista fisso il pupazzo Uan, mascotte di Italia 1 creata dal “Gruppo 80”. Abbiamo incontrato Manuela Blanchard, simpaticissima presentatrice, Enrico Valenti del “Gruppo 80” e Pietro Ubaldi, doppiatore di Uan. I tre hanno risposto alle nostre curiosità, permettendoci di approfondire uno degli show più popolari dell’epoca.

LA CHIAVE DEL SUCCESSO. «Bim Bum Bam è stata una trasmissione dall’enorme successo, – racconta Manuela – condotta a lungo da me insieme a Paolo Bonolis e Uan. Eravamo un trio molto affiatato e ci volevamo bene, quelli sono stati gli anni più fortunati della trasmissione. Le cose funzionavano benissimo. Il programma era nato prima del mio arrivo – continua – ma quando mi unii alla conduzione ci fu un’innovazione. Il fatto di riuscire a improvvisare, sentirsi, capirsi, cogliere al volo le battute. Furono queste le chiavi del successo, e credo che un altro trio così non si sia ancora manifestato».

Anche Pietro Ubaldi, doppiatore di personaggi dell’animazione quali Doraemon, Giuliano (Kiss Me Licia), Taz (Tazmania) e molti altri, ha parlato della trasmissione e in particolare dell’eredità raccolta nel 1995, quando venne chiamato a sostituire Giancarlo Muratore nel doppiaggio di Uan.
«Raccogliere l’eredità di Giancarlo – ammette – è stato un compito da far tremare i polsi ma non potevo tirarmi indietro: non volevo deludere la produttrice che mi aveva dato questa possibilità. Più difficile, però, è stato ereditare lo spirito di Uan, perché ho trovato un gruppo già affiatato, che riusciva ad improvvisare egregiamente. Io mi son trovato bene con loro, ma essendo un attore avevo bisogno di un copione da interpretare alla mia maniera. Nonostante tutto però quello è stato un periodo felice».

L’IDEA VINCENTE DEL “GRUPPO 80”. L’idea di far esordire i pupazzi nelle tv italiane si deve certamente al “Gruppo 80” ed alle esperienze dei suoi membri. A raccontarci come tutto ebbe inizio è il cofondatore Enrico Valenti, creatore di Uan nonché di molti altri “pupazzi dello spettacolo”: «Il “Gruppo 80”, fondato insieme a Kitty Perrìa, nasce come compagnia teatrale grazie alle esperienze di Kitty che ha lavorato con le maggiori compagnie d’animazione italiane. Ci avvicinammo alla televisione nel ’79 con l’apertura delle tv commerciali, dove incontrammo personaggi dello spettacolo già affermati ma anche astri nascenti destinati al successo futuro, tra i quali Marco Columbro. Nell’81, poi, – prosegue – quando Telemilano divenne Canale 5, mostrammo una VHS con i nostri lavori. Quindici giorni dopo ricevemmo una telefonata: era Silvio Berlusconi. Il cavaliere aveva un progetto in testa e ci invitò ad un provino. In due giorni creammo il draghetto “Five” (a lungo mascotte di Canale 5, ndr) rivolgendoci a Marco Columbro per il doppiaggio.  Dopo un’iniziale titubanza Marco si convinse e, dall’incontro con Angelo Martelli (pianista, ndr), nacque la sua e la nostra fortuna. Con la nascita di Italia 1 e la creazione della fascia ragazzi, poi, la nostra attività si consolidò».

ITALIANS DO IT BETTER. A livello mondiale è impossibile non citare i “Muppets” storico gruppo di pupazzi che a lungo ha intrattenuto le generazioni inglesi. Abbiamo chiesto a Enrico Valenti se Jim Hanson, l’ideatore dei peluche anglosassoni, sia stato fonte d’ispirazione per la nascita del loro progetto. Enrico, però, con il dente avvelenato ha così risposto: «Noi siamo arrivati in Italia prima di Hanson. Per me è un maestro, ma c’è da considerare una cosa: come si diceva ai tempi di Madonna, “Italians do it better”. La produzione dei Muppets mette gli addetti ai lavori nelle condizioni di svolgere i propri ruoli in maniera agevolata, con set progettati ad hoc. Il burattinaio lavora in piedi, corre, balla, salta. Noi siamo stati piantati sempre a terra, accovacciati, ed è stato molto più faticoso. Loro avevano il laboratorio a Londra e gli studi in America, noi a Cologno Monzese, in una piccola stanza con un sacco di gente all’interno e facevamo tutto lì. Insomma, Italians do it better».

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