«Genitori non dei corpi però delle menti»: così il maestro di retorica dipinge gli insegnanti, genitori senza cordone ombelicale: accompagnano i fanciulli nella crescita fino all’uscio della vita, quando da maturi, come mele che staccatesi dell’albero nutrono altri viventi, saranno loro a prendere altre mani

Una nube di ansia cala su 500 mila cuscini, quelli dei maturandi che dovranno affrontare altre due notti. Google è così stressato dalle ricerche sulle fasi del pessimismo leopardiano che ha iniziato a digitare da sé «come curare l’ansia». I vademecum consigliano il riposo ma qualora l’insonnia dovesse insorgere perché non tediarci con domande inutili del tipo: Leopardi aveva un gatto? Oppure, perché gli Esami di Stato sono detti esami di maturità? Per il momento ci occuperemo della seconda: la parola non a Gentile ma a Quintiliano che ci parlerà della scuola nell’antica Roma e del perché il maestro è come un genitore. Classe 35 d.C., è il primo insegnante stipendiato da un imperatore: Vespasiano gli riconosce ben centomila sesterzi annui, una busta paga da invidia anche per la moglie di Renzi.

PERCHE’ SI CHIAMANO ESAMI DI MATURITA’? Il linguaggio fatica a smaltire usi e costumi, come questa espressione che racchiude la concezione della scuola per Quintiliano e la fiducia che riponeva nel maestro, nei ragazzi e nel loro reciproco rispetto. «Che adorino i maestri non meno dei loro studi e che li considerino genitori non dei corpi però delle menti». Gli insegnanti sono genitori senza cordone ombelicale: accompagnano i fanciulli nella crescita fino all’uscio della vita, quando da maturi, come mele che staccatesi dell’albero nutrono altri viventi, saranno loro a prendere mani da accompagnare. Come in Viaggia insieme a me degli Eiffel 65. Nell’Institutio oratoria confluiscono 20 anni di esperienza da prof., unica testimonianza del sistema scolastico antico che ne fa il primo pedagogista della storia. Centralità del fanciullo, scuola come luogo di dialogo e formazione intellettuale e morale: gli elementi centrali della sua pedagogia che punta a partorire il cittadino esemplare. Come un padre, il maestro deve contemperare austerità e benevolenza, dare ascolto alle diverse esigenze psicologiche e soprattutto essere modello per i suoi alunni.

IL CICLO SCOLASTICO. Ludi magister, grammaticus e rethor i tre maestri della scuola pubblica aperta anche alle fanciulle, a cui erano demandati rispettivamente formazione elementare, media e superiore negli ultimi secoli della Repubblica. Non esistevano gli esami di maturità e neanche quelli di scuola media: il passaggio dipendeva dai tempi del discente. Le lezioni cominciavano al mattino e duravano 6 ore con pausa per il prandium. Anche a Roma il calendario scolastico era legato alle feste dei santi patroni, quelli che per gli antichi erano gli dei: come dire, per Sant’Agata tutti al Foro.

IL MAESTRO E GLI STRATAGEMMI EDUCATIVI. Quintiliano riconosce la funzione del gioco nell’educazione: la mente per produrre deve divertirsi, necessita di stimoli, soprattutto nell’ infanzia quando il bambino osserva, ascolta, imita. La seconda agenzia educativa è una piccola società nella quale si impara il senso comune, a vincere la timidezza e a confrontarsi e dove nascono amicizie: molti “maturati” che si saluteranno a luglio saranno legati per tutta la vita. Per incoraggiare gli studi propone degli stratagemmi: premi adatti all’età, piccole competizioni e, per l’apprendimento dell’alfabeto, l’utilizzo di lettere in avorio come formine. Il detto “te lo farò capire a colpi di legnate” pare sia nato con i romani contro cui Quintiliano si erge il Gandhi della scuola: i castighi corporali sono inutili, offensivi e dannosi. Non si può sgridare l’alunno come se si odiasse lui e il proprio lavoro. Alla base di tutto il contatto umano: chi ama insegna e chi ama chi insegna apprende. L’amore crea il desiderio di imparare. L’educazione è per l’autore latino un atto intenzionale. «Sebbene il maestro fornisca attraverso la lettura esempi sufficienti da imitare, tuttavia la voce viva, come si suol dire nutre più pienamente e specialmente la voce di quel precettore che i discepoli, se sono stati istruiti rettamente, amano e rispettano». Vogliamo Quintiliano ministro dell’istruzione per ridare centralità all’educ-azione.

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