«Sono partito proprio dalla figura dei padri che non abbiamo più e che ci hanno lasciato una grande eredità. Li sentiamo sempre presenti in questa terra che sembra soffrire di Alzheimer, la malattia della dimenticanza che porta noi siciliani, ma anche  gli italiani in genere a dimenticare la propria storia»

Salvare la Sicilia dalla malattia sociale della “dimenticanza” è per l’attore Marcello Mazzarella, nato ad Erice, un obiettivo primario. Nel suo cortometraggio “L’ombra delle muciare”, presentato al “Catania Film Festival” 2018 e  vincitore del premio “Grifo d’oro” al “Love Film Festival” di Arezzo, l’attore ha raccontato un po’ della sua e della nostra storia, in quanto popolo dalle antiche radici che lotta perché queste non vengano cancellate. Lo abbiamo intervistato per sentire dalle sue parole la verità sulla genesi del film.

“Muciare”: così venivano chiamate nel dialetto siciliano le imbarcazioni che fino a qualche anno fa si utilizzavano per la pesca del tonno e che invece oggi risultano abbandonate. Nel corto di Mazzarella, un imprenditore trapanese si trova ad essere combattuto tra il vendere o no la proprietà di famiglia lasciatagli in eredità dal padre malato di Alzheimer, che un tempo è riuscito a costruire proprio grazie al suo lavoro di pescatore. Tra mille difficoltà, alla fine cercherà di mantenere viva la storia della sua famiglia e la memoria del padre.

LA GENESI. «Sono partito proprio dalla figura del padre – racconta l’attore ericino – questi padri che non abbiamo più e che ci hanno lasciato una grande eredità. Li sentiamo sempre presenti in questa terra che sembra soffrire di Alzheimer, la malattia della dimenticanza che porta noi siciliani, ma anche  gli italiani in genere a dimenticare la propria storia. Ho voluto leggere l’Alzheimer non solo come una malattia personale, ma anche come una malattia sociale legata appunto al dramma del perdere i propri ricordi. Questo è stato il motore principale che ha spinto l’avvio del corto al mio incontro con il coautore Paolo Pintacuda».

AMORE PER IL TERRITORIO. “L’ombra delle muciare” è stato un atto d’amore nei confronti di una realtà che Mazzarella sente come maltrattata e abbandonata in un dimenticatoio pieno di scuse e noncuranza: «Volevo mostrare una parte diversa della città, fatta di gente che lavora e che porta avanti una memoria importante. La voglia è quella di creare un museo che preservi questi tesori, rivalutando posti come la tonnara di Bonagia vicino Trapani e rimettendo al centro un patrimonio che è la ricchezza di Trapani. Bisogna preservare un artigianato che metteva a stretto contatto l’uomo con la natura e che ormai sta scomparendo». Il film è stato il risultato di una volontà collettiva e ha visto la partecipazione attiva di alcuni imprenditori trapanesi, uno di questi è Nino Castiglione, che si occupa di lavorare il tonno e che ha deciso di contribuire alla realizzazione del film. «Ci siamo un po’ ispirati alla storia della sua famiglia, – aggiunge Mazzarella- ma senza rimanerne troppo legati, prendendolo come esempio del mondo che volevamo raccontare, che non si ferma certamente alla produzione e al consumo del tonno».

DA ATTORE A REGISTA. Prima di questa esperienza da regista, sceneggiatore e produttore, Mazzarella ha avuto successo come attore, lavorando in molti film tra cui “Stanno tutti bene” di Giuseppe Tornatore, “Nirvana” di Salvatores o “Il tempo ritrovato” di Raoul Ruiz, per citarne alcuni. Del passaggio di ruolo dice: «Non ho la presunzione di definirmi un regista, questo lavoro mi è servito per raccontare e scrivere una storia che un’altra persona forse non avrebbe colto. Rimango comunque molto soddisfatto di questo tipo di narrazione che resta a servizio della storia. Se c’è una differenza tra l’attore e il regista è che l’attore è un po’ come un bambino che gioca, il regista invece è più come un padre che segue e organizza tutto». Poi aggiunge: «Il cambiamento più importante dal passaggio dal ruolo di attore a quello di regista credo per me sia stato comunque il fatto di dover metter più coraggio, in quanto vi è una presa di coscienza e di responsabilità nei confronti di un progetto che si vuole portare avanti».

GLI INIZI. Ricordando i suoi inizi ad Erice invece racconta: «La difficoltà iniziale più grande è stata superare me stesso e sganciarmi dall’idea che quello di fare l’attore fosse solo un sogno o una cosa impossibile. Per inseguire il mio obiettivo ho anche lasciato parecchi “posti fissi” che potevano assicurarmi un’esistenza tranquilla. Mi sono spesso ritrovato in situazioni estreme, ho vissuto molti momenti difficili vivendo per strada e non avendo da mangiare, e tutto questo perché credevo nel voler cantare delle cose che potessero servire a me e agli altri».

IL TEATRO. Sul teatro infine fa una riflessione: «Fare teatro dovrebbe essere una cosa naturale, mentre oggi è diventato qualcosa di distaccato dalla nostra realtà quotidiana, un mero intrattenimento. Un tempo il teatro era catarsi e il suo esistere era strettamente legato all’esigenze sociali».

Adesso Mazzarella continuerà a girare i Festival italiani e internazionali con il suo corto che per il momento sarà fruibile solo all’interno dei Festival, fino a quando non sarà distribuito nelle sale cinematografiche.

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