Apparentemente votata all’espressione di un nonsense ricco di vuote parole fini a se stesse, l’opera d’esordio del catanese Fausto Pirrello dipinge una realtà a tratti deformata, dove gli uomini si muovono spinti da una necessità caricaturale che paradossalmente li fa emergere nella loro verosimiglianza. Il risultato è una sorprendente alternanza tra gioco letterario e riflessione

Recentemente, al Lettera82 di Catania, è stato presentato Nonseum, libro d’esordio di Fausto Pirrello, giovane e brillante scrittore catanese già vincitore di diversi concorsi letterari. Prendendo il nome dal museo austriaco in cui sono esposte le invenzioni inutili, Nonseum, edito da Scatole Parlanti, è una raccolta di racconti. All’apparenza una serie di divertissement narrativi privi di scopo o significato, si tratta in realtà di una stupefacente prova di estro e creatività in cui trovate bizzarre e surreali si intrecciano a riflessioni esistenzialiste tanto minimali nella forma quanto profonde nel contenuto.

IDEE INFETTIVE. L’eterogeneità dei racconti si contrappone all’omogeneità del processo creativo alla loro origine, che l’autore stesso definisce «un processo infettivo. Vengo contagiato da un’idea: questa cresce e abbatte le mie difese finché non sono costretto a vomitarla su un foglio». Ampia la gamma delle fonti di ispirazione: «Spesso – dichiara Pirrello – l’ispirazione viene dall’incompiuto: una scena di un film ininfluente che a me colpisce, una battuta per assurdo. E poi, i libri. Non so se sarò mai uno scrittore, ma non ho dubbi che sarò per tutta la vita un lettore. Grazie a loro ho imparato molto di ciò che so, e capito ciò che non so fare. Lo sviluppo di Saramago, i metalivelli di Eco, l’ironia di Voltaire e Diderot, la musicalità di Marquez, la struttura di Benni, la sottigliezza di Landolfi, la sintassi di McCarthy. Tutte cose che mi ispirano ma che non so fare».

IL MOTORE È LA NECESSITÀ. Grazie a uno stile originale al tempo stesso ricco e sincopato, la lettura di ogni storia diventa una corsa forsennata dalla prima all’ultima parola. Pur nell’ampia varietà di forme e artifici narrativi che differenziano i racconti, i personaggi rappresentati sono spesso estremi, quasi caricaturali, capaci però di mettere in luce, in una sorta di processo per antitesi, la reale natura dell’essere umano. Altro elemento comune a tutti i testi della raccolta è un costante senso di urgenza, di impellente necessità. «Se siamo esseri umani, diversi dagli animali, – afferma l’autore – è grazie alla necessità. Ce lo dice la scienza. E ogni conquista, sia tecnologica che sociale, è figlia della necessità. Anche essere umani, a ben vedere, è una necessità. Quindi la necessità ha fatto anche cose buone, mutuando una terminologia del dibattito politico odierno. Certo è che il filo conduttore di questi racconti è dato da protagonisti idiosincratici e anche la loro necessità, per estensione, diventa privativa. E può diventare, per empatia, asfittica per il lettore».

IL REGNO DELLA PAROLA. Tratto distintivo dell’opera, spesso evidente già nella scelta dei titoli, è il gusto per i giochi di parole, le ambiguità semantiche, la polisemia, che, a detta dell’autore stesso, nasce «dalla voglia di prendere in giro la realtà. A volte cambiando una lettera, o mutandone l’accento, si stravolge una lettura o si crea qualcosa di buffo come un paio di mutandone» Proprio questa tendenza produce un senso di straniamento, specialmente al termine dei singoli racconti, quando ci si ritrova a domandarsi se il senso attribuito alla storia sia corretto o meno e si ripercorre a ritroso quanto appena letto alla ricerca di prove a sostegno della propria prima impressione. Il dubbio che si possa trattare di un effetto voluto da Pirrello oppure che, come sottolineato in uno dei racconti, sia soltanto frutto del bisogno umano di riempire di significato qualcosa che, in questo caso dichiaratamente, non ce l’ha, viene dipanato parzialmente dallo stesso autore, che afferma: «Molti racconti parlano di una cosa completamente diversa da ciò che può sembrare. Credo che questo contrasto si avverta come uno stridore di fondo, un disturbo. E questo possa portare a uno straniamento, o almeno a un’interferenza. Così come a volte mi piace giocare con il lettore che, per statuto o per tendenza, deve riempire. Portandolo a vedere un sostrato di significato dove non c’è e tutto si esaurisce nel significante». Proprio i significanti, le parole, hanno per Pirrello un peso ambivalente: «All’interno di un racconto, che ha di per sé un’importanza relativa, hanno importanza assoluta. In assoluto, direi un’importanza meno che relativa».

Con le sue frasi pronte a diventare aforismi, l’eccellente miscela di riferimenti colti e pop, il riuscito equilibrio tra gioco narrativo e speculazione filosofica, Nonseum si rivela la sorprendente opera prima di una personalità autoriale già matura.

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