Antonello da Messina:
quali sono le opere rimaste in Sicilia?
Considerato uno dei pittori più importanti del ‘400 italiano, ha saputo combinare la scuola italiana con quella fiamminga. Le sue opere sono esposte in tutto il mondo, ma quante di queste si conservano ancora oggi nella nostra terra?
Tra i pittori siciliani più celebri di sempre non può mancare il nome di Antonello da Messina. Considerato uno dei pittori più importanti del ‘400 italiano ha saputo combinare la scuola italiana con quella fiamminga, divenendo maestro per le generazioni future. Viaggiò tanto ma decise di morire nella sua amata isola dove dipinse alcuni dei suoi capolavori, oggi esposti nei più grandi musei, dal National Gallery di Londra al Louvre di Parigi. Alcuni di essi, però, sono rimasti nella sua madre patria.
L’ANNUNCIATA – Galleria regionale di Sicilia Palazzo Abatellis, Palermo. Realizzata durante il suo ritorno in Sicilia nel 1476, probabilmente è una delle opere più celebri dell’artista messinese che qui riesce a dare prova del suo talento. L’arte fiamminga, evidente nei dettagli e nel mezzo busto, lascia spazio alla sensibilità antonelliana. La giovane vergine è colta nell’attimo della visione, la presenza dell’arcangelo non è evidente ma c’è, si trova nel punto su cui l’Annunciata pone il suo sguardo placido. Una vergine “distratta” che si ritrova, come il San Matteo caravaggesco, ad interloquire con l’Angelo.
I DOTTORI DELLA CHIESA – Galleria regionale di Sicilia Palazzo Abatellis, Palermo.
I Dottori della Chiesa sono tre tavole che rappresentano San Girolamo, Sant’Agostino e San Gregorio Magno e che dovevano fungere da cuspidi per un eventuale polittico. Non si sa di preciso quale fosse la loro collocazione o se al progetto originale appartenessero anche le tavole oggi conservate agli Uffizi e al Museo del Castello Sforzesco di Milano. Sicuro è che queste tre tavole appartenessero ad un’opera comune avendo il medesimo sfondo a motivi vegetali incisi.
L’ANNUNCIAZIONE – Museo di Palazzo Bellomo, Siracusa.
L’opera fortemente danneggiata dalle intemperie e dall’incuria, apparteneva in precedenza alla chiesa di Santa Maria Annunziata di Palazzolo Acreide. Ambientata in una stanza riccamente decorata, questa volta Antonello mette in scena l’atto vero e proprio, la vergine stinge a sé la colomba, simbolo dello spirito santo, che sembra aver attraversato le finestre che con il loro paesaggio conferiscono spazialità all’intera opera.
MADONNA COL BAMBINO BENEDICENTE E UN FRANCESCANO IN ADORAZIONE (Recto), CRISTO IN PIETA’ o ECCE HOMO (Verso) – Museo Regionale, Messina.
Un piccolo capolavoro dell’artista che è stato esposto per la prima volta in una mostra a lui interamente dedicata alle scuderie del Quirinale. L’opera mostra da un lato l’iconografia del bambino benedicente con una sapiente ridefinizione dello spazio data dalla “mensola” marmorea, dall’altro il Cristo in Pietà all’interno di una trifora che ricorda lo stile gotico-catalano. Inizialmente considerata di un allievo, dal 2003 è entrata nel catalogo antonelliano, anno della vendita da parte della casa d’aste Christie’s alla Regione Siciliana per un valore di 220.000 sterline.
POLITTICO DI SAN GREGORIO – Museo Regionale, Messina.
Commissionata per la chiesa di Santa Maria extra moenia, detta anche di San Gregorio, il polittico fu probabilmente smembrato già a partire dal ‘500, con la rimossione della cornice tardogotica. Deturpato da un restauro improprio nel 1842, fu anch’esso vittima del terremoto che scosse Messina nel 1908. Diversi i restauri a cui fu sottoposto, tra i nomi si ricorda quello di Luigi Cavenaghi divenuto celebre per i lavori sul Cenacolo vinciano a Milano. Cinque le tavole rimaste che rappresentano nella parte inferiore la Madonna del Rosario tra i Santi Gregorio e Benedetto, in quella superiore L’angelo annunciante e la Vergine annunciata, nel pannello mancante forse un Cristo in Pietà o una Deposizione.
RITRATTO D’IGNOTO MARINAIO – Museo Mandralisca, Cefalù.
Una delle opere laiche più famose di Antonello, deve la sua fortuna anche al romanzo di Vincenzo Consolo che così ha donato un titolo ad un soggetto per molti anni “Ignoto”. Il critico d’arte Roberto Longhi, a differenza degli altri che lo ritenevano un uomo umile, fu il primo a sottolineare il lignaggio nobile di questo giovane. Non si sa di preciso dove lo abbia acquistato il barone di Mandralisca, la storia racconta che in precedenza fosse di proprietà di un farmacista di Lipari che lo usava come sportello e, proprio a causa del sorriso che lo ha reso celebre, fu dalla figlia di quest’ultimo graffiato poiché infastidita dal ghigno sul volto.