In che modo Israele è diventata la “Startup Nation”? È possibile replicare un ecosistema innovativo? Di questi e altri temi si è discusso al convegno organizzato presso l’Università di Catania

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]T[/dropcap]rasformate un limone in limoncello». È questa la sfida lanciata alle giovani generazioni e al popolo Siciliano durante il convegno Ricerca e formazione per un ecosistema innovativo, l’esperienza israeliana, che si è tenuto nell’aula magna del Palazzo centrale dell’Università di Catania, su iniziativa dell’Ateneo e dell’Ambasciata di Israele in Italia. Certo, non è facile cogliere pienamente il significato di questa pur semplice frase. In effetti, sarebbe necessario ripercorrere, anche storicamente, il rapporto della nostra isola con un sistema economico che sempre più negli ultimi anni si è affacciato alla globalizzazione e alle continue, ma non sempre benefiche, speculazioni finanziarie. Le domande sono tante. Una fra tutte: può la Sicilia inserirsi a pieno titolo nel panorama economico mondiale attraverso degli investimenti mirati?

ITALIA – ISRAELE. «Gli Italiani ed in particolare i Siciliani devono sempre più entrare in un’ottica di collaborazione con Israele. La nostra nazione è riuscita negli ultimi anni a diventare un modello per le economie più sviluppate». Si è espresso così Ofer Sachs l’illustre relatore presente al Palazzo dell’Università, che svolge le sue funzioni di Ambasciatore in Italia dello Stato di Israele. Il diplomatico (intervenuto dopo gli interventi del pro-rettore, prof. Giancarlo Magnano San Lio e del prof. Giacomo Pignataro) ha esposto orgogliosamente gli obiettivi che sono stati raggiunti dal Paese mediorientale in termini di sviluppo e di crescita. «Israele, al giorno d’oggi, è uno Stato ricco di opportunità, che ha saputo sintetizzare le molteplici istanze di rinnovamento che sono giunte sia da investitori provenienti dall’Europa e da altri continenti, sia da tutti coloro che negli anni novanta del secolo scorso sono usciti fuori da una dimensione economica particolare, quale, appunto, la dissolta Unione Sovietica. Questi ultimi hanno costituito una grande risorsa». Sono tantissime, infatti, le multinazionali che hanno scelto Israele come sede privilegiata dei propri interessi, a riprova del fatto si è riusciti a indirizzare gli investimenti verso lo sviluppo e l’innovazione.

PIL E INNOVAZIONE . L’accento sull’innovazione è stato posto anche da Anya Eldan, Vice Presidente dell’Israel Innovation Authority, presente anch’essa al convegno. La materia è divenuta, infatti, oggetto di particolari studi che hanno permesso di mettere in evidenza come Israele, effettivamente, sia al primo posto quanto ad investimenti nel settore. Basti pensare che, dati alla mano, gli Stati Uniti mettono a disposizione dell’innovazione solo il 2.3% del PIL, l’Italia solo il 1.3% mentre Israele negli ultimi anni è giunta fino al 4.3% del PIL. «Lo sfruttamento degli investimenti privati è alla base di un sistema economico che ci ha permesso di creare nuove infrastrutture, di implementare le risorse a disposizione per la difesa nazionale e, cosa più importante, di sostenere le molteplici start-up sparse sul territorio che sono il nostro vero valore aggiunto insieme alla collaborazione internazionale».

LA SICILIA NELL’ECONOMIA MODERNA. Rafi Nave, Direttore Generale del Bronica Center of Entrepreneurship, ha concluso la serie di interventi di cui è stato composto il convegno organizzato dall’Ateneo catanese. Dopo aver presentato le sfide dell’imprenditoria nel mondo moderno, sfide che diventano oggetto di studio e condivisione in territorio israeliano, ne ha lanciata una ai siciliani: «Abbiate il coraggio di trasformare un limone in limoncello. Non bisogna avere un’illuminazione divina per creare impresa e per rendere il territorio e tutte le sue componenti al passo con i tempi. La cosa migliore che potete fare è adoperare al meglio gli strumenti che già possedete in un’ottica di collaborazione e sana competizione con le altre realtà economiche che vi circondano». La sfida è effettivamente allettante, ma i dubbi permangono: sarà in grado la Sicilia, con il suo immobilismo che da sempre la caratterizza, di farsi interprete di questo modo di pensare? Riusciremo mai a diventare il cuore pulsante dell’innovazione nel Mediterraneo?

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