Un giorno disse: «Il rock è morto», e fu attaccato da tutte le parti. Ma che Gordon Matthew Thomas Sumner, in arte Sting, non avesse più voglia di indossare i panni della rockstar si era intuito già dalle prove soliste dopo la fantastica esperienza con le Blue Turtles. Il figlio del lattaio di Newcastle era ormai nella lista degli uomini più ricchi del mondo e l’iconoclastia del punk non gli si addiceva più. La conferma era arrivata da un album di musica elisabettiana per liuto e dal fortunato e lucroso Reunion tour con i suoi vecchi compagni d’avventura dei Police, nel corso del quale aveva messo il freno alle accelerazioni ritmiche del trio, incanalando il “reggatta”, il reggae bianco mescolato al rock, su binari più morbidi e più confacenti ai suoi nuovi orientamenti musicali. Infine, la svolta decisiva verso atmosfere classicheggianti con il disco If on a winter’s night… o il musical The Last Ship, fino al nuovo progetto My songs, con il quale il settantenne (li compirà il prossimo 2 ottobre) eroe di Brand new day mette una carriera da 100 milioni di dischi venduti nel mondo sul tavolo da gioco di Las Vegas.

Il prossimo 13 novembre, infatti, Sting, seguendo le orme di altre celebrità che lo hanno preceduto – Celine Dion, Elton John, Rod Stewart, tra gli altri – entrerà al Colosseum al Caesars Palace per mettere in scena quattro volte alla settimana My Songs, lo spettacolo presentato a Taormina, prima tappa della coda finale del tour europeo cominciato nel 2019 e interrotto a causa della pandemia. «Non andavo su un palco da quasi due anni, quindi non vedevo l’ora di risalirci», sprizza felicità.

Lo show è un viaggio sulla macchina del tempo guidata da un pilota d’eccezione, elegante e in splendida forma. Si comincia dal 1976, in un hotel di infima categoria dietro la stazione Saint-Lazare di Parigi, dopo una data con il “gruppo sconosciuto” dell’epoca. «Suonavamo di fronte a pochissime persone e dormivano in alberghi schifosi. Quella sera mi trovavo in questo “buco” frequentato da “lucciole” e dai loro clienti», racconta Sting. «Fui colpito da una di loro e me ne tornai in camera per scrivere una canzone. Una canzone che come titolo ha un nome, per me lo spirito del romanticismo, la quintèssenza dell’amore cortese»: Roxanne.

Un percorso musicale che continua tra bar e provini dall’esito rovinoso: «Ehi amico, io voglio ascoltare i brani della hit parade, non i tuoi», continua il cantante, imitando il tono del suo detrattore dell’epoca. «A quel punto, non avendo più niente da perdere, ho preso in mano la mia chitarra e ho risposto: Stai facendo un grosso errore, perché, un giorno, questa canzone sarà un grandissimo successo». Mai profezia fu più azzeccata, trattandosi di Message In A Bottle che ancora oggi fa esplodere di entusiasmo i fan.

Da qui, con un effetto rewind/forward, si dà il via a un susseguirsi di brani più e meno recenti, che provengono dalla sua storia con i Police e dalla sua carriera di solista e che attraversano il punk, il reggae, la black music, il jazz, la classica, il musical, i Caraibi e l’Oriente. Fino ad arrivare a The Bridge, l’album di inediti registrato durante il lockdown, in uscita il 13 novembre: una nuova serie di canzoni pop-rock che, secondo l’ex Police, sono state «scritte in un anno di pandemia globale, perdita personale, separazione, interruzione, blocco e straordinari tumulti sociali e politici», spiega. «Era certamente il momento per me di fare un disco, ma le circostanze erano uniche. È difficile riunire le persone in un unico posto, quindi ho fatto molte registrazioni in remoto tramite Zoom e tramite la tecnologia dello studio. Il tema del disco è proprio quello di costruire ponti tra le separazioni. Non ho iniziato in quel modo – stavo solo scrivendo canzoni – ma a un certo punto del processo ho detto: “Oh, è di questo che si tratta”».The Bridge affronta argomenti importanti, ma il singolo, If It’s Love, pubblicato il primo settembre, è una brillante canzone pop.  «È la più stravagante del disco, quindi ho pensato: “Perché no?”. Qualsiasi canzone con un fischio dentro è un vincente per me. È vero, sono spesso attratto dalla musica problematica o complessa. Mi piacciono i puzzle e mi piace risolverli. Ma di tanto in tanto, devi metterlo da parte e fare qualcosa di facile. Un accordo maggiore seguito da un minore arrotondato: è il trucco più antico».

Per promuovere The Bridge (il 2 aprile 2022 sarà al Pala Alpitour di Torino ed il 19 luglio a Parma), il “pungiglione” interromperà il suo impegno a Las Vegas per poi riprenderlo nel mese di giugno del prossimo anno. Ma Il giovane punk dei primi Police cosa pensava di Las Vegas? «Avrebbe evocato Frank Sinatra, il Rat Pack. Poi Elvis, Tom Jones, Engelbert Humperdinck. Tutti grandi artisti, ma sembravano intrappolati in questo mondo. Vegas era un sistema chiuso e non mi è mai piaciuto molto; l’idea di una “residenza” sembrava una specie di pena detentiva. Ora non è affatto così: quattro spettacoli in sette giorni per tre settimane non mi sembra un lavoro così gravoso».

L’importante per Sting è essere tornato sul palco dopo due anni di pausa forzata trascorsi negli studi di tutto il mondo e nella sua tenuta tra Figline e Incisa Valdarno, “Il palagio”, sulle colline del Chianti, continuamente evocata dal Regno Unito, quando, nel pieno della pandemia, pubblicava video malinconici in cui diceva: «Italia mi manchi, sei il mio Paese preferito». E poco importa se ieri sera al posto delle distese di folla a Taormina si sia trovato davanti poco meno di 1.600 spettatori, per la capienza ridotta del Teatro antico legata all’emergenza sanitaria. «È il ritorno alla mia vita». Lui, contrariamente ad alcuni suoi colleghi, si è vaccinato. «Ci mancherebbe», commenta. «Sono abbastanza grande da ricordare la poliomielite, i bambini della mia strada che sono stati paralizzati da una malattia che è stata debellata molto rapidamente dai vaccini». E a suoi amici come Eric Clapton e Van Morrison, che hanno una visione diversa, replica: «Abbiamo tutti diritto alle nostre opinioni. Ma penso che sia pericoloso dire alla gente: “Non fidarti dei vaccini”. Voglio dire: “Su quali argomenti dite questo?”. Certamente non è la scienza a sostenerlo».

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