Tra le antiche rovine di Baghdad, un archeologo catanese va a caccia dei segreti di Hammurabi

«Quando si parla di Medio Oriente ed economia, l’unica fonte di guadagno a cui si pensa è il petrolio. In verità sotto terra c’è molto altro: a Baghdad ci sono resti della civiltà paleobabilonese che potrebbero costituire un parco archeologico e fare del turismo culturale un nuovo business». Con questo auspicio l’archeologo Nicola Laneri, docente di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, è appena rientrato dalla seconda campagna di scavo a Tell Muhammad, nella capitale irachena, i cui risultati sono stati di recente presentati all’evento “Sulle tracce di Hammurabi – I risultati degli scavi archeologici a Tell Muhammad”, tenutosi nel Palazzo Centrale dell’ateneo.

Terreni non facili. «La missione archeologica “Baghdad Urban Archaeological Project” – ha spiegato Laneri – è iniziata nel 2021 grazie a un grido d’aiuto del mio amico professore Nicolò Marchetti dell’Università di Bologna. L’area di Tell Muhammad, zona di scavi interessanti, era entrata in una rescue list dell’Unesco dal 2007: a cuasa dell’espansione metropolitana di Baghdad e delle sue infrastrutture, era diventata una discarica abusiva». Quando siamo arrivati lì nel 2021 – ha poi proseguito descrivendo gli interventi preliminari compiuti – abbiamo ripulito il territorio prima di riprendere una campagna di scavo irachena iniziata negli anni ’70 da parte degli archeologi dello State Board of Antiquities and Heritage (SBAH) e poi abbandonata nel 2003 quando la situazione quando la situazione è precipitata a causa dei bombardamenti americani su questa area che è stata una base militare aerea di Saddam Hussein. Oggi stiamo cercando di recuperare il possibile su un terreno non vergine». In particolare, Laneri ha tenuto a sottolineare come, nonostante delle oggettive difficoltà, oggi i tempi per questo genere di operazioni siano più fecondi: «Tre quarti dell’insediamento antico sono andati persi e, inoltre, ricostruire i documenti d’archivio del museo iracheno relativi alle precedente campagne di scavo, dopo gli anni di guerra, non è semplice. Oggi non si respira più aria pesante, l’atmosfera è serena: siamo rientrati dopo 47 giorni di straordinaria collaborazione con la popolazione locale; infatti, io e il mio team non abbiamo mai avuto problemi».

«Abbiamo rinvenuto una tavoletta che riportano
teoremi matematici complessi. Lungo le mura, inoltre, vi era un sistema di raccolta di acque potabili che testimonia di un livello
incredibile di conoscenze»

Tecnologie imprevedibili. «Dalle scoperte fatte durante gli scavi, sono emersi resti dell’epoca della I Dinastia di Babilonia (circa 1850-1595 a.C.): «Gli archeologi iraqeni nei precedenti scavi hanno messo in luce tavolette della fase finale della dinastia che segnalano la fine della stessa. Una dinastia, Amorrea, che, grazie ad Hammurabi, portò ad una profonda trasformazione del pantheon mesopotamico con l’introduzione del dio Marduk quale figura fondamentale. Sigilli cilindrici di natura amministrativa e stanze funerarie dove si praticava un rito dedicato a commemorare la memoria dei defunti (il kispum) confermano che l’area di scavo fosse abitata da famiglie elitarie, che avevano l’usanza di custodire i defunti in casa». Quello che più colpisce è l’evoluzione tecnologica della società paleobabilonese: «A Tell Harmal, un centro vicino a Tell Mohammad, sono state  rivenute tavolette matematiche con teoremi di elevata complessità. A Tell Mohammad, lungo le mura di cinta del IV livello, cioè quello più antico databile all’inizio della I Dinastia di Babilonia, abbiamo scoperto un sistema di acque reflue e raccolta acque potabili che testimonia un livello di conoscenze incredibile».

Sinergie pacifiche. La ricerca è iniziata nel 2021 con la firma di un contratto quinquennale con lo State Board of Antiquities and Heritage iracheno (SBAH) ed è supportata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale grazie al clima di pacifica collaborazione che essa comporta: «Si è creata una sinergia tra diversi enti in cui l’Università di Catania opera accanto a studiosi dell’Università di Messina, che ci supporta con un’assiriologa (Annunziata Rositani) in grado di leggere i documenti rinvenuti, e dell’University of Cambridge. Oltre a queste collaborazioni, fondamentale è il supporto degli archeologi locali, con i quali c’è una formazione continua in entrambi i sensi. L’unica difficoltà è data dalla lingua, dal momento che è difficile trovare personale che parli l’inglese, ma l’arabo è l’unica lingua grazie alla quale si può comunicare» spiega Laneri. «Sinergie importanti – conclude – che spero possano portare nel 2026, alla fine del contratto, alla nascita di un parco archeologico a Tell Muhammad, mentre adesso sono in contatto con il British Museum per organizzare una mostra anche qui a Catania sull’era paleobabilonese».

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Laureata con il massimo dei voti in Filologia Classica all’Università degli Studi di Catania, Olga Stornello (classe 1994) è giornalista pubblicista dal 2019. Dopo aver acquisito il tesserino grazie alla collaborazione con varie testate (tra cui, oltre “Sicilian Post”, il quotidiano “La Sicilia”), ha frequentato il master RCS Academy “Scrivere e comunicare oggi: metodo Corriere” nel 2020. Tra le sue intramontabili passioni, al di là della scrittura, si annovera anche la danza, che pratica da sempre.

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