Nel 2011 il vento della Primavera araba sconvolge diversi paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Tra luci e ombre, la Tunisia, raccontata dalla parlamentare Imen Ben Mohamed, continua il suo percorso democratico; mentre la vicina Libia, rilancia il giornalista Zouhir Louassini, è ancora «stretta nella morsa degli interessi internazionali».

Nei caldi giorni del G7 di Taormina, Catania ha ospitato Mare Liberum, festival di geopolitica. «Cosa succede dall’altra parte del Mediterraneo?» è l’interrogativo con cui il diplomatico Giuseppe Scognamiglio, direttore della rivista di politica ed economia internazionale Eastwest, ha aperto l’incontro “Tunisia e Libia, i due volti della Primavera araba”.

«Sono passati solo sei anni dalla Rivoluzione e tre dalla Costituzione. La Tunisia è in una fase di transizione positiva, ma è presto per fare bilanci e paragoni con altri stati» ha risposto immediatamente la parlamentare più giovane della Repubblica tunisina. Classe 1985, ha vissuto e studiato in Italia, ma da quattro anni risiede stabilmente nel suo paese d’origine dove è stata membro dell’Assemblea Costituente e oggi si dedica alle problematiche nazionali e i rapporti con l’estero. «La Costituzione è il frutto del consenso ricevuto dalle forze politiche e sociali, nonostante le diversità ideologiche. I partiti di ispirazione islamica, laica e sindacali si sono uniti per lavorare insieme nell’Assemblea Costituente. Il dato davvero positivo è stata la partecipazione popolare, anche attraverso i social network».

Ben Mohamed è deputata del partito islamista Ennahda, esistente come movimento politico di ispirazione religiosa già ai tempi della dittatura di Ben Alì, ma che, dopo la Rivoluzione dei Gelsomini, ha assunto la forma di partito politico con tendenze islamiche moderate. Un esempio di Islam politico che ripudia il radicalismo e che Ben Mohamed ha paragonato alla Democrazia Cristiana dei primi anni della Repubblica Italiana.

Eppure, dalla Tunisia proviene il maggior numero di foreign fighters, come lo era Anis Amri, l’attentatore di Berlino. Perché? «C’è una generazione tunisina cresciuta sotto la pressione della dittatura di Ben Alì. – spiega la parlamentare – È una generazione confusa e arrabbiata con lo stato ed è attratta dalle ideologie estremiste. Inoltre, questi giovani spesso provengono dalla zone interne del paese, le più degradate, dove le offerte economiche dei terroristi vengono più facilmente accolte. Il problema maggiore in Tunisia è proprio la mancanza di stabilità economica, che rischia di bloccare il processo democratico».

Il caso tunisino è sino ad ora l’unico fiore della Primavera araba. È sufficiente spostare l’attenzione sulla confinante Libia. «La Libia è l’esempio più giusto per ragionare di geopolitica; – dice Zouhir Louassini, giornalista di RaiNews e L’Osservatorio Romano – non ha vissuto una vera Primavera araba e la situazione del paese è da spiegare secondo gli interessi economici internazionali. L’Italia considerava la Libia un fondo strategico naturale, data la ricchezza di gas e petrolio; ma con la fine di Gheddafi, si è tirata indietro a favore della Francia e dell’Inghilterra. Oggi è l’Eni a difendere gli interessi italiani». Louassini ha illustrato efficacemente come sia il denaro a dominare la scena politica internazionale. Marocco e Algeria si contendono l’egemonia dell’area nordafricana e così anche l’Egitto cerca di trarne vantaggi.

«Nella mentalità di alcuni stati fanatici dell’Islam, l’Occidente si compra. L’Arabia Saudita è uno dei maggiori finanziatori del terrorismo islamico. Ma ciò non ha impedito gli accordi con gli Stati Uniti» ha chiarito il giornalista che, incalzato dalle domande degli studenti di alcuni licei catanesi, ha poi sollevato i temi fondamentali della disinformazione e del razzismo: «Le informazioni sono spesso scarse ed è difficile fare un’analisi piena. Non si può fare opinionismo sulle questioni internazionali che devono essere studiate e ben conosciute. Così, la trappola dell’islamofobia è sempre dietro l’angolo. Bisogna separare i credenti musulmani dall’Islam radicale; ad esempio è fuor di logica chiedere i musulmani moderati di scusarsi per i gesti dei fondamentalisti».

Non a caso Giuseppe Scognamiglio ha definito il panel «il più internazionale della giornata». Gli occhi di protagonisti, come Imen Ben Mohamed, e di critici esperti come Zouhir Louassini, hanno incontrato l’attenzione e la curiosità dei giovani presenti. Promossa, quindi, la riflessione sul Mediterraneo vitale che bagna le nostre coste e quelle di paesi non tanto lontani.

 

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