La fretta del mattino, la suspense per i film in programma e la folla pronta ad accogliere le star più attese: la celebre rassegna cinematografica della città lagunare è capace di regalare questo e molto altro. Ma, soprattutto, sa essere una meravigliosa tela in cui vorresti finire imbrigliato giorno e notte

La sveglia suona alle 7. Apri gli occhi con difficoltà, non riconosci i contorni della tua camera, “dove mi trovo?” ti chiedi con la mente annebbiata dal sonno. Poi realizzi. Sei al 75° Festival del Cinema di Venezia e hai un’ora per prepararti, fare colazione e uscire. La prima proiezione dedicata agli accreditati è alle 8, massimo alle 8.30. Sei in ritardo, ma per fortuna Venezia Lido è una lingua di terra di 12 km, tra il Mar Adriatico e la laguna veneta, e bastano massimo 15 minuti per raggiungere qualunque punto d’interesse. In bici, rigorosamente in bici. Le macchine sono bandite. Così inforchi le due ruote e vai. Mancano solo 5 minuti alla proiezione, meglio accelerare. Freni a stento prima di andare a sbattere contro tre file a serpentina: hai appena scoperto con stupore che non hanno ancora aperto i cancelli della sala. In fila attorno a te ci sono studenti brufolosi, attempati critici, aitanti giornalisti, semplici amatori. C’è chi è alla sua prima esperienza, chi è un decano del festival o chi addirittura lo frequenta da 40 anni. In ogni caso non ci si chiede mai “ciao, come ti chiami, per chi lavori”, ci si chiede solo “quanti film hai visto, quali, che ne pensi”. Si parla di cinema. Punto.

Sono le 8.15. Finalmente la fila scorre. Si entra. Non ti aspettavi questo ritardo, e un piccolo dubbio comincia a insinuarsi nella tua testa. Entri in sala e, mentre i sogni si impigliano ancora alla realtà, le luci si spengono. Comincia la sigla del Festival e tu provi a rimanere indifferente, a fingerti distaccato, e invece dentro di te sussulti di emozione, hai il privilegio di vedere in anteprima i film più attesi della stagione, potrai dire di aver visto A star is born, il film con Lady Gaga e Bradley Cooper, prima di tutti quelli che conosci. Iniziano i titoli di testa del film, ti concentri, le prime scene mostrano valli verdeggianti e fiumiciattoli limpidi. “Strano”, pensi, “sapevo che il film era ambientato ad Hollywood”. E in effetti, pochi istanti dopo, a lettere cubitali compare la scritta Peterloo, niente A star is born, niente Lady Gaga, niente Bradley Cooper con i suoi occhioni azzurri e la barba incolta. Cominciano 155 minuti di comizi di contadini nell’Inghilterra del Nord dei primi dell’800 che si concludono con un massacro finale di atroce violenza, ma tu non osi fiatare, simuli interesse e attenzione, anche quando le palpebre si chiudono senza pietà sull’ennesimo volto di contadino dai denti ingialliti. Anche perché l’unica volta che hai provato a vedere l’orario sul cellulare per tentare di capire quanto mancasse alla fine della tortura, uno spettatore straniero della tipologia “super fomentato” ti ha rimproverato aspramente.

È quasi mezzogiorno quando esci rintontito dal cinema. Agli altri dirai che A star is born è un film troppo commerciale, hai preferito vedere un film in costume, dal sapore storico, con un messaggio politico molto toccante. La giornata prosegue, devi programmare le interviste per i colleghi, sbrigare pratiche burocratiche, reperire materiale audio e video, presto i contadini inglesi diventano un ricordo lontano. La tua base è dentro al Palazzo del Casinò. Mentre lavori forsennatamente al computer, dalla finestra aperta sale un grido “Lady Gaga! Lady Gaga qui! Bradley! Bradley”. Sono le urla di fan, fotografi, video maker che si accalcano sulle transenne che delimitano il passaggio dei divi che avresti tanto voluto vedere in sala. Lei ha un abito bianco alla Marylin Monroe e i capelli più biondi che abbia mai visto, lui… lui è Bradley Cooper. Stanno andando alla conferenza stampa del loro film, decidi che è il caso anche per te di andare. Per arrivare alla conferenza devi passare dall’area press, una serie di stanze riccamente adornate, precedute dalla statua gigante di un leone maestoso e costellate da prese elettriche per mettere in carica i computer. A popolarla sono principalmente giovani giornalisti, blogger, reporter che vanno avanti a panini imbottiti e recensioni, durante il festival stanno in camerate da 10 persone e sono i più felici. Alla conferenza stampa ti rifai gli occhi e le orecchie, ti senti parte, seppur minuscola di un mondo da sogno.

Sono le 19, hai giusto il tempo di uno spritz (sei a Venezia d’altronde), prima di provare a vedere il prossimo film. Le luci del red carpet nel frattempo si accendono, le star cominciano a sfilare, i fan impazziti sono appostati lì da ore con i loro ombrellini colorati e gli occhiali da sole, i fotografi si portano delle piccole scale per fare arrivare i loro obiettivi più in alto della marea di teste sotto di loro. Finalmente l’attesa è premiata. Anche tu allunghi il collo per cercare di vedere un brandello di carne di Dakota Johnson, il ciuffo di Emma Stone, un centimetro di bicipite sotto la giacca di Ryan Gosling. Il cinema ti agguanta e ti cattura come un ragno, solo che la tela che tesse è meravigliosa, vorresti finirci imbrigliato dentro a ogni ora del giorno e della notte. E mentre varchi di nuovo la soglia di una delle tante sale cinematografiche allestite per l’occasione, ti chiedi se stavolta stai per vedere il film giusto.

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