Si intitola “L’azione esterna dell’Unione Europea e crisi ai confini meridionali”, il corso che fa parte delle attività della Cattedra Jean Monnet EUMedEA, di cui è titolare la prof.ssa Stefania Panebianco, che a proposito del ruolo dell’informazione su queste tematiche, afferma: «I media hanno da sempre un ruolo strategico».

«Cos’è la crisi? Quali sono gli attori coinvolti in una crisi regionale? E quali gli strumenti elaborati per trovare una possibile soluzione?». È da questi punti di domanda che la professoressa Stefania Panebianco, docente presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Catania, ha elaborato il corso “L’azione esterna dell’Unione Europea e crisi ai confini meridionali”.

Il laboratorio fa parte delle attività della Cattedra Jean Monnet EUMedEA, co-finanziata dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Erasmus+ Azione Jean Monnet di cui è titolare proprio la prof.ssa Panebianco.  Giunto alla terza edizione, la professoressa Panebianco tiene questo insegnamento insieme ad altri due docenti, Stefania Cuccia del Dipartimento di Economia e Rosario Sapienza professore di Diritto Internazionale del Dipartimento di Giurisprudenza di Catania.

«Il corso ha soprattutto l’obiettivo di definire la crisi meridionale, le sfide dell’Unione e il perché di questa spinta migratoria da parte dei paesi dell’Africa subsahariana verso il Mediterraneo. La novità sussiste nel creare un insegnamento multidisciplinare, mettendo insieme la componente politica, economica e del diritto internazionale. Da quando la cattedra è stata finanziata dalla Comunità Europea, abbiamo scelto di analizzare il fenomeno migratorio dal punto di vista accademico. Il professore Sapienza farà una rapida panoramica della normativa attraverso l’analisi di specifici casi studio, io con il modulo di Scienze Politiche mi occuperò di spiegare i fallimenti e le possibili chance di successo adoperati dall’Unione Europea, mentre la professoressa Cuccia si soffermerà sui problemi economici con le presentazioni in aula. L’approccio che noi proponiamo – sottolinea la docente – non è sociologico, ne riguarda la storia delle migrazioni ma strettamente emergenziale».

In merito all’immagine del fenomeno migratorio che si diffonde sulle piattaforme informative, la dottoressa spiega che: «I media hanno da sempre un ruolo strategico, quindi contribuiscono alla circolazione delle idee e influenzano i comportamenti che il cittadino può assumere verso il migrante. Mi permetto di affermare che in base ai dati, l’Unione Europea non sta risolvendo il problema ma semplicemente spostando il focus della questione».

«Quest’anno vorrei lavorare soprattutto sul decreto Minniti – Orlando perché si aggancia ad un tema a cui tengo particolarmente, ossia l’asilo. Mi interessa infatti studiare nell’ambito della ricerca come lo strumento dell’asilo possa proteggere coloro i quali sono in difficoltà, quindi per fare ciò bisogna comprendere la normativa vigente. Durante le lezioni, coinvolgiamo inoltre anche esperti del settore. Anche quest’anno abbiamo invitato un operatore della Guardia Costiera, il generale di vascello Giovanni Turini con il compito di spiegare come si agisce nel Mediterraneo in una tipica situazione di emergenza e come vengono attuate le missioni SAR. Un momento conclusivo sarà un incontro con vari esperti di think thanks che ci spiegheranno cosa è stato concretamente fatto in questi tre delicati anni».

In merito alle soluzioni che il governo italiano ha recentemente attuato per arginare quantomeno il problema vi è il codice di regolamentazione delle Ong, al quale ad esempio Medici senza Frontiere ha rifiutato di partecipare. «Io credo che se approfondissimo il contenuto del codice, capiamo bene – riflette la professoressa – che trasformare le operazioni di SAR in operazioni investigative di polizia cambia il focus dell’operazione. Credo infine che le strategie proposte alle organizzazioni non siano razionali sotto il profilo dei costi e dell’organizzazione».

Ricordiamo inoltre che il laboratorio è aperto anche a giornalisti, professionisti e membri della società civile, interessati all’argomento: «Tra gli obiettivi dell’università infatti vi è non solo diffondere il sapere accademico, ma anche dialogare con il mondo al di fuori per capire in cosa bisogna puntare quando si parla di informazione. La Commissione Europea ha tutto l’interesse di dialogare con i cittadini e comunicare quale decisioni vengono prese all’interno del palazzo di Bruxelles. Non mancheranno però le critiche costruttive nei casi di cattiva gestione».

*Il corso è aperto agli studenti di tutto l’ateneo catanese, il suddetto insegnamento a scelta si svolge in italiano per una durata complessiva di 36 ore e garantisce 6 crediti formativi. Il termine ultimo per l’iscrizione è fissato per il 30 novembre.

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