L’Europa è spesso considerata la casa della sicurezza e della qualità alimentare, baluardo delle politiche verdi e sostenibili, ma da che tipo di allevamenti arriva la maggior parte della carne che mettiamo sulle nostre tavole e chi beneficia dei finanziamenti stanziati dalla nuova Politica Agricola Comune?

“Food For Profit”, il documentario investigativo firmato dalla giornalista di Report Giulia Innocenzi e da Paolo D’Ambrosi, mette in luce le criticità di un sistema che contribuisce al maltrattamento degli animali, all’inquinamento, all’aumento del pericolo di future pandemie e allo sfruttamento dei lavoratori, consentendo ai grandi produttori di arricchirsi a scapito delle piccole aziende agricole.

Il film indipendente è arrivato in Sicilia il 6 marzo scorso all’Assemblea Regionale Siciliana e il giorno successivo a Catania, debuttando nelle scuole e nelle università (Liceo Spedalieri e Università di Catania) alla presenza della regista, la quale, presentando il suo lavoro al Centro Teatrale Universitario, ha descritto il film come «una denuncia del sistema di oggi, dove il 90% di animali in Europa è tenuto negli allevamenti intensivi».        

Il film è un viaggio investigativo che mostra non solo le condizioni critiche di alcuni allevamenti sovvenzionati con le tasche dei cittadini europei, ma anche la protezione politica di cui gode l’industria della carne. Questa, come emerge da un’indagine sotto copertura a Bruxelles, influenza i politici cercando di tutelare i suoi unici interessi: produttività e profitto.

Ma l’obiettivo del documentario è anche quello di sensibilizzare il pubblico e la politica nazionale su tali temi. A tal proposito, abbiamo discusso con Giulia Innocenzi dopo la proiezione del film presso l’Ateneo catanese.

Qual è stata la reazione del pubblico al vostro documentario finora?
«Chi vede questo film ha due tipi di reazione: da un lato rabbia e indignazione, e dall’altro una volontà di fare qualcosa. Per esempio, i liceali mi chiedevano «ma noi cosa possiamo fare?» e la stessa cosa mi ha chiesto una bambina di nove anni per e-mail».

Il film è stato proiettato anche al Parlamento europeo e a quello siciliano? Qual è stata la reazione dei politici?
«A Bruxelles i tre eurodeputati che avevano fatto domanda per mostrare il film al Parlamento Europeo erano orgogliosi di aver ospitato questo tipo di evento. Poi c’erano dei lobbisti della carne, che non hanno reagito per niente bene, messaggiavano continuamente a tutte le loro reti lobbistiche per dire cosa stava succedendo e facevano video per mandarli in giro. All’Assemblea Regionale Siciliana è piaciuto tantissimo, c’erano tutti i leader delle forze d’opposizione, ero stata invitata da La Vardera (Sud chiama Nord – ndr). Ho chiesto di adottare come Regione Siciliana una moratoria contro nuovi allevamenti intensivi e che la regione Sicilia possa essere la prima regione a farlo e loro hanno detto «facciamolo!». Quindi adesso vediamo, sarebbe bellissimo».

Prossimamente andrete alla Camera dei deputati, cosa ti aspetti?
«Al Parlamento italiano mi aspetto di riuscire a mettere al centro una denuncia importante nel momento in cui, forse, mai come oggi, il Governo è azzerbinato agli interessi della categoria zootecnica. Ma fattivamente mi posso aspettare molto poco».

Avete già ricevuto diffide da aziende produttrici di carne e una minaccia di querela dell’eurodeputato De Castro (Partito Democratico – ndr). Le consideri un tentativo di intimidazione?
«Sicuramente è un atto di intimidazione e di difesa del loro fatturato. Sanno che se queste immagini escono, rischiano di avere una perdita economica, quindi, fanno di tutto perché non escano, davvero di tutto. Stanno facendo altre cose che non posso dire. Noi abbiamo blindato il documentario a livello legale il più possibile».

Pensi che il documentario possa avere un impatto sulle prossime elezioni europee, visto che evidenzia come la democrazia sia minacciata dalla «lobbycrazia»?
«In realtà il documentario doveva uscire molto tempo fa. Poi per tutta una serie di motivi è uscito ora, ma ho pensato che forse è un’opportunità, perché c’è più interesse mediatico. Spero davvero di poter incidere sulle elezioni europee mettendo al centro questo tema.

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