Il celebre filosofo latino, nonché illustre padre della Chiesa, ci propone un precetto, fra linguaggio biblico e letterario, che oggi vale la pena rispolverare, soprattutto in vista delle prossime campanelle: l’amore come invito alla libertà

Settembre fa capolino in città. Nel mese in cui l’etica si fa calendario e si pensa a pianificare si torna anche a parlare di scuola. In realtà quest’estate in Italia non si è mai smesso di farlo. Sarà per un’aumentata consapevolezza della crucialità dell’educazione, sarà per lo scompenso che certe notizie di cronaca suscitano: ad agosto è stata approvata una legge che prevede l’insegnamento obbligatorio dell’educazione civica nella scuola primaria e secondaria, con voto in pagella e un minimo di 33 ore annue. L’obiettivo? «La condivisione e la promozione dei princìpi di legalità, cittadinanza attiva e digitale, sostenibilità ambientale e diritto alla salute e al benessere della persona», si legge nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 21 agosto. Non è ancora ben chiaro se entrerà in vigore già da quest’anno scolastico, tuttavia il programma se da un lato ci lascia speranzosi dall’altro non può non richiamare alla memoria alcune vicende che in questo 2019 hanno diviso il Bel Paese: la legalità dell’accoglienza e la libertà di critica di studenti e insegnanti. Agostino d’Ippona, filosofo, vescovo, teologo e santo della Chiesa cattolica classe 354 d.C., può aiutarci ad accorciare le distanze che separano il volere (e i valori) dalle scelte quotidiane (e dalle leggi), per rispondere alla domanda che più di tutte ci attanaglia mentre ci rende umani: che devo fare?

Che devo fare? Non è in fondo la domanda a cui l’educazione civica mira a prepararci, fra «benessere della persona» e «cittadinanza attiva»? Qualcosa però stona nella descrizione del nuovo insegnamento, coronamento della scolarizzazione tout court. Responsabilità, partecipazione, solidarietà e legalità sono riconosciute come valori dell’educazione civica; ma mentre alle prime l’individuo risponde moralmente, alla legalità risponde anche penalmente. Ecco il dilemma: salvare vite, che è un’impresa solidale, può essere illegale? Cosa dovrebbe insegnare la nuova materia? Non dovremmo avere cura di rendere legale ciò che ha valore piuttosto che stabilire che un atto non ha valore “solo” perché illegale? La questione non è da poco e ripropone il dubbio atavico compagno di ogni scelta: cos’è giusto e cos’è sbagliato? Sorge spontanea una domanda: a chi avrà 10 in educazione civica sarà concesso tessere analogie storiche e difendere l’apertura dei porti?

Con il discorso VII della “In epistolam Ioannis ad Parthos”, Agostino ci regala un principio etico universale che va al cuore di ciò che stabilisce un valore fornendo una soluzione al problema. «Dunque, una volta per tutte, ti viene proposto un breve precetto: ama, e fa ciò che vuoi. Se tu taci, taci per amore: se tu parli, parla per amore; se tu correggi, correggi per amore; se tu perdoni, perdona per amore». È un principio che si oppone al «fai ciò che vuoi» incoscientemente sbandierato ma lo fa senza ledere la libertà individuale. A fare la differenza è il monito «ama»: in un mondo in cui si rischia di rimanere prigionieri o dell’indifferenza o di astratti devi e posso, c’è bisogno di perché che diano senso alla libertà e alle leggi. Il filosofo romano tiene a precisare che l’amore non è abdicazione del giudizio, non è acquiescenza. Amore permette alla nostra volontà di tramutarsi in azione, libera da una vuota retorica dei diritti e dei doveri; è il rimedio alla vertigine che si apre sotto i piedi al momento di ogni decisione. Ma non è semplice. Agostino ci invita a prendere le distanze dal conforto semplicista di credere di agire sempre in nome del bene e della verità, quando in realtà vogliamo solo affermare noi stessi. «Ama e fa’ ciò che vuoi» è un’esortazione alla libertà ma anche alla responsabilità verso il prossimo a cui inevitabilmente siamo chiamati in quanto membri di una comunità.

«Sia in te la radice dell’amore; e da questa radice non può derivare se non il bene», continua il filosofo dell’interiorità. L’amore, motore del conoscere e dell’agire, ci rende veramente liberi.  Il precetto agostiniano non può quindi assurgere a guida del nuovo insegnamento?

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