Il nostro percorso segna una tappa importante della sua esistenza. Un’esistenza che ci ha fatto sentire più uniti che mai nel vivere e nel rivivere la meraviglia dell’essere siciliani, che ha unito isolani di tutto il mondo nell’abbraccio caloroso di un incontro, che ha reso vicini e complici autore, scrittori e lettori. E un ringraziamento va proprio a voi, che vivete questo appuntamento con passione e curiosità e lo rendete possibile settimana dopo settimana

Quando, un anno fa, per esattezza l’8 aprile, presentai la rubrica che ogni domenica si confronta con l’opera ed il pensiero dei nostri più grandi scrittori – ma non solo – mi piacque definirla uno specchio sul mondo. Proprio l’immagine dello specchio mi sembrava perfettamente aderente allo spirito che volevo infondere in questo appuntamento settimanale: in uno specchio si contempla l’immagine riflessa di noi stessi. È, se vogliamo, uno strumento che permette di conoscerci più approfonditamente, più consapevolmente; ma è anche una superficie lucida, quasi trasparente, che ci permette di osservare ciò che ci sta alle spalle e di immaginare ciò in cui dobbiamo ancora imbatterci. Della Sicilitudine già i nostri autori avevano fatto una lente, un filtro per giungere dal particolare all’universale, per aprire lo scrigno dei segreti del mondo pur occupando soltanto una parte, benché decisiva, del mondo stesso. Tra gli anni ’50 e ’70 del secolo scorso, a Palermo il giornale L’Ora fu diretto da Vittorio Nisticò, il quale soleva dividere i siciliani in due categorie: quelli di scoglio e quelli di mare aperto. I primi sono coloro che non riescono ad allontanarsi dall’isola se non fino allo scoglio più vicino, senza perdere di vista la riva; i secondi sono quelli che prendono il largo, che se ne vanno così lontano che l’immagine della Sicilia rimane visibile solo nei pensieri. Ecco, come già aveva dimostrato Sciascia – e come Camilleri aveva confermato raccontando degli aneddoti a proposito dell’amico – la Sicilitudine ha la misteriosa capacità di riunificare queste due categorie: anche quando ci appostiamo sullo scoglio, dalla sua cima siamo in grado di volgere lo sguardo verso il mondo in tutta la sua complessità; e quando siamo lontani, d’altro canto, con la nostalgia della Sicilitudine in un baleno siamo di nuovo a contatto con la nostra isola, idealmente vicini e partecipativi.

Più forte del tempo, della distanza geografica e della stessa distanza tra siciliani, la Sicilitudine ci raduna spiritualmente nella misura in cui ci mostra il volto familiare dei nostri sentimenti e la condivisione che di questi possiamo fare con persone che nemmeno conosciamo. E perfino in quest’epoca che predilige il virtuale rispetto al reale, in cui le distanze azzerate dalla rete corrispondono in realtà a una maggiore solitudine, i sensori delle nostre anime, anche solo per qualche minuto ogni domenica, convergono in questo appuntamento, dove ognuno, in fondo, può essere autore e lettore al contempo. Perché nel leggere degli autori e dell’attualità delle loro opere, nel leggere delle nostre peculiarità che prendono forma e ordine su una pagina, realizziamo che la Sicilitudine, certamente, è qualcosa che è esistito da sempre, ma che, altrettanto, è anche un modo di essere che si concretizza giorno dopo giorno nelle nostre scelte di vita, nei nostri pensieri. Nello scrivere gli articoli, io leggo di me e di tutti i siciliani affini; e voi, nel leggere qualcosa che vi è esterno, lo fate vostro a tal punto che è come se l’aveste anche scritto. Perché? Perché la Sicilitudine ci scorre dentro a prescindere dal nostro esserne consci: è una costituzione genetica più o meno latente, una firma che orgogliosamente apponiamo sulle nostre esistenze. Da più parti del mondo – e per una volta mi sia concesso un frangente di commosso compiacimento – sono arrivati apprezzamenti per questa rubrica e non riesco a darmi altra spiegazione se non quanto detto fino ad ora. Comunque sia, non posso fare a meno di ringraziare tutti voi lettori, dal più occasionale al più affezionato, per il supporto costante che avete dato a questa piccola ma sentita impresa. Senza la vostra presenza non ci sarebbero scrittori; senza scrittori nessuno avrebbe codificato la Sicilitudine; perciò, in qualche modo, la Sicilitudine siete anche voi.

In questo anno di esistenza la rubrica ha tentato di esplorare molte delle sfaccettature che caratterizzano l’essere siciliani: qualcosa è stato fatto, ma molto altro, in virtù dell’inesauribile ricchezza che consegue all’abitare in questa terra, ci aspetta ancora. La Sicilitudine ha attraversato le epoche indenne: qualche volta è rimasta fedele a se stessa, altre volte è venuta incontro alle esigenze dei tempi, mutando forma senza snaturarsi. A noi il compito di intercettare questi movimenti, di capire il momento storico e declinarlo alla siciliana. L’impegno che verrà profuso sarà lo stesso di sempre, possibilmente ancora maggiore. Spero vivamente che altrettanto vivace sarà la vostra partecipazione. Per continuare, pur essendo per natura isole dentro l’isola, ad essere confinanti di cuore, a stringerci in questo abbraccio di emozioni, a custodire collettivamente le passioni che ci fanno apparire unici. E rigorosamente malati di Sicilitudine.

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