Insieme a loro, in scena al Teatro Verga, l’ancor giovane Giselda, ovvero una fredda e severa Marilù Prati, l’unica tra le tre donne che riesce a resistere al fascino di Remo (Gabriele Anagni). Una tragicommedia gustosa, sempre in bilico tra la compassione e il ridicolo per le due anziane protagoniste

Una scena onirica inaugura l’inizio in medias res delle “Sorelle Materassi”, spettacolo liberamente adattato dal drammaturgo Ugo Chiti dall’omonimo romanzo di Aldo Palazzeschi su regia di Geppy Gleijeses e ospite al Teatro Verga di Catania 22 al 27 gennaio 2019.

LUCI E OMBRE. I giochi di luce curati da Gigi Ascione, mai eccessivi e maggiormente apprezzabili proprio per la loro essenzialità, fanno sì che dietro un telone si muovano soltanto delle ombre. Una è maestosa, maschile, con un lungo cappello a punta, le altre due sono esigui corpicini di donne la cui gestualità potrebbe quasi fare a meno delle parole. Sono le sagome di due maestre del teatro, Lucia Poli e Milena Vukotic, rispettivamente nei ruoli di Teresa e Carolina. Nel sogno l’imbarazzo di quest’ultima, che non sa comportarsi davanti a quell’uomo che è il Papa, emerge non solo dalla vocina acuta e stridula tipica di chi si vergogna, ma soprattutto da gesti che giungerebbero all’estremo caricaturale, se non vi fosse Teresa a fermarla.

L’ ELEGANZA DEL DANDY. Poi, il risveglio! Il telone viene meno e si apre dinanzi agli occhi degli spettatori un salone ampio e semi-vuoto, con un tavolo e qualche sedia. Ad arricchire la scena, curata da Roberto Crea, vi è un’ampia finestra ad arco da cui si ammirano in controluce i rami di un ciliegio ormai secco, proprio come secche sono le sostanze di Carmela e Teresa, dissipate dall’avvenente nipote Remo (Gabriele Anagni), figlio di una quarta sorella deceduta. Il savoir-faire di questo dandy fiorentino inebria le menti di “Zi’ Te” e “Zi’ Ca”, che hanno rinunciato all’amore per dedicarsi al lavoro di sarte, mentre non riesce a conquistare la terza sorella Giselda (Marilù Prati), ancora giovane e reduce da una grave delusione amorosa. Con un atteggiamento spavaldo e un’andatura sciolta e sicura di sé, Anagni ben si adatta al ruolo del ruffiano che abbindola le anziane zie e la passionale Niobe (Sandra Garuglieri), la governante.

SUDDIVISIONE DEGLI SPAZI. I personaggi in scena hanno ognuno un proprio spazio: si nota infatti la tendenza di Nilde a entrare sempre dalla porta a sinistra, lì dove c’è il suo regno, la cucina, spesso in compagnia di Giselda. A occupare il salone sono invece Carolina e Teresa, sedute a quel tavolo perennemente impegnate a cucire, almeno fin quando non giunge Remo. “Giunge”, proprio così: perché Remo arriva sempre da fuori, da quell’ampia apertura ad arco che rappresenta l’unico affaccio sul mondo esterno per delle anziane zitelle che non hanno mai avuto la vita mondana del nipote e adesso vogliono accontentarlo in tutto.

ABITI E PORTAMENTO. Seppure avanti con gli anni, i corpi illibati di Zi’ Te e Zi’ Ca adesso ardono di passione per il giovane e seducente Remo, che si mostra consapevole di ciò e ne approfitta, illudendo le zie cercando di far vivere loro qualche momento di svago solo per acquietarle dopo qualche marachella. A tal proposito risultano particolarmente adatti gli abiti di scena (costumi di Ilaria Salgarella, Clara Gonzalez e Liz Ccahua coordinate da Andrea Viotti): soltanto due anziane signore che non mettono piede fuori da casa da troppo tempo infatti possono indossare ingombranti mantelli kitsch e fuori moda nell’assurdo tentativo di apparire belle, giovani ed eleganti per andare a fare un aperitivo in città. Ancor più ammirevole è l’abito da loro indossato per le nozze di Remo: la delusione è tanta nel momento in cui Carolina, Teresa e Niobe apprendono le intenzioni del giovane di sposare una bella americana (Peggy, Roberta Lucca), ma tentano di mascherarla dietro i loro abiti migliori.

IL MATRIMONIO. Le due sorelle infatti appaiono abbigliate come delle bomboniere, vestite di bianco tulle quasi a voler rubare la scena alla sposa. Benchè ridicole, le due non sono mai grottesche grazie all’eleganza innata che contraddistingue le movenze della Poli e della Vukotic. Lo stesso non si può dire invece di Peggy (Roberta Lucca), che pur indossando un abito bianco che lascia scoperte gambe chilometriche durante un ridicolo ballo con Palle (Gian Luca Mandarini), amico di Remo e tuttofare, non risulta seducente, ma sguaiata e poco raffinata.

TRAGICOMMEDIA. In conclusione le malinconiche musiche di Mario Incudine accompagnano armoniosamente il rassegnato abbandono della casa da parte di un’incompresa e delusa Giselda ed entrano volutamente in contrasto con la scena finale, in cui Carolina, Teresa e Niobe non si rassegnano ancora all’amara realtà e continuano a sognare guardando foto allettanti del bel Remo andato in America. Quale conclusione più adatta per una “tragicommedia”?

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