«Confiscare un’azienda in mano alla criminalità organizzata significa risanare un territorio garantendo una concorrenza legale e leale. La confisca è uno strumento di contrasto alla mafia». Bastano queste parole per capire lo spirito di giustizia che anima il ragioniere Giacomo Messina, presidente e socio fondatore della Calcestruzzi Ericina Libera, ex srl appartenuta al clan mafioso trapanese Virga fino al 2000 e oggi gestita da 8 soci per un totale di 13 dipendenti.

Liberi dalla malavita. «L’ex Calcestruzzi Ericina srl – spiega il ragionier Messina – è stata posta sotto sequestro preventivo dal 1996 al 2000. La sua confisca definitiva è avvenuta nel 2000 e questo è stato un bene per tutti noi dipendenti». Dal 1996 al 2010 l’azienda ha dovuto affrontare un cammino non privo di ostacoli per la trasformazione da società a responsabilità limitata a società cooperativa, con l’applicazione della legge 109/96 sul riutilizzo dei beni confiscati alle mafie e l’azione dell’Agenzia Nazionale beni sequestrati e confiscati (ANBSC). «Nel 2000 l’azienda fu affidata a due amministratori giudiziari dalla grande lungimiranza: i dottori Miserendino e Castelli. – racconta Messina – Fu proprio l’azione coordinata di Miserendino e del prefetto di Trapani Fulvio Sodano a suggerire e consentire la costituzione della cooperativa di noi lavoratori nel 2008 affinché potessimo ricevere in affidamento la nostra azienda confiscata, come avvenne nel 2010 dopo il disbrigo della parte economica. Questo lavoro di squadra che ha impedito che la società andasse in malora ha dimostrato che lo Stato e la Giustizia, quando vogliono, vincono sulla criminalità organizzata».

Il boicottaggio e l’intervento del prefetto. Una vittoria che però non è stata priva di conseguenze, anche per i vincitori stessi: «Negli anni più bui della Calcestruzzi Ericina, cioè quando fu abbandonata da più del 60% dei clienti e boicottata, il prefetto Sodano si batté per permettere all’azienda di partecipare a bandi come quello di rifacimento del porto di Trapani nel 2004-2005, che riuscimmo ad aggiudicarci. Eravamo arrivati alla cassa integrazione per mancanza di commesse: questa terra bruciata intorno a noi – denuncia Messina – aveva il fine di svalorizzare l’azienda fino alla svendita a qualche membro della criminalità organizzata. Fu proprio quando arrivò una richiesta di acquisto da un imprenditore locale senza che ci fosse alcun annuncio di vendita che Sodano si insospettì e bloccò tutto. Qualcuno però non ha gradito l’azione, dato che da Trapani il prefetto fu mandato ad Agrigento».

Mai sola. L’allontanamento di Sodano nel 2003 non significò abbandono della nascitura cooperativa di dipendenti: «Abbiamo goduto del supporto formativo di Libera, del sostegno di Lega Coop. C’è mancato un sostentamento economico pubblico perché una pecca del sistema politico-amministrativo vieta che le aziende confiscate alla mafia possano essere sostenute da fondi pubblici. Questo spiega perché le strutture private confiscate, che possono godere di fondi statali per avere nuova vita onesta, siano più numerose delle aziende, che difficilmente riescono a sopravvivere dopo i sequestri. Immobili di serie A e beni di serie B» spiega con un leggero tono di lamentela il ragionier Messina. A seguito di ciò la Calcestruzzi Ericina ha trovato una sola banca disposta a farle credito: «Nel 2011 abbiamo ricevuto 700000€ dalla Unipol: un debito da estinguere nel 2031 che noi soci, pur sapendo che non saremo mai proprietari, stiamo ripagando».

Rispetto per l’ambiente. Ciò che ha convinto Unipol Banca a concedere il prestito è stata l’idea innovativa che la Calcestruzzi Ericina Libera ha voluto rendere concreta su proposta di Legambiente, come racconta Messina: «Legambiente ci ha fatto notare che noi non producevamo solo materiale edile, ma anche rifiuti. Da qui la proposta di installare un impianto di recupero innovativo, assente nel Sud Italia, in collaborazione con un imprenditore dell’Emilia Romagna. Si tratta di R.O.S.E. (Recupero Omogeneizzato Scarti Edilizi), che non si limita a triturare in frammenti più piccoli e smaltibili i rifiuti edili, ma ne elimina le impurità così da poter dare vita nuova a materia prima seconda». Si applicano i principi dell’economia circolare, ma Messina lamenta la mancanza di fiducia verso questi materiali riciclati da parte dei clienti, per i quali ha organizzato convegni illustrativi sul tema. «Oggi – conclude il presidente della cooperativa – abbiamo recuperato molta clientela, ma a mandarci in crisi non è il mercato, quanto la concorrenza sleale. Noi ci rifiutiamo di vendere materiale senza fattura, a differenza di altri a cui gli acquirenti si rivolgono. Si dice che questo sia il “costo della legalità”, ma per me la legalità non ha prezzo. Non sono io a pagare un costo in più, sono gli altri che agiscono illegalmente e ne hanno uno in meno rispetto alla norma. La soluzione c’è: controlli e tutela».

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