Camilla Battaglia ha 32 anni ed è una figlia d’arte. Il padre è il pianista Stefano Battaglia, la madre è la cantante Tiziana Ghiglioni. Con un DNA così radicato nel jazz, una carriera in quest’ambito apparirebbe naturale, ma il suo percorso artistico è andato per certi versi oltre. Sebbene infatti, dopo una laurea in canto a Siena Jazz, la sua carriera l’abbia vista affermarsi come pianista e cantante in vari festival italiani (nel 2010 ha fatto parlare di sé in contesti come il premio Massimo Urbani e il Chicco Bettinardi) il suo percorso si è progressivamente spinto verso la ricerca e la sperimentazione tout court. Ne sono testimonianza il suo primo disco da leader, “Tomorrow-2more Rows of Tomorrows” uscito nel 2016, e soprattutto il secondo “EMIT: RotatoR TeneT”, un progetto concettuale uscito nel 2018 che vede improvvisazione e scrittura mantenersi in un delicato equilibrio su una base di ispirazioni che vengono «dalla letteratura, dalla filosofia, ma anche dalla scienza», complici gli studi universitari in Filosofia compiuti alla Statale di Milano. La abbiamo incontrata all’Oltremente Festival di Ragusa Ibla, dove l’artista, di stanza a Berlino, si è esibita in una performance dal titolo “Perpetual Possibility”.

La performance di stasera è pensata per voce ed elettronica. Come è nata l’idea di questo progetto? E per cosa si caratterizza?
«Già da qualche anno nutrivo l’esigenza di costruire una performance in solo. L’elettronica è un percorso in continuo divenire. La utilizzavo già nei miei progetti e mi capitava spesso di trasformare la mia voce con l’utilizzo di alcuni effetti analogici, ma non avevo mai portato questa idea all’estremo. L’opportunità di concretizzarla mi è stata data da questa collezione di versi di T. S. Eliot che si presta molto a questo uso. E poi mi ero già concentrata sulla tematica del tempo in passato, per cui l’ho trovata davvero ideale».

Come ha approcciato i versi?
«In un modo molto “mantrico”, nel senso che nella performance utilizzo poche parole, contestualizzandole all’interno di una struttura in otto atti. Il risultato è una suite che dura tra 50 e 55 minuti, all’interno della quale alcune frasi vengono ripetute, rielaborate e messe in contesti musicali diversi fra loro».

Per che tipo di contesto, e di pubblico, è pensata una suite del genere?
«Il nome stesso del progetto, “Perpetual Possibility” sottolinea il fatto che la performance sia sperimentabile in contesti sempre diversi. In questo senso, la mia ambizione è quella di raggiungere qualsiasi tipo di pubblico. Naturalmente si tratta di una progetto che difficilmente sarebbe adatto all’apertura di un concerto di Jovanotti, tuttavia credo che la potenza dello “strumento voce” renda molto più facile l’avvicinamento a qualsiasi contesto. A volte il marketing fa sentire le persone non pronte ad ascoltare una determinata cosa, ma i feedback che ho avuto mi dimostrano che esiste una connessione viscerale che va ben oltre le etichette».

Il progetto “Perpetual Possibility” è anche un disco, che uscirà il prossimo 7 ottobre ed è stato , recentemente anticipato dal singolo “All is always Now”. In che modo è possibile proporre in studio un lavoro come questo, naturalmente improntato sulla performance live?
«Diciamo che per il disco volevo una cosa che suonasse in modo diverso dalla performance in solo. Si tratta di un lavoro molto prodotto, con un suono specifico. Chiaramente ci sono delle connessioni, per le quali chi verrà ai concerti e acquisterà il disco riconoscerà le tracce, tuttavia è stato pensato in maniera completamente diversa dai live».

In un certo senso, la registrazione del disco di Perpetual Possibility chiude il cerchio di questo progetto che propone dal vivo già da alcuni anni. Cos’altro bolle in pentola?
«In realtà ho trascorso gli anni della pandemia con il forte dubbio se pubblicare o meno qualcosa. Quello che vivo adesso è un periodo molto produttivo. Proprio ieri mi trovavo in studio per registrare insieme a un sestetto di musica da camera elettro-acustica delle composizioni che ho scritto su poesie di Edward Estlin Cummings. A fine settembre, invece, tornerò a registrare con il mio quartetto tedesco. A dicembre, infine, è in uscita un disco che ho realizzato con la contrabbassista Rosa Bonello».

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