C’era una volta… Ed era il 1962 quando venne pubblicato per la prima volta il libro Favole al telefono. Gianni Rodari, lo scrittore di Omegna di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, immaginava un papà (il ragionier Bianchi di Varese) che, lontano da casa per lavoro (faceva il rappresentante farmaceutico), ogni sera chiamava la figlia al telefono per raccontarle una fiaba. Settanta le storie al telefono partorite dalla fantasia dello scrittore cusiano: “Il palazzo di gelato”, “La strada di cioccolato”, “Il mago delle comete” solo per citare alcuni titoli.

In questi giorni di reclusione causa coronavirus quello che nel 1962 era una fantasia diventa realtà. Soltanto che, al posto del telefono, c’è lo smartphone o il tablet. Strumenti attraverso cui Gianluca Lalli, cantautore marchigiano, fa arrivare agli alunni delle scuole della sua regione, come di Cava dei Tirreni o di Catania, le fiabe di Rodari al ritmo di un banjo o di una marimba.

La musica per bambini è una cosa seria. Che vanta firme illustri come Sergio Endrigo e Luis Bacalov. «Loro hanno avuto la fortuna di confrontarsi con Rodari – sorride Lalli – «Io sono stato confortato dalla figlia Paola, proprio la bambina alla quale raccontava le favole al telefono»

Gianluca Lalli, 44 anni, di Colle d’Arquata, piccola frazione di Arquata del Tronto, uno di quei paesi della provincia di Ascoli Piceno raso al suolo dal catastrofico terremoto del 2016, dalla celebre raccolta di Rodari ha infatti tratto un album. Una impresa non facile. La musica per bambini è una cosa seria. Che vanta firme illustri come Benjamin Britten, la genialità incontenibile di Virgilio Savona (Quartetto Cetra) e gli intelligentissimi contributi di cantautori del calibro di Sergio Endrigo. Proprio quest’ultimo, insieme con Luis Bacalov, prima della contesa sulla colonna sonora del film Il postino, realizzò un intero album, Ci vuole un fiore, su testi scritti dall’autore piemontese.

Gianluca Lalli

«Loro hanno avuto la fortuna di confrontarsi con Rodari», sorride Lalli. «Io sono stato confortato dalla figlia Paola, proprio la bambina alla quale raccontava le favole al telefono. È stata lei a dare il consenso al mio progetto, dandomi fiducia: “Rappresenta perfettamente gli scritti di mio padre”, mi ha rassicurato. Endrigo resta un maestro, quel disco me lo facevano ascoltare quando andavo all’asilo».

C’è oggi Gianluca Lalli a far ascoltare le fiabe di Rodari ai suoi alunni. Docente di scrittura creativa e musicale, in qualità di esperto esterno, l’artista da molti anni le propone nelle scuole statali con l’intento di insegnare ai bambini l’arte del cantautorato e della scrittura. «Cantando le favole, si ottiene maggiore attenzione dai ragazzi», sottolinea. Ed è proprio nel corso di questo progetto denominato “Il Cantafavole” che è nata l’idea di dedicare un intero album al libro Favole al telefono.

«Ho scelto Rodari perché nei suoi scritti la fantasia, o, come la chiamava lui, la Fantastica, è l’unico potere che viene celebrato»

«Anche i miei precedenti dischi sono ispirati a opere letterarie, ma in questo caso tutte le canzoni sono costruite sulle fiabe di Rodari», spiega Lalli. «Ho scelto Rodari perché ricorreva il centenario e perché in lui ho sempre trovato una grande capacità di trasmettere importanti valori educativi, indispensabili per la socialità dei bambini e degli adulti. Leggendo una qualsiasi delle sue favole, si è colti dall’impellente necessità di riflettere. Ho scelto Rodari perché nei suoi scritti la fantasia, o, come la chiamava lui, la Fantastica, è l’unico potere che viene celebrato».

Ecco allora Il paese dei bugiardi in cui l’ometto della verità diventa presidente sconfiggendo il virus della menzogna. Una storiella quanto mai attuale in tempi di fake news. E poi Il giovane gambero che si ribella alle regole e decide di camminare in avanti, Il topo che mangiava i gatti sull’importanza dello studio, Martino testa dura che sceglie La strada che non andava in nessun posto e trova la ricchezza, proprio perché ci aveva creduto. E ancora Giacomo di cristallo, L’omino di niente, Una viola al Polo Nord, Il sole e la nuvola. Otto storie, le più edificanti, in cui il bene prevale sul male, fra le settanta scritte da Rodari. Otto storie musicate in modo divertente, tra folk, country, jazz e richiami ai maestri di Lalli: Rino Gaetano, Claudio Lolli, Angelo Branduardi.

La storia del cantautore marchigiano comincia infatti dal celebre Folkstudio romano, il locale dal quale sono usciti De Gregori, Venditti e tanti altri. «I cantautori sono stati fondamentali per me che vivevo in un paese di boscaioli e carbonai», racconta. «Attraverso le loro canzoni mi avvicinai ai testi letterari. Jim Morrison mi portò a conoscere Huxley, e poi 1984 di Orwell. Rino Gaetano e Lolli li scoprii per ultimo. Forse perché le radio li trasmettevano raramente. Poi nel 2005 ho vinto il premio Rino Gaetano… Avevo una voce simile». Al cantautore di Crotone ha dedicato una canzone e un docu-film, intitolati entrambi Rino, nel 2019.

In due brani del disco vengono coinvolti i suoi alunni per fare da coro. «Non è vero che i bambini ascoltano solo Fabio Rovazzi», sostiene Lalli. «I bambini raccolgono quello che noi gli diamo»

Di Claudio Lolli è stato anche collaboratore. «La prima volta lo ascoltai in una musicassetta casalinga in cui c’erano registrate canzoni di cantautori diversi. Fra queste ce n’era una che mi piaceva molto, Prima comunione, accanto alla quale però non era indicato l’interprete. Quattro o cinque anni dopo, a un Festival de L’Unità comprai un disco di Claudio Lolli e l’ultima canzone era proprio Prima comunione. Qualche tempo dopo, lessi un annuncio con il quale si cercava una band per aprire le serate di Lolli in un locale. Mi presentai e fui scelto. Andai al seguito per tutto il tour e nacque un’amicizia. Tant’è che mi regalò la canzone Il grande freddo, che ho inserito nel mio album La fabbrica degli uomini del 2014. Lolli la riprese tre anni dopo per titolare il suo ultimo album, con il quale vinse il Premio Tenco».

In due brani del disco vengono coinvolti i suoi alunni per fare da coro. «Non è vero che i bambini ascoltano solo Fabio Rovazzi», sostiene Lalli. «I bambini raccolgono quello che noi gli diamo. I bambini hanno una grande fantasia. Da loro si apprende molto. Danno risposte incredibili perché la loro è un’autenticità senza filtri e una fantasia senza freni. Lo vedi durante il laboratorio che dura quattro ore: prima leggo la favola, poi la metto in musica, con la chitarra. Stanno attenti quando leggo e battono le mani a tempo quando suono. Poi si passa al laboratorio vero e proprio: li divido in gruppi di cinque o sei, ogni gruppo deve provare a scrivere una quartina di canzone in base a quello che hanno ascoltato. Lavorano sulla storia ed è incredibile vedere cosa nasce in quel momento, escono delle rime mai scontate. Quindi, scelgo le migliori quartine, le musico e, a fine lezione, cantiamo la canzone tutti insieme». Testi che un giorno potrebbero finire su un disco del cantautore marchigiano.

Cantautore, docente e anche musicoterapeuta, Gianluca Lalli va in giro per palcoscenici, scuole e case di cura con una chitarra e una valigia carica di canzoni, fantasie, sogni, gioia. «Attraverso la mia professione di cantautore, e ancor di più attraverso quella di musicoterapista, a contatto con i malati di Alzheimer, che lottano contro il dissolvimento della propria identità, faccio esperienza quotidiana della musica come strumento potente, capace di lenire il dolore e di far riemergere la parte gioiosa di ognuno. E, allora, quale connubio migliore può esistere di quello tra la fantasia e la musica?».

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