Il ristorante del centro storico catanese è stato premiato insieme ad altre diciassette realtà italiane e unica siciliana come “Big Gourmand” dalla guida Michelin, vuole essere l’archetipo del siciliano emigrato negli Stati Uniti, che a un certo punto decide di tornare alla ricerca delle proprie origini

Si era già conquistata un posto sulla guida internazionale Routard, tra le Top Choice della Lonley Planet, tra i ristoranti segnalati dall’Accademia Italiana della Cucina e tra quelli della Guida ai sapori e ai piaceri della regione Sicilia su Repubblica. Oggi la «tavola preziosa a un costo contenuto» di Me Cumpari Turiddu, l’osteria di slow food che sorge in piazza Turi Ferro, più nota come Spirito Santo, proprio nel centro storico di Catania, è stata premiata insieme ad altre diciassette realtà italiane e unica siciliana come Bib Gourmand, il riconoscimento della guida Michelin destinato alle cucine con un’eccellente selezione di materie prime e un ottimo rapporto qualità prezzo.

Siamo intorno ai 35 euro per una cena in cui poter riscoprire i gusti autentici di una volta. Ma qual è il segreto per vendere cibo di qualità a buon prezzo? Lo spiega Roberta Capizzi, 34 anni, titolare del locale e «avvocato pentito», che dopo aver lavorato a Londra e Milano ha scelto, richiamata dalla madre terra, di aprire un ristorante proprio a Catania. «Il punto è capire cosa si sceglie. Noi scegliamo la qualità, decidendo di evitare i rincari eccessivi sui prodotti di aziende autonome e piccoli produttori, con cui abbiamo un rapporto diretto e che ci consigliano anche gli accostamenti migliori tra i prodotti».

I menù cambiano seguendo la stagionalità, proponendo sempre cibo buono, pulito e giusto. «Buono per le qualità organolettiche, pulito per l’impatto ambientale e giusto perché il produttore deve avere la giusta ricompensa per il lavoro che svolge– chiarisce Capizzi. Qui è tutto non a chilometro zero, ma a chilometro vero, perché se c’è una naturale distanza tra noi e i piccoli produttori, la qualità del prodotto è assicurata».

Me Cumpari Turiddu è l’archetipo del siciliano emigrato negli Stati Uniti, che cresce con le ricette e i racconti siciliani della nonna e che a un certo punto decide di tornare alla ricerca delle proprie origini, importando dall’America solo la musica jazz come piacevole sottofondo. E il concept dell’osteria ruota proprio attorno alla volontà di essere un connettore di sicilianità, concentrato su prodotti stagionali e presidi slow food che tutelano, tra i tanti, il suino nero dei Nebrodi, l’asino ragusano, il formaggio di capra girgentana, il piacentino ennese, le mele dell’Etna e il pistacchio di Bronte. Prodotti in parte acquistabili direttamente nella ricca putìa, che fa capolino tra tavoli, credenze e sedie antiche, lampadari vintage, merletti e candele.

«A un certo punto bisogna confrontarsi con la vita che si vorrebbe» – spiega Roberta Capizzi, che grazie al film Nuovo cinema Paradiso, che parla di malinconia e ritorni, ha capito che era il momento di tornare con un progetto al cento per cento siciliano. E legato al cibo, passione di famiglia, attraverso cui si riscoprono le ricette della nonna e il sano piacere di stare a tavola gustando un buon piatto. «Quello più noto sono gli spaghetti alla Turiddu con masculina da magghia, capperi di Salina, muddica atturrata, pomodorini e olive. Ma vanno forte anche gli involtini di spatola al profumo di agrumi su verdurine alla stimpirata e patata schiacciata, così come il cuscus dolce al pistacchio servito su una crema di vaniglia con fragoline, pepite di cioccolato e canditi – ricetta ripresa dal Convento di Santo Spirito di Agrigento – e lo scannolo, che offre in un solo piatto le diverse varianti del cannolo siciliano.

«Il mio desiderio è parlare di Sicilia e anche se all’inizio la mia scelta non è stata compresa da tutti sono tornata perché credo nel cambiamento e nella forza dei sacrifici e sono convinta che sia ora di avere più consapevolezza di quanto siamo fortunati ad avere una terra così, di cui dobbiamo essere orgogliosi». E su cui bisogna avere il coraggio di scommettere, facendo ognuno nel proprio piccolo qualcosa per migliorarla e per dare una possibilità ai giovani, su cui Roberta punta moltissimo.

«Ho una squadra di giovanissimi, sia in sala che dietro ai fornelli, che hanno desiderio di crescere e apprendere insieme, anche attraverso i corsi di lingua, cucina e formazione che organizziamo in azienda». Un gruppo davvero anti convenzionale – tra gli aiuti nella cucina gestita dal giovane chef di Riposto Gianluca Leocata c’è chi viene dall’esercito e chi faceva l’avvocato penalista e il grafico pubblicitario – che ogni giorno si occupa di 110 coperti, tra il ristorante classico e il bistrot che offrono street food siciliano, legumi, salumi, panini della tradizione e tanto altro ancora dalle 11 del mattino all’1 di notte, per offrire l’autentica accoglienza siciliana.

«La tradizione vuole che quando si va a casa del compare la porta sia sempre aperta e la tavola imbandita e noi rispettiamo questa usanza in modo letterale». Tutto questo è possibile grazie a due squadre che si alternano e che hanno ospitato il centenario David Rockefeller, il premio Nobel Dario Fo, il regista del Commissario Montalbano Alberto Sironi, il campione del ciclismo Vincenzo Nibali, la giornalista de Le iene Nadia Toffa. E ancora Renato Zero, Skin, Luis Sepùlveda, Carmen Consoli, Ludovico Einaudi.

«È indescrivibile e mi fa venire in mente una frase di Walt Disney che dice: La differenza tra un sogno e un obiettivo è una data. Ecco, non so se la data è oggi, ma sento che siamo vicini non tanto all’obiettivo, visto che è un progetto in evoluzione, ma alla consapevolezza che queste cose ti capitano quando ami il lavoro che fai e lo fai con passione ed entusiasmo travolgenti».

«Me Cumpari Turiddu è in ognuna delle persone che lavorano qui dentro, nell’armonia che si respira, nella gioia con cui si lavora, nella passione che ci mettiamo tutti i giorni. Questo per me ha valore straordinario – conclude Roberta Capizzi – perché credo che armonia e sinergia si creano quando si crede in un progetto comune».

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