Cinema in crisi: le sale siciliane sono arrivate ai titoli di coda?
L’odierno grido di dolore delle sale cinematografiche ricorda quello, straziante e profondo di Marion Crane nel cult di Hitchcock, Psyco. L’affanno del comparto, generato due anni fa a causa della pandemia, dopo un fortunato 2019 che stando ai dati Cinetel ha fatto registrare 635 milioni di euro d’incassi e un numero di presenze in sala pari a 97 milioni, oggi è diventato insostenibile. Il 2021 si è chiuso con un nuovo trimestre nero e in alcuni cinema i proiettori non si riaccenderanno più, è il caso del Roxy a Roma o dell’Arlecchino a Milano. E anche se in Sicilia la situazione per il momento è stazionaria, gli esercenti non potranno resistere a lungo. Abbiamo messo a confronto un multisala e un cinema d’essai per capire qual è la situazione attuale.
UN NATALE DISASTROSO. «Tutto è precipitato a metà dicembre – ci spiega Alberto Surrentino, responsabile della programmazione al King di Catania – quando si è diffusa la voce incontrollata e, ancor più grave, mai smentita dal Governo che per entrare al cinema servisse un tampone. Un’assurdità ovviamente, che tuttavia nel giorno di Natale, complice il picco dei contagi, ci ha fatto registrare 38 presenze, numeri che neanche ad agosto. Di solito facciamo fra 400-500 spettatori, sapevamo che sarebbe stato difficile replicarli anche quest’anno ma speravamo di arrivare almeno alla metà». E non è andata meglio al multiplex Cinestar, che con le sue nove sale ha avuto un calo nelle vendite dei biglietti pari all’80%, passando così da 50.000 presenze al mese a 7.000. «Nel giorno più importante dell’anno, Natale, – osserva Paolo Signorelli presidente regionale Anec, esercenti cinema, e titolare a San Giovanni la Punta di “Cinestar” – in sala avevamo 920 spettatori a fronte dei 6.500 del 2019. E non è andata meglio a Capodanno, quando al botteghino abbiamo fatto 1.000 spettatori contro i 6.000 di due anni prima».
ANNUS HORRIBILIS. Con il Decreto festività, emanato dal governo il 23 dicembre per contenere l’avanzata dei contagi si è imposto alle sale l’obbligo delle mascherine ffp2 e il divieto di consumare cibi e bevande al suo interno, dando così al settore un’ulteriore spallata. «Il King ne ha risentito meno – dice Surrentino – perché per noi l’incasso del bar rappresenta pressappoco il 5%, ma per un multisala, come il Cinestar o il Planet, può costituire fra il 30% e il 50% dei guadagni». In più la decisione è stata comunicata agli esercenti solo all’ultimo, con tutti i disagi del caso. «Dall’oggi al domani ci hanno tolto la prima fonte di guadagno – osserva Signorello – mentre in vista delle festività avevamo rifornito il bar con prodotti che rimarranno chiusi chissà fino a quando». Come se non bastasse a rendere ancor più ardua l’impresa di una ripartenza sono i costi delle bollette dell’energia elettrica, letteralmente triplicati. È chiaro come un sostegno economico da parte dello Stato, in questa situazione, sia fondamentale per grandi e piccole realtà ma soprattutto per tutelare i lavoratori. «Sono tre le voci su cui fare leva: – aggiunge il presidente dell’Anec – prolungamento della cassa integrazione, già fra l’altro previsto, aiuti sul mancato fatturato e infine il credito d’imposta dati gli alti canoni d’affitto».
CONCORRENZA LETALE. Gli elevati incassi del blockbuster Spider-man: No way home, oltre 20 milioni di euro solo nel Belpaese, avevano fatto sperare in un ritorno alla normalità, in particolare per la fascia dei giovani fra i 19-30 anni, se non fosse che a minare la ripartenza è ora la distribuzione. «Si è creato un cortocircuito. – spiega Surrentino – Essendoci stato un calo vertiginoso di pubblico le case di produzione hanno cancellato quasi tutte le nuove uscite, così le sale sono state costrette a riproporre film che erano già usciti, l’alternativa altrimenti era chiudere. Al King ad esempio abbiamo ripreso “Il capo perfetto”, al Lo Po’ e al Planet “Spiderman. Il vero banco di prova per capire la risposta del pubblico saranno le prossime novità, “Assassinio sul Nilo” ed “Ennio”». Come se non bastasse, a dare filo da torcere ai cinema ci si mettono anche le piattaforme streaming a pagamento. Sono diversi i fim che a distanza di qualche settimana si possono già guardare dal divano di casa, come per È stata la mano di Dio di Surrentino uscito il 24 novembre al cinema e venti giorni dopo su Netflix. «Questo è un fenomeno da combattere, – osserva Signorello – a livello nazionale ci stiamo impegnando affinché i film finiscano sulle piattaforme dopo 90 giorni dalla loro uscita, com’era inizialmente. In Francia ad esempio passano in streaming solo dopo sei mesi». È innegabile che i numeri degli abbonamenti per i colossi delle piattaforme siano cresciuti esponenzialmente, 3 milioni in più rispetto al 2020 (dati EY), favoriti sicuramente anche dalle limitazioni Covid ma non è ancora chiaro quanto questo abbia inciso sulle presenze in sala. «Fare oggi un’analisi del fenomeno, – osserva Surrentino –, in una situazione di squilibrio come quella attuale sarebbe riduttivo, ne potremmo capire di più l’anno prossimo. Anche perché Encanto, già acquistata da Disney+, ha comunque riempito le sale». Fra l’altro questa non è una prassi ancora così consolidata: «Apple TV – aggiunge Signorello – ha offerto 600 milioni di dollari alla MGM per 007- No time to die che ha rifiutato, quindi non tutte le case di produzione hanno questa visione. A preoccuparmi al momento è la paura delle persone a uscire di casa. Fino ad oggi al cinema non si mai è contagiato nessuno anche perché nonostante sia stata ripristinata la capienza al 100% abbiamo sempre mantenuto il distanziamento, non avendo purtroppo mai la sala piena. Inoltre a ogni fine spettacolo sanifichiamo gli ambienti e abbiamo anche un sistema di climatizzazione automatico che aspira l’aria interna e la butta fuori. Il cinema è un luogo sicuro dove vivere un’esperienza di fruizione unica nel suo genere».