A 18 anni Salvatore Samaritano, apprezzato autore di canzoni, per un soffio non entrò sotto l’ala protettiva di Ron: l’autore de Il gigante e la bambina aveva infatti già preso un impegno con un altro ragazzo, un certo Biagio Antonacci. Nove anni dopo, l’artista palermitano ritenta la fortuna iscrivendosi al concorso “Sanremo Nuovi Talenti”: vince e la sua canzone, scritta a quattro mani con Aida Satta Flores, si ascolta in tutte le radio, conquistando l’attenzione dell’allora direttore artistico del Festival, il conterraneo Pippo Baudo. Sulla soglia dell’Ariston viene però beffato da una quattordicenne, della quale si sono perse le tracce e anche il nome, che godeva della spinta di un potente politico del tempo. Ventisette anni dopo, la scena si ripete. «Come sanno tutti, le etichette discografiche hanno un numero definito di posti a Sanremo, la mia ne aveva tre», racconta Samaritano. «“Se riesci a scrivere un inedito ed a coinvolgere qualcuno degli ospiti con i quali stai lavorando al tuo disco, un posto è tuo”, mi è stato detto, in sintonia con le indicazioni di Amadeus che sta accostando passato e presente per il cast della edizione 2022. E io ho scritto una canzone, molto attuale: parla della colonizzazione della Luna. Ed ho convinto Nino Buonocore, all’inizio scettico perché è da quattro anni che tenta di partecipare al Festival: “Amadeus dà luce soltanto a chi ha migliaia di visualizzazioni su Spotify”, si lamentava». Poi la doccia fredda. «“Amadeus ha tolto quattro posti ed a noi ne ha tagliato uno, che era quello tuo”, mi comunica la mia etichetta. E questo è il terzo treno che perdo nella mia carriera».

Chiunque, dopo tre profonde delusioni come quelle vissute da Samaritano, avrebbe perso l’entusiasmo e avrebbe mollato tutto. Il musicista palermitano, invece, non ha smesso di sognare. Anzi. Ha contagiato la sua passione, coinvolgendo gli amici autori che aveva avuto modo di conoscere nella sua avventura di compositore in un progetto ambizioso: rileggere in chiave jazz alcune delle più luminose perle del canzoniere italiano. Convergenze è il titolo dell’album con cui Samaritano debutta all’età di 52 anni. «È bellissimo pubblicare il primo disco a 52 anni. Ti dimostra che nulla è impossibile», s’infervora. «Ho recuperato e messo insieme tutte le esperienze che ho fatto. È una rivincita».

Per la prima volta Samaritano scrive per sé. Omaggia le “penne”, gli autori, oscura categoria alla quale appartiene. E le voci alle quali ha affidato alcune delle sue composizioni hanno accolto con entusiasmo il suo progetto. «Rifare quei numeri di telefono dopo vent’anni e sentirsi rispondere: “Ma dove sei stato tutto questo tempo?”. E poi avere il consenso alla tua proposta è stato un grande riconoscimento di stima e amicizia».

In quegli anni di assenza dagli studi di registrazione, il cantautore siciliano ha svolto una intensa attività “live”, ma, soprattutto, si è laureato in architettura ed ha cominciato a insegnare arte nelle scuole. «E oggi non riesco a scindere», ride. «Ho svolto la professione di architetto e lo rimango inside. L’insegnamento non riesco a mollarlo. E faccio il musicista. Non riesco a fare a meno di una delle tre passioni, mi piace intrecciarle. Tutte le volte che ho mollato una delle tre professioni, mi sono sentito orfano».

E cos’altro è Convergenze se non una artistica architettura musicale? Il classicismo modernista si sposa con l’armonica compiutezza del cool jazz, Le Corbusier e Gil Evans. Una elegante costruzione realizzata in cinque anni, grazie anche all’opera di cesello di Roberto Mezzatesta, con cura maniacale nei dettagli, arrangiata in modo raffinato, registrata con maestria e perfezione, piacevole e confortevole all’ascolto.

«Inizialmente il titolo doveva essere “Renovo” e non “Convergenze”», spiega. «Il mio obiettivo era quello di spostare d’ambito musicale le canzoni d’autore. Poi un giorno faccio sentire la demo di Adesso con chi stai? a Mario Venuti. Il quale, a mezzanotte, mi telefona per farmi i complimenti per l’arrangiamento inaspettato. Colgo l’occasione per invitarlo a metterci lo zampino vocalmente. “Mi piace marcare il territorio”, mi risponde. La presenza dell’autore mi fa venire in mente l’idea di comportarmi nello stesso modo con gli altri pezzi. Così l’album è diventato un progetto condiviso, ciascun autore ha collaborato direttamente negli arrangiamenti. L’ha sentita come una versione terza, non ufficiale. Da qui il nome Convergenze, punti di vista e anime che non si sono mai fuse, ma, come in una convergenza, si sono appiccicate, hanno viaggiato insieme per il tempo di una canzone».

Se l’ex Denovo ha messo lo zampino nella rilettura di Adesso con chi stai?, Bungaro ha fatto lo stesso per la sua celebre Guardastelle, Nino Buonocore è intervenuto per Rosanna, Lello Analfino si è camuffato da cantante jazz per una versione originalissima di A chi mi sa dare musica, Mariella Nava si è lasciata coinvolgere ne Il gioco delle parti, Rosario Di Bella in La casa del pazzo. Con gli amici Mimmo Cavallo (Caffè nero bollente) e Gianni Donzelli degli Audio2 (29 settembre) è stata quasi una rimpatriata. Mirko Cirrone è il complice nella cover di Solo un gigolò, mentre con il fisarmonicista Ruggiero Mascellino Guarda che luna diventa un tango. «Ho scelto le canzoni che cantavo in auto quand’ero poco più che adolescente», spiega Samaritano. A fare da collante tra i 12 brani la musica jazz.

«Ero rimasto affascinato dal progetto di Gino Paoli e Danilo Rea, così mi sono voluto tuffare nel jazz. Ho scoperto che la canzone d’autore è come se derivasse dal jazz. E come se avessi voluto fare un lavoro all’inverso. Una sorta di scavo. Le canzoni di Paoli, Bindi, Tenco, sono imparentate con il jazz. Rimodulandole, viene quasi naturale armonizzarle in quella chiave».

Se in molti hanno accettato immediatamente l’invito, senza se e senza ma, alcuni lo hanno respinto. «Gli artisti si dividono in due categorie: quelli aperti alle collaborazioni e quelli che sono chiusi», commenta Samaritano. «Brunori Sas, dal quale ha ricevuto un “no”, fa parte della seconda. Se collabora con qualcuno lo fa perché sono amici intimi o per spirito di gioco». Altri rifiuti da Antonella Ruggiero, Ron, Peppe Servillo e Fabio Concato. «Ma ciascuno aveva una giustificazione. Chi era impegnato in un altro progetto, chi, come Concato, attraversava un momento difficile a causa del lockdown ed era giù di morale. Avevo pronta una bellissima versione di E ti ricordo ancora… Ho dovuta toglierla».

Due le canzoni alle quali, per nessun motivo al mondo, Samaritano avrebbe rinunciato: Lontano lontano di Luigi Tenco e Felicità di Lucio Dalla. «Per il primo, ho chiamato Vittorio De Scalzi, un genovese che ha lavorato con De André e che ha conosciuto Tenco, assiduo frequentatore del ristorante del padre dell’ex New Trolls. Per Dalla ho scelto un cantante molto giovane, Pierdavide Carone, che è stato l’ultimo “pupillo” in cui ha creduto Lucio tanto da tornare a Sanremo per lui dopo quarant’anni di assenza».

Canzoni, pubblicate e non, che entreranno nella scaletta dell’evento che si svolgerà in primavera a Palermo e che vedrà il ritorno di Samaritano sul palco insieme con i suoi amici autori e musicisti. E poiché l’appetito vien mangiando, il cantautore è già all’opera per un nuovo album, «questa volta di inediti».

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