“Come un granello
di sabbia”: in scena
al Musco la storia
di Giuseppe Gulotta

Nello spettacolo diretto da Massimo Barilla e Salvatore Arena la vicenda legata all’ingiusta condanna in seguito ai fatti della strage di Alcamo Marina del ’76. «Il nostro teatro – spiega il regista – racconta la Storia dal punto di vista di chi ne subisce le deviazioni»

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]I[/dropcap]l teatro deve aprire dubbi, spostare le false verità e accendere in chi condivide questa esperienza la voglia di capire la complessità della realtà». È da questa visione che prendono le mosse gli spettacoli di Massimo Barilla, autore e regista a quattro mani insieme a Salvatore Arena dell’opera Come un granello di sabbia, che andrà in scena sabato 10 e domenica 11 al Teatro Angelo Musco di Catania per il cartellone Palco Off. La messa in scena, che vedrà lo stesso Arena attore protagonista è stata prodotta dalla compagnia Mana Chuma Teatro di Reggio Calabria dalla Fondazione Horcynus Orca di Messina e racconta la storia di Giuseppe Gulotta, detenuto in carcere per 22 anni a causa di un errore giudiziario.

GIUSTIZIA E RETORICA. Quando fu accusato dell’omicidio dei due carabinieri Salvatore Falcetta e Carmine Apuzzo, avvenuto in provincia di Trapani a metà degli anni Settanta e conosciuto come “la strage di Alcamo Marina”, Giuseppe Gulotta aveva appena 18 anni e faceva il muratore. Nonostante la sua innocenza, riconosciuta solo dopo 36 anni, Gulotta fu torturato e condannato all’ergastolo. «In passato – racconta Barilla – ci siamo occupati di storie contemporanee, spesso molto tragiche e complesse, però questa è stata la prima volta che abbiamo trattato la storia di qualcuno ancora in vita. Con Giuseppe abbiamo avuto l’opportunità e la fortuna di collaborare nella costruzione dello spettacolo. Abbiamo cercato di rendergli giustizia senza essere retorici o calcare la mano su degli aspetti che magari non lo rispecchiavano. Giuseppe è davvero spiazzante. Leggendo la sua storia ci si aspetterebbe una persona piena di rabbia, rancore e rimorso per tutto ciò che non ha vissuto. Invece lui è una persona umile e intelligente, che si è aggrappata alla volontà di avere riconosciuta a tutti i costi la sua dignità, anche un giorno prima di morire, scegliendo di non scappare e affrontando tutto quello che gli stava capitando, divenendo di fatto un ostacolo in ingranaggi molto complessi».

Una scena dallo spettacolo (foto Marco Costantino)

ACQUA E VINO. Una metafora molto importante dello spettacolo è quella dell’acqua e del vino: «Nello spettacolo – spiega ancora Barilla – il vino rappresenta l’innocenza perduta. Questa dicotomia è nata dopo che un giorno, in modo del tutto casuale, a pranzo da lui a Certaldo scoprimmo che prima dell’esperienza in carcere, Giuseppe era completamente astemio. Aveva cominciato a bere il vino in prigione». Questa battuta nata per caso, ha poi influenzato tutta la costruzione della drammaturgia, sottolineando la dicotomia tra il periodo dell’innocenza prima del carcere (l’acqua) e la sua perdita con l’ingresso in penitenziario (il vino).

STORIA MASSIMA E VICENDE UMANE.  Lo spettacolo Come un granello di sabbia s’inserisce in un progetto più ampio portato avanti dalla compagnia Mana Chuma Teatro. «Questo lavoro – spiega ancora Barilla – è il quarto episodio di una quadrilogia sulla storia contemporanea del Mezzogiorno nata in maniera quasi spontanea. Veniamo dal teatro civile e di narrazione e il nostro approccio cerca di raccontare dalla prospettiva di chi subisce le deviazioni della storia. Non c’è un narratore esterno, ma una o più voci che offrono dei punti di vista di come le cose siano andate. È il nostro modo di raccontare la “Storia massima”, quella con la S maiuscola».

I PROGETTI FUTURI. Dopo la tournée con Come un granello di sabbia, già in giro da due anni, la Compagnia si dedicherà a un nuovo progetto. «Sarà anche questo legato alla storia contemporanea – ci anticipa il regista – ma con un approccio diverso. Sarà ambientato nella Calabria degli anni 70-80, ma il linguaggio e la costruzione della storia saranno più vicini alle forme della tragedia greca o del teatro shakespeariano. Un esperimento che, partendo dal racconto contemporaneo, vuole fare un ulteriore passo in avanti rendendolo ancora più universale e capace di raccontare una parte dell’umano che può prescindere dal tempo e dalla storia».

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