Corrado De Rosa:
«Il calcio può ancora
condizionare
le nostre vite?»
L’autore de “L’allenatore sul divano” ospite da Feltrinelli a Catania. «Se il Leicester ha vinto il campionato inglese, è chiaro che questo sport emana passione e ci regala ancora emozioni fortissime»
Se sei tifoso, o semplice appassionato di calcio, ti sarà capitato, almeno una volta nella vita, di dover disdire un appuntamento o rinunciare a portare a cena la tua donna, a causa di un anticipo o posticipo del campionato di calcio. Per non parlare delle volte che, durante la settimana, nello specifico martedì o mercoledì, i tuoi impegni in agenda sarebbero finiti tra le 19.30 e le 20.00, a causa della tanto attesa Champions League.
Per i fanatici le ore della partita non vengono vissute come semplici momenti di svago successivi ad una settimana intensa di lavoro. No, noi accaniti andiamo aldilà, per tutti noi supporters quell’intera giornata diventa “sacra” al punto da condizionarci prima, durante e dopo il match. Il calcio è una passione che mina ogni certezza, rinsalda le amicizie, distrugge relazioni e altre riesce a costruirne. La motivazione è riconducibile al fatto che probabilmente prendiamo molto sul serio il gioco del pallone, dimenticandoci che si tratta di un divertimento.
Lo scorso lunedì 6 marzo, presso la libreria la Feltrinelli di via Etnea, a Catania, l’autore Corrado De Rosa ha presentato il volume “L’allenatore sul divano” – Psicologia minima di un tifoso di provincia, edito da Caracò. Il libro racconta il calcio e le sue grandi metafore durante un anno di serie B, l‘intreccio delle vicende di una città di provincia con i suoi eroi in calzoncini, la piccola psicopatologia quotidiana di tipi umani che incarnano modelli universali di tifoso, le sfide di periferia fra squadre orgogliosamente perdenti che insegnano come resistere alla vita.
I personaggi citati sono tutti presenti nella quotidianità dell’autore. Nel libro vengono raccontate storie di come i tifosi possano amare in maniera viscerale la squadra della propria città ma anche molto altro. «L’idea di scrivere questo libro – spiega l’autore – nasce dal voler raccontare una città di provincia, che è la mia, Salerno, ma che in qualche modo voleva rappresentare la provincia d’Italia attraverso la metafora del calcio. Molto spesso c’è una sorta di immedesimazione reciproca tra la squadra e la città. Io sono molto tifoso di calcio, e quindi poiché l’idea era quella di descrivere questo mondo, ho provato a raccontarlo anche attraverso quelle vicende che, come il Bataclan, hanno turbato la stagione calcistica».
Corrado è un tifoso della Salernitana e nulla di ciò che racconta all’interno del libro è frutto della sua immaginazione. Ciò che vuole raccontare nel libro è proprio l’autoreferenzialità del tifoso, di colui che pensa che il suo punto di vista sia assolutamente valido e incontrovertibile. Questa descrizione, naturalmente, corrisponde al suo modo di vedere il calcio, alla sua verità. «Sono l’opposto del paradigma del tifoso scalmanato – confessa l’autore – Voglio stare a vedere la partita da solo. Io non esulto, non grido, ma mi emoziono e mi arrabbio sempre per i fatti miei perché la confusione attorno alla partita, non mi piace».
Non ha mai giocato al fantacalcio, non sa nemmeno cosa siano playstation e nintendo wii, si è fermato ai giochi calcistici che hanno caratterizzato gli anni 90: calcio balilla e subbuteo. Nonostante in questi anni nel mondo del calcio ci sia del marcio, De Rosa conclude pensando positivo, affermando che ci sono ancora valori e sentimenti autentici: «Ho scritto questo libro nell’anno in cui il Leicester ha vinto il campionato d’Inghilterra. Se c’è ancora questo, vuol dire che esiste il senso della passione verso il calcio. Se il Frosinone e il Carpi vanno a giocare in serie A, in qualche modo essere tifoso può avere una nicchia di genuinità».