Pittore, vignettista, scenografo e non solo: la sua personalità poliedrica ha portato l’artista siciliano, da qualche anno a questa parte, ad applicare un inusuale strumento al supporto psichiatrico. Frutto di questa esperienza sarà la cura della sezione Cinema e Psichiatria nell’edizione 2018 del festival Corti in Cortile che si svolgerà a Catania tra il 14 e il 16 settembre con la direzione artistica di Davide Catalano

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]I[/dropcap]o credo che oggi, più che essere artisti, sia necessario essere menti creative che vadano al di là del pensiero comune, che sappiano trovare sempre soluzioni alternative e che non seguano l’unica strada che vedono. Questo deve fare un artista dei giorni nostri: lavorare sulla creatività e stimolare gli altri ad essere creativi». Risponde così Totò Calì quando gli chiediamo cosa significhi, in questi tempi difficili per la cultura, essere artisti. Se la strada che ci ha indicato è quella giusta, allora possiamo tranquillamente dire di esserci trovati proprio di fronte ad una figura capace di pensare fuori dagli schemi. Sì, perché quando inizi a dedicarti a coloro che soffrono di disturbi mentali con l’aiuto poco convenzionale dell’arte e della satira, quando sostieni che una possibile cura possa passare dal facilitare nel prossimo l’espressione di sé, allora hai davvero trovato una soluzione alternativa. Vi viene forse in mente una definizione migliore di mente creativa?

LA LIBERTÀ IN UN LUOGO FAMILIARE. E dire che l’incontro col mondo del supporto psichiatrico è avvenuto pressoché casualmente, tramite l’invito di uno psichiatra ammaliato da uno dei suoi spettacoli teatrali: «Inizialmente non sapevo se sarei stato in grado di gestire questa attività – ci confessa – ma una volta cominciato, non ho più smesso perché ho constatato che col paziente si stabilisce una relazione che va al di là di quella che solitamente si instaura con le figure specializzate nel settore». Un contatto profondo, dunque, finalizzato a proiettare la persona in uno scenario che la faccia sentire a suo agio. Il tutto, a suo giudizio, è possibile grazie al fatto che «la figura dell’artista dà istintivamente il senso della libertà e che nel suo mondo ogni cosa è possibile. Così l’allucinazione, la follia, come la si intende di solito, può trovare luogo all’interno di questo spazio senza confine». La magia dell’arte, poi, saprà fare il resto.

SINCRONIA ED EQUILIBRIO. Com’è naturale che sia, le difficoltà nell’attuare un simile approccio non mancano. E sebbene, come ci svela il nostro intervistato, sia capitato più di una volta di imbattersi in casi difficili e recalcitranti all’idea di essere aiutati, il vero sforzo risiede proprio nel saper mutare pelle a seconda dell’esigenza di chi si ha davanti: «Quando si coltivano questo tipo di relazioni, non si fa più ricorso a una medicina positivista, classica – ci spiega Calì – ma ad una medicina umanistica, fatta di sensibilità, di sbagli, di emozioni che non si riescono a trattenere o a comprendere. Ogni volta che ci si trova davanti alla soggettività di ognuno, è necessario rimodulare il proprio modo di porgersi. Così facendo, toccando le corde di ciò che di più umano possediamo, tutto diventa più complicato, ma anche più affascinante». E quando qualcuno preferisce gettare la spugna, non lo fa necessariamente per lo scetticismo verso il metodo, ma per il timore del cambiamento. «Molti – illustra l’artista – hanno timore di ciò che significherebbe non essere più un paziente: è la paura che ognuno di noi ha di non sapersela cavare a confronto con l’ignoto. In una relazione, c’è bisogno di sincronizzarsi sui tempi dell’altro: non c’è malattia o sanità, ma solo equilibrio o disarmonia».

CONOSCI TE STESSO. Il bello dell’aver intrapreso un simile percorso non è soltanto quello di poter aiutare qualcuno in difficoltà, ma anche il potersi arricchire tappa dopo tappa: «Trovarsi in un mondo del genere – ci conferma Totò Calì – ti impone di conoscere te stesso, con tutti i tuoi limiti, prima di poter pensare di dare una mano a qualcuno. Consapevole di questo, non da curatore ma come un condivisore di conoscenze, grazie a questa esperienza ho imparato molte cose di me che non conoscevo e ad accettarmi per come sono. E ho imparato che è quel po’ di follia insita in ognuno di noi a renderci diversi, unici».

CORTI IN CORTILE. Dopo vari ruoli tra i quali il vignettista, lo scenografo e il pittore, questa nuova avventura condurrà Totò Calì ad essere curatore di un’ambiziosa sezione, Cinema e Psichiatria, all’interno del festival di cortometraggi Corti in Cortile, giunto quest’anno alla sua decima edizione. Tale esperienza, perciò, risulta legata a doppio filo con l’attività all’interno delle varie comunità: «Ho da subito sentito l’esigenza di portare all’esterno ciò che facciamo nelle comunità – ci rivela – e, soprattutto, la condizione di un paziente affetto da disturbi mentali, che è colui che ha un problema col mondo e che da questo stesso mondo viene escluso. L’iniziativa, la cui realizzazione è stata promossa dal direttore artistico del Festival Davide Catalano e coadiuvata dal dott.Enrico La Delfa, è pensata per ricostituire un legame tra la società e le persone che spesso finiscono nei suoi ghetti, per restituire a queste stesse persone, e non più ai pazienti, la possibilità di essere se stesse e per mostrare che, come non si ha paura di chi si rompe una parte del corpo, così non bisogna averne di chi soffre di disturbi mentali».

L’appuntamento è fissato per la mattinata del 15 settembre – all’interno della tre giorni 14-16 settembre – con tanti ospiti: da Marella Ferrera ad Antonio Mannino, passando per l’assessore regionale alla sanità Ruggero Razza e Giuseppe Castiglia, che regalerà un momento goliardico. Tutto pronto, allora, per un’occasione d riflessione sul fatto che forse, in fondo, come dice Totò Calì, «in questo mondo bisogna essere matti per non ammattire».

Totò Calì e il neuroscienziato Giacomo Rizzolatti

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