«Non voglio essere pessimista, ma continuando così chissà come finirà il mondo. Ma la musica può aiutarci a prendere coscienza di chi siamo». Così la pensa Stefano Ranzani, tra i direttori d’orchestra italiani più affermati nel mondo, che vanta collaborazioni con enti prestigiosi come il Teatro alla Scala e l’Opéra di Parigi. Il maestro milanese ritorna al Teatro Massimo Bellini di Catania, dove nel 2008 ha ricoperto il ruolo di direttore artistico, per un doppio appuntamento con il pubblico etneo. Il primo è un concerto sinfonico intitolato Il Classicismo tedesco e incentrato su Haydn e Beethoven. E poi la première di Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, in cui Ranzani dirigerà l’orchestra del Teatro.

Una proposta piuttosto insolita, quella del maestro Ranzani, che il prossimo 5 aprile al Bellini dirigerà pagine poco scontate del classicismo viennese, per poi bissare il 7 aprile al Teatro comunale Vittoria Colonna di Vittoria: «Oggigiorno in Italia Haydn è eseguito pochissimo – illustra il direttore –. Il pubblico va portato a poterlo ascoltare, quindi eseguiremo due sinfonie di Haydn e poi la Prima sinfonia di Beethoven, che è quella che attinge di più alla grande scuola di Haydn». Ma la prima composizione che verrà ascoltata dalla platea non è esattamente di Haydn. La Sinfonia dei giocattoli (Kindersinfonie), con cui si apre il programma, è infatti di paternità incerta, ma la tradizione l’ha attribuita ora a Haydn, ora a Leopold Mozart – padre del celeberrimo Wolfgang –, ora a un monaco austriaco di nome Edmund Angerer. Ad ogni modo, si celebra una stagione straordinaria nella storia della musica d’oltralpe. Ma, sostiene Ranzani, l’Italia non ha nulla da invidiare a Vienna: «Mentre fuori c’erano Haydn, Mozart e Beethoven, in Italia abbiamo avuto un grande buco di scuola compositiva, ma poi sono nati Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi, Puccini e tutti i veristi. E lì siamo tornati ad avere la supremazia della musica, perlomeno lirica».

Il maestro sarà dunque fiero di dirigere le pagine composte da Gaetano Donizetti. Dal 19 al 27 aprile, al Teatro Massimo Bellini, andrà infatti in scena Lucia di Lammermoor e, dal podio, Ranzani dimostrerà tutta la sua devozione per il compositore: «Più il direttore è devoto e scrupoloso nel mettere in pratica le indicazioni del compositore – sostiene –, più è un bravo direttore. La Gioconda può piacere o non piacere ma non le si può cambiare il sorriso. La stessa cosa vale per la partitura, che va rispettata». Il direttore svela anche che il regista Giandomenico Vaccari è sulla sua stessa lunghezza d’onda: «La pensa esattamente come me. Oggi si fanno certe stranezze, soprattutto nei Paesi stranieri. Si possono vedere cose inammissibili, come una Madama Butterfly sulla luna». Pare dunque che Maria Grazia Schiavo (che interpreterà Lucia) e Christian Federici (che indosserà i panni di Enrico) si esibiranno nello scenario di una tradizionalissima Scozia.

Tradizionalissima, sì, ma sempre attuale. Nella società del ventunesimo secolo, come forse anche in quella del 1835, si parla spesso di follia d’amore, baricentro tematico nell’opera di Donizetti, ma anche nelle tragiche storie che al giorno d’oggi si ripetono con frequenza spaventosa. «Un giorno sì e l’altro no viene uccisa una donna, spesso da persone a lei vicine, ed è una cosa terribile. Il femminicidio è terribile – spiega Ranzani –. Nell’opera avviene l’opposto: è Lucia a uccidere, ma sempre per follia d’amore». E la musica, come sottolinea il direttore, è un ottimo spunto di riflessione sulla società del presente: «Oggi c’è la rincorsa alle armi, ma forse sarebbe meglio cominciare a pensare di più e combattere di meno. Andare ad ascoltare un’opera o un concerto sinfonico libera lo spirito e ci lascia più tempo con noi stessi, per renderci conto di cosa stiamo vivendo. La musica è insita nell’anima, ma noi la stiamo escludendo, stando sempre al cellulare. Siamo servitori di una macchina, quando dovrebbe essere al contrario». Per non parlare dell’intelligenza artificiale: «Ne sono spaventatissimo – dice Ranzani –. Se l’uomo costruisce la macchina va bene, ma se la macchina inizia a costruire sé stessa, dove andremo a finire? Ciò che possiamo fare è vivere da esseri umani, anziché da soldati».

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