Eleonora Bordonaro dà voce alle irriverenti trombette dei Giudei

“Onit tucc un giuorn cantean / e tucc’ i ricc ch diggrozza jean. / Cantà u cucc, / u cià ed ufùaenaezz…”. Sono i versi iniziali della canzone I Dijevu di Vurchean contenuta nell’album Moviti ferma di Eleonora Bordonaro, la cui traduzione suona così: “Un giorno il cuculo, il picchio e il gufo cantarono. Ma i ricchi che felicità ne hanno se i poveri sono tristi?”. È una poesia in una parlata antica, ostica, il gallo-italico che ancora si può ascoltare a San Fratello, paesino dei Nebrodi che guarda sul mar Tirreno. Si tratta del Lombardo di Sicilia, fusione di dialetti del nord d’Italia che continuano a risuonare a più di mille anni dall’arrivo nell’Isola dei primi coloni al tempo dei Normanni.

Da tempo la cantautrice, cantastorie e studiosa di Paternò porta avanti una ricerca nel tentativo di recuperare e riportare alla luce le tradizioni musicali di questa enclave linguistica e culturale in terra siciliana. Ed è nel corso di questa esperienza che Eleonora Bordonaro si è imbattuta nei “Giudei”. Sono figure misteriose, che appaiono soltanto per tre giorni l’anno durante la Settimana Santa, suonando trombette e disturbando manifestazioni religiose e processioni. Rappresentano il popolo ebreo, secondo l’antica tradizione antisemita, accusato per parecchi secoli della morte del Cristo. Nel loro girovagare per il borgo, i “Giudei” visitano bar, osterie e abitazioni. Viene loro offerto vino e dolci, secondo una tradizione ritenuta di buon auspicio.

I Giudei per metà sono uomini mascherati, con costumi coloratissimi e costosissimi (si arriva fino a tremila euro), ricoperti di perline e paillettes. Il volto è nascosto sotto un elmo e un cappuccio, con cucita sopra una lunga lingua di stoffa e una croce sulla punta. Una via di mezzo tra gli incappucciati, la carta del Jolly, Elton John e un ufficiale d’armata napoleonico. Per l’altra metà sono cavalli, che della zona sono un simbolo, con tanto di fluente coda. Una leggenda, insomma. Vera e vivente.

Sono dispettosi, irriverenti, fastidiosi, burberi, irritanti talvolta. E, soprattutto, misogini. Le donne non sono ammesse tra i Giudei, «anche se è capitato che qualcuna s’intrufolasse nascosta dalla maschera». Per superare questo tabù, Eleonora Bordonaro si è immersa in quella realtà, imparando il dialetto, sfidando con la sua voce passionale il sovraccarico uditivo creato da una ventina di quelle petulanti trombette. E, alla fine, è riuscita a superare i sarcasmi e le perplessità dei Giudei, coinvolgendoli in una avventura che debutterà in anteprima nazionale domenica 3 luglio al Chiostro del Monastero dei Benedettini ospite della serata conclusiva del Marranzano World Fest.

Un impegno eccitante per l’artista di Paternò. E snervante. Durante le prove svoltesi nelle campagne di San Fratello, è stata dura essere sottoposta a un severo e puntiglioso esame da parte dei Giudei: «Devi correggere la pronuncia di alcune parole, la “i” non si deve sentire, si legge come un dittongo. Si dice così, non come fai tu», la rimproveravano, interrompendo in continuazione l’interpretazione di un brano.

«Noi abbiamo anche il compito di tramandare la nostra lingua, che si sta perdendo», spiega Alfio Carrini, un “giudeo”. «Dipende dai matrimoni: se la moglie non è di madrelingua, la nostra parlata si perderà. Viceversa, sarà conservata. Questo perché la madre è quella che bada alla crescita dei figli». Non è soltanto il gallo-italico che si sta perdendo. È tutta una comunità minacciata dallo spopolamento dei piccoli centri montani. A peggiorare la situazione la devastante frana che nel 1922 portò morte e terrore a San Fratello. «Prima eravamo quasi dodicimila abitanti, oggi siamo meno di quattromila. In tanti preferiscono andare a vivere ad Acquedolci o lasciare la Sicilia», osserva con amarezza Benedetto Cracò, alla cui famiglia si deve il nome del gruppo dei Giudei che ha collaborato con Eleonora Bordonaro: “Principini”. «È il nomignolo che accompagna ogni famiglia in molti centri dei Nebrodi». Il padre di Benedetto è il capostipite del gruppo, fondato cinquant’anni fa. «Siamo mille i Giudei, divisi in tanti gruppi: da tre a venti. Noi siamo quello più numeroso, con 22 elementi, il più giovane ha 13 anni e già a 4 mesi ha indossato il costume, il più anziano ne ha 56», spiega Cracò. «Sono gruppi che si formano per parentela, amicizia. Alcuni suonatori possono passare da un gruppo all’altro. Ma non c’è rivalità. L’importante è saper suonare». Suonare la trombetta non è così semplice. Ci vuole fiato, non solo orecchio come cantava Enzo Jannacci. Ci vuole forza e resistenza a gironzolare soffiando dentro uno strumento pesante sotto costumi disagevoli. «La nostra è una tromba militaresca a un pistone, che può fare poche note, ma più drammatica e adatta alla religiosità, mentre quella a tre pistoni è per la festa. La maggior parte di noi suoniamo ad orecchio, pochissimi sanno di musica. Prima si usavano i corni», spiega Cracò. Su usi e costumi dei Giudei ebbe una grande influenza la fine della Seconda guerra mondiale, quando furono assimilate molte figure legate al mondo militare. Il suono talvolta può ricordare quello della fanfara dei Bersaglieri. «La nostra è una tromba militare modello 1884, ormai fuori produzione. Le ordiniamo al Nord, Torino, Novara», aggiunge Alfredo Cracò, che è anche il responsabile della fanfara di San Fratello invitata dagli stilisti Dolce & Gabbana a colorare e musicare la sfilata del 5 luglio a Marzamemi.

La tromba utilizzata dai Giudei

Alla tromba affiancano la “disciplina”, che è un pendaglio pieno di monete ed è simbolo di autoflagellazione. Ed è un altro elemento di disturbo durante le manifestazioni religiose. Strumenti con cui enfatizzano una marcia trionfante oppure deformano un valzer, o ancora improvvisano una strana polka. Altre volte stravolgono una selezione di canti tradizionali, come Il mondo, Torna a Sorrento e O Sole Mio. È un collage musicale strano e giocoso il modo in cui i trombettisti raccolgono frammenti di brani popolari e li distorcono, creando tanto colore e disordine quanto la celebrazione stessa.

Scompiglio, divertimento e qualche birbanteria che porteranno domenica al Chiostro dei Benedettini, nel progetto con cui Eleonora Bordonaro calerà la tradizione dei Giudei in un mondo sonoro moderno, tra chitarra, basso e batteria rock, sotto la direzione di Puccio Castrogiovanni al marranzano.

About Author /

Laureato in Lettere moderne. Giornalista professionista. Ha collaborato con Ciao2001, Musica Jazz, Ultimo Buscadero, Il Diario di Siracusa. È stato direttore del bimestrale Raro! e caposervizio agli spettacoli al quotidiano "La Sicilia". Nel 2018 ha curato il libro "Perché Sanremo è (anche) Sicilia”. Nel 2020 ha scritto “Alfio Antico. Il dio tamburo” pubblicato da Arcana.

Start typing and press Enter to search