Come cogliere l’umano tra le pagine? Il docente «In classe non si leggono testi integrali, ma paragrafi. Le antologie sono un po’ come studiare le pagine di Wikipedia sui cantautori anziché ascoltare le loro canzoni»

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]A[/dropcap] scuola non si leggono i libri, ma i paragrafi. Si studiano gli autori, ma non si leggono le loro opere. In un certo senso è come se, anziché ascoltare delle canzoni leggessimo Wikipedia sui cantautori, o anziché mangiare ci limitassimo a guardare Masterchef. Le antologie sembrano un modo per sottrarsi alla vera presenza coi testi. Perché? Forse perché abbiamo paura che ci par-lino toccando il nostro profondo».  Parola dell’insegnante Valerio Capasa, che è stato protagonista al 40° Meeting di Rimini, insieme allo scrittore e psicanalista Luigi Ballerini, di un accorato dibattito incentrato sul binomio “giovani e lettura”. Il tema di per sé è scottante, soprattutto se contestualizzato in uno scenario nel quale – stando agli ultimi dati Istat – solamente 4 italiani su 10 dichiarano di aver letto almeno un libro nell’ultimo anno per ragioni non scolastiche (il dato peggiora in Sicilia, dove i lettori sono solo il 25,8% della popolazione). La conseguenza sulle nuove generazioni è che lo sprono verso la lettura appare sempre più difficile. E se il contesto familiare da questo punto di vista, con un così basso numero di lettori adulti, si rivela chiaramente in difficoltà (tra i giovani di 11-14 anni legge l’80% di chi ha madre e padre lettori e solo il 39,8% di coloro che hanno entrambi i genitori non lettori) a dover raccogliere il testimone è l’istituzione scolastica, che tuttavia non sempre si rivela all’altezza di questo compito.

UN’OCCASIONE DI CRESCITA. Durante l’incontro, Capasa ha portato ad esempio la testimonianza di una sua alunna quattordicenne, che in una mail estiva scritta dal campeggio gli confessava di aver imparato a cogliere l’umano grazie alla lettura fatta a scuola. «Mi scrisse che il nonno era ammalato di tumore e che era attorniata da persone che le dicevano di godersi l’estate. Mi scrisse: se non avessi letto Omero in questo momento starei ballando mentre mio nonno sta morendo. Credo sia un esempio molto chiaro del valore dei classici». Concorde su questa linea, lo psicanalista Ballerini, per il quale il vero valore della lettura sta nel farci comprendere l’universalità di determinate dinamiche umane. «In un certo senso – spiega – iniziamo a leggere prima di imparare a farlo, già con gli albi illustrati in cui la parola è un tutt’uno con l’immagine. Poi arriva la scuola dell’infanzia, la primaria e così via. In tutte queste fasi il valore della lettura rimane immutato: ci fa capire che non siamo soli, perché scopriamo che a qualcun altro è stato rubato un giocattolo, o ha subito una delusione amorosa». La sua posizione, tuttavia, si allarga a tutta la buona letteratura, sia essa classica o contemporanea. «Certe cose – continua – sono valide oggi così come lo erano nell’Ottocento. L’unico distinguo, semmai, è che un romanzo contemporaneo potrebbe es-sere più accessibile (ma non per questo meno for-te) per una questione di stile, lingua e contenuti».

CLASSICI O CONTEMPORANEI? In Italia lo scorso anno sono stati pubblicati oltre 61.000 nuovi libri. Un “mare magnum” che al suo interno include di tutto e che molto spesso si rivolge ai più giovani, basti pensare che le pubblicazioni “per ragazzi” sono in forte crescita, con un +29,2% registrato nel 2017 rispetto all’anno pre-cedente. Ma come può la scuola fare un distinguo tra le proposte più interessanti per i suoi studenti? «Credo – continua Ballerini – che in questo senso una delle cose peggiori sia il pregiudizio della cosiddetta “letteratura per ragazzi”. Viene definita così perché i protagonisti sono giovani e si pensa che quindi debbano essere letti solamente da giovani. Secondo questo principio, tuttavia, i gialli dovrebbero piacere solo ai serial killer». Capasa, poi, mette in guardia anche dalla cosiddetta letteratura “edificante”. «Alle medie – spiega – facciamo leggere ai ragazzi il libro sul razzismo, quello sull’omofobia etc. Ma se devo sorbirmi 200 pagine che mi fanno la predica sul fatto che se vedo un’anziana sul pullman devo cederle il posto, difficilmente mi appassionerò alla lettura». Altro problema è il carico che il sistema scolastico, così come concepito oggi, fa gravare su allievi e docenti. «Il fatto – continua il docente – è che oggi, presi da progetti, Pon e iniziative varie, noi insegnanti facciamo fatica a scegliere cosa proporre ai ragazzi: riempiamo i loro bicchieri con le nostre materie, continuando a versare in un contenitore che prima o poi finisce, e non ci chiediamo nemmeno se hanno sete». Il risultato? Non sempre le proposte scolastiche sono adeguate. «Prendiamo gli incontri con l’autore. Saviano scrive Gomorra. Il libro diventa un film, una serie tv. L’attore che la interpreta diventa a sua volta uno scrittore e pubblica un libro. E la scuola cosa fa? Propone l’incontro con quest’ultimo, do-mandando 15 euro a testa per acquistare il suo volume. Ma che tipo di esperienza di lettura permettono incontri di questo tipo?» Insomma, va bene la contemporaneità, ma è necessaria una selezione più “pensata”. «Del resto conclude – per chi non ha mai ascoltato musica classica, Allevi è un gran de compositore, ma una volta ascoltato Mozart, difficilmente il suo giudizio non cambierà».

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