Tra le alte temperature della sua fucina, il randazzese Carmelo Carmeni dà vita ad opere che trascendono i limiti della semplice manifattura e diventano creature vive e dinamiche. Con un primato mondiale alle spalle, ha raccontato l’opera che lo ha consacrato

Nella fucina di mastro Carmelo Carmeni, originario di Randazzo (CT), l’artigianato e l’arte si fondono come leghe metalliche, diventando un pezzo unico, pronto ad essere sapientemente modellato. Così, la cruda materia diventa viva e “dinamica” sotto i colpi di martello dell’artista/artigiano. Una passione mai spenta che lo ha condotto sul tetto del mondo: nel 2013 gli viene assegnato, con voto unanime della giuria, il primo premio al campionato mondiale di forgiatura tenutosi a Stia nel Casentino, in Toscana, grazie all’opera “Uno, nessuno e centomila”.

UN’OPERA DA PRIMO PREMIO. Misteriosa e ambigua, la scultura ritrae una figura dalle sembianze umane, seppur alla lontana. Ma è nell’atto di camminare o in posa? Ha le mani accostate al busto o è forse l’anima stessa che si intravede nella fenditura sul petto? Disorientare l’osservatore era precisamente l’intenzione di Carmeni: «Abbiamo lavorato sul tema del dinamismo – ci racconta -. Il nome è dato dal fatto che, girando intorno alla scultura, si possono notare diversi aspetti. Per questo “Uno, nessuno e centomila”: perché può avere centomila significati oppure non averne nessuno. Dipende dall’osservatore e dall’interpretazione che vuole dargli». È stata la lettura dell’omonima opera di Luigi Pirandello a far scattare l’idea nella mente dell’artista, proprio durante la fase di progettazione della scultura. «Una sera, mentre pensavo al titolo da dare alla mia opera mi capitò sotto gli occhi proprio questo libro» e da lì l’idea di rendere con questo nome la peculiarità della mutevolezza di significati che la sua creazione può assumere, proprio come le mille maschere che un uomo può indossare sul palcoscenico della vita.

UNA PASSIONE PRIMA CHE UN LAVORO. Un mestiere, quello dell’artigiano forgiatore, che non può darsi senza una forte spinta passionale in cui è il cuore che batte a scandire il ritmo della vita e delle scelte professionali. «Ho iniziato a lavorare il ferro da giovanissimo, intorno ai 13 anni, ma ho sempre avuto una forte attrazione verso il fuoco. Già da piccolo ho iniziato ad utilizzare il martello per creare degli oggetti e per giocare». Un lavoro, inoltre, che non manca mai di mettere alla prova le proprie conoscenze nel settore, come ci spiega lo stesso Carmelo: «Naturalmente ho studiato per poter arrivare a fare certe cose. A quello che ho imparato a Randazzo, ho poi aggiunto del mio. È come a scuola: ti viene insegnato a leggere e scrivere, ma sei tu a dover comporre la poesia».

L’ARTIGIANO DI IERI E DI OGGI. Seppure l’industria contemporanea ci abbia immesso in un mondo in continua trasformazione, l’arte di manipolare il ferro per dare un’anima ad un blocco statico è un’operazione millenaria che non risente dell’influsso del tempo. «La forgiatura è una delle tecniche più antiche della lavorazione del ferro, tutto è rimasto com’era. Naturalmente oggi abbiamo a disposizione degli attrezzi moderni che ci aiutano a tagliare il ferro in modo diverso da come lo si faceva alcuni anni fa». Però la forgiatura manuale con il martello che batte sull’incudine è rimasta com’era. Il cambiamento è dato dagli stili e dalle correnti artistiche, che in ogni era si susseguono incessantemente a cui il forgiatore randazzese non è affatto indifferente: «Oggi lavoro con lo stile liberty e moderno ma traggo costante ispirazione altrove. In “Forme uniche della continuità nello spazio” di Boccioni e “Dinamismo di un cane al guinzaglio “di Balla, ad esempio, moto e quiete si combinano in modo esemplare, che non mi stanco mai di ammirare».

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