Il culto della madre terra tra oriente e occidente nel sito dei “Santoni” a Palazzolo Acreide
Dodici immagini scolpite nella roccia dell’antica Akrai. Dodici simboli di una religiosità millenaria legata al culto della terra, delle messi e della fecondità. Custodisce un santuario rupestre l’antica città colonizzata dai siracusani di età greca, nei pressi della moderna Palazzolo. Il luogo è intitolato ai “Santoni” e prende il nome dalle effigi ricavate nella roccia che rendono il sito di Palazzolo uno dei più vasti tra i complessi religiosi dedicati alla dea Cibele. La stessa divinità che i Romani appellarono “Magna mater”, la signora della natura e di tutti gli esseri viventi. Un’area ammantata di fascino e di mistero che ammaliò il principe di Biscari e Jean Houel e che, fino ai giorni nostri, è oggetto di studi da parte di archeologi ed esperti di culti antichi.
I SANTONI. Un sito archeologico unico al mondo che celebra un culto antico penetrato tanto nella cultura occidentale quanto in quella orientale, un vero e proprio anello di congiunzione tra religioni differenti. Il deterioramento della pietra e i danneggiamenti subiti nel corso dei secoli rendono oggi difficoltosa la lettura dei dodici bassorilievi che lo compongono e che non si limitano a raffigurare la sola divinità. La singolarità dei “Santoni”, infatti, risiede nella contemporanea presenza, a fianco della dea Cibele, di personaggi che numerose fonti letterarie, epigrafiche e monumentali indicano essere ad essa correlati. I “Santoni” possono essere considerati una vera e propria sintesi delle iconografie e delle dottrine teologiche connesse al culto della dea Cibele e per questo motivo, il comitato Mib-Mediblei per Cibele candida i Santoni a “I luoghi del cuore 2020”, la campagna nazionale per i luoghi italiani da non dimenticare, promossa dal FAI in collaborazione con Banca Intesa Sanpaolo, il più grande progetto italiano di sensibilizzazione sul valore del nostro patrimonio nazionale, che permette ai cittadini di segnalare al FAI attraverso un censimento biennale, i luoghi che meritano tutela e valorizzazione.
L’INIZIATIVA. Promotrice del progetto è Mib-Mediblei che ha chiamato a supporto della campagna in favore dei Santoni di Palazzolo Acreide, cittadine e cittadini della comunità, potenziali portatori di valore tanto per il sito quanto per l’intero territorio. Oltre ai quattro soci fondatori del MIB – Sara Curcio Raiti, Raffaele Gallo, Emanuele Savasta e Carlo Valvo – il comitato è composto da: Andrea Alì, chef e oste/custode del patrimonio enogastronomico locale, patron del Ristorante Andrea; Bruna Bennardo, storica dell’arte; Giovanna Caligiore, studentessa, laureata all’Accademia di Belle Arti con una tesi sui Santoni; Gloria e Leandra Emmolo di MadebyEmm, stiliste che valorizzano il territorio attraverso la loro sartoria; il professore Luigi Lombardo, etnoantropologo e memoria storica del nostro patrimonio materiale e immateriale; Elena Pizzo, archeologa; Federica Puglisi, giornalista e direttrice di ITPalazzoloAcreide.it; Massimo Scirpo, orafo, artista/artigiano e proprietario di Le Griffe Orafi in Akrai; la professoressa Ornella Valvo, docente di latino e greco al Liceo Classico di Palazzolo Acreide. «Supportiamo la candidatura dei Santoni ai luoghi del cuore FAI – afferma il comitato – perché crediamo che la valorizzazione di questo luogo possa concorrere a meglio far conoscere il territorio di Palazzolo Acreide e a diventare, vista la sua unicità, un importante volano economico e culturale per la popolazione residente. Al lavoro di tutela e valorizzazione della Sovrintendenza e del Parco Archeologico, crediamo vadano affiancate politiche di valorizzazione comunitaria, per rafforzare l’impegno delle istituzioni e lavorare di concerto. Questo luogo custodisce un’importante chiave di lettura per la storia del territorio; perderlo equivarrebbe a privare la comunità di una grande fetta del suo passato e, al contempo, del suo futuro».
UN INNO A CIBELE. Per la sua vastità e bellezza, il sito dei Santoni rappresenta un unicum al mondo secondo gli studiosi tra cui si annovera Luigi Bernabò Brea, l’archeologo che individuò nell’area di Palazzolo uno dei complessi cultuali che contribuirono a diffondere il culto della dea Cibele nel mondo greco-romano. Queste immagini scolpite nella roccia narrano la devozione popolare per la divinità delle messi in epoca ellenistica e sono scolpite lungo il lato meridionale del colle Orbo, dove restano tracce anche di due antichi altari. Dieci figure femminili sono racchiuse in nicchie scavate nella roccia mentre altre due custodiscono scene di carattere votivo con l’effigie di altre divinità del mondo greco, secondo un ordine preciso che testimonia come questo luogo fosse in età antica un santuario dedicato alla divinità protettrice delle messi. Lo confermano anche i ritrovamenti tra cui lucerne, coppe e vasetti che venivano usati durante le preghiere dei fedeli. La dea è sempre raffigurata in trono ad eccezione di un rilievo in cui Cibele viene rappresentata in piedi, a grandezza naturale. Suggestiva la sua immagine che trova confronti nel mondo greco: la dea indossa un chitone e i suoi capelli sono racchiusi in una particolare acconciatura con due lunghi riccioli ricadenti sulle spalle e un modio sulla fronte. Cibele è attorniata da due leoni in posizione araldica ed esprime tutta la sua forza e bellezza.
LA TESTIMONIANZA DI HOUEL. Numerose le leggende popolari legate al sito archeologico come ricordava, nel 1777, il pittore-viaggiatore Jean Houel che immortalò le statue rupestri nei suoi disegni. Houel si rammaricava del fatto che alcune statue fossero state cancellate «più della mano degli uomini che da quella del tempo. I pastori dei dintorni prendono talvolta le pietre e, per passatempo, senza cattive intenzioni, colpiscono le teste delle figure senza rendersi conto di quello che fanno. Essi distruggono per distruggere, come fanno i bambini con i giochi che hanno loro si donano e se ne pentono quando non li hanno più». Simili episodi narrano anche gli abitanti di Palazzolo. Sono i cittadini acrensi a ricordare l’odio folle di un contadino proprietario del terreno nei confronti di queste statue: l’uomo, infatti, stanco di dover sopportare frequenti visite da parte di curiosi e appassionati di storia e archeologia, decise di sfigurare il volto delle statue a colpi di ascia danneggiandoli per sempre.
Ancora oggi si riconosce il gesto del contadino che tentava così di distruggere i resti antichi per evitare che sul suo fondo si accendessero i riflettori dell’arte e della cultura. Tuttavia non riuscì nel suo intento e oggi l’area dei Santoni, nonostante la mancata e corretta promozione, resta uno dei luoghi più interessanti dal punto di vista storico e archeologico. La singolarità del monumento è legata alla presenza, in contemporanea, di personaggi vari attorno alla figura della dea Cibele. Divinità varie che fonti letterarie, epigrafiche e monumentali indicano in qualche modo connessi alla Terra mater ma secondo formule distinte e, in nessun altro caso noto, in un’unica composizione come accade in quella che fu la città di Akrai.