Lo stato dell’Africa centrale si approssima alle future elezioni con grande speranza ma in un quadro politico incerto, complicato dalle interferenze di altri Stati interessati alle ricche risorse minerarie. Alessandro De Filippo, che in questi giorni sta visitando le regioni congolesi, ci ha riferito alcune sue impressioni sul clima pre-elettorale

L’attuale governo italiano ha una linea politica ben definita in materia di immigrazione, una politica che passa per lo più da rapidi tweet, scansando invece l’analisi delle trasformazioni in atto nei Paesi con un potenziale migratorio elevato. Quanto sta accadendo nella Repubblica democratica del Congo, un Paese che si approssima al voto in condizioni di profonda instabilità, ci riguarda direttamente non solo in quanto uomini ma anche in quanto cittadini di un continente che si confronta ogni giorno con le sfide della migrazione. Alessandro De Filippo, docente di Storia e critica del cinema e di italiano L2 al CPIA 1 di Catania, sta visitando in questi giorni alcune regioni del Congo nei panni di semplice osservatore, tentando di comprendere una realtà complessa e in costante evoluzione. «Mi piace prendere in prestito da un amico un’immagine molto incisiva per descrivere l’attuale situazione del continente africano in generale e del Congo in particolare: questo vastissimo territorio va visto come una bacinella contenente acqua in ebollizione, più il movimento al suo interno diverrà vorticoso più la possibilità di ampie fuoriuscite d’acqua sarà verosimile». Ecco perché la politica migratoria non dovrebbe mai prescindere da una salda conoscenza di ciò che avviene nei Paesi più instabili del mondo, in quanto solo un approccio lungimirante può garantire il rispetto della dignità umana e prevenire il rischio delle emergenze.

LA SITUAZIONE ATTUALE. Il 23 dicembre 2018 gli abitanti della Repubblica democratica del Congo, un paese la cui estensione è 8 volte superiore a quella dell’Italia, saranno chiamati al voto. Il presidente in carica Joseph Kabila, il quale governa il Paese dal 2001, anno della morte del padre, sembra però voler contrastare queste elezioni che lo costringeranno ad abbandonare il potere. La strategia utilizzata è simile a quella già consolidata nel 2016 quando, al termine del suo mandato, Kabila si rifiutò di indire le elezioni. Questa volta tre sono i motivi che giustificherebbero la posticipazione delle elezioni: il primo è l’incendio che il 13 dicembre scorso ha distrutto 8 mila macchine elettorali elettroniche, rendendo necessario rimpiazzarle in tempi brevi e probabilmente non sufficienti a raggiungere i villaggi più remoti; il secondo motivo riguarda le violenze accentuatesi nel Paese a causa del fragile clima pre-elettorale; infine l’utilizzo delle impronte digitali per l’accesso al voto, in un momento in cui il focolaio dell’ebola si è potentemente riacceso, rischia di divenire causa di contagio. «I congolesi individuano negli stranieri bianchi la principale causa della diffusione dell’ebola – ci ha raccontato De Filippo – una convinzione nutrita dal costante sospetto che dietro i problemi del Congo vi sia l’interferenza di alcune potenze mondiali. Inoltre sono molto restii a denunciare casi di contagio in famiglia perché la procedura impone in questi casi l’allontanamento del malato dai propri cari, un atteggiamento, questo, che accelera la diffusione del virus e nei confronti del quale la Chiesa sta tentando di mettere in atto misure di contrasto».

Foto di Alessandro De Filippo
Foto di Alessandro De Filippo

UN EQUILIBRIO PRECARIO. I principali disordini si sono registrati nella capitale: Kinshasa. È in questa città infatti che le 8 mila macchinette elettorali sono andate in fumo ed è qui che al candidato Martin Fayulu è stato proibito di tenere un comizio, anticipando la conclusione della campagna elettorale. Fayulu è una minaccia per Kabila che, non potendosi ricandidare, sostiene l’ex ministro degli interni a lui molto legato, Emmanuel Ramazani Shadary. Nonostante l’instabilità i congolesi non sembrano disposti ad alcun rinvio e chiedono anzi maggiori controlli per prevenire il rischio di brogli, vivendo con grande speranza l’attesa delle elezioni. «Ciò che vedo intorno a me malgrado tutto – ha raccontato De Filippo- è un’enorme gioia nell’approssimarsi al voto. Ne ho discusso con un giovane congolese che ha dei trascorsi nella guerriglia armata e mi ha spiegato che sebbene tutti siano consapevoli che le elezioni non saranno la panacea per tutti i mali, è salda la convinzione che saranno l’inizio di un cambiamento. La Repubblica democratica del Congo è un Paese giovanissimo che guarda al futuro con grande speranza».

LA QUESTIONE DELLE RISORSE MINERARIE. Il Congo è uno dei Paesi più poveri del mondo, con un tasso di mortalità infantile elevato e degli indicatori di salute, nutrizione e istruzione estremamente scoraggianti; eppure è uno Stato molto ricco di minerali da cui estrarre cobalto, materia prima per le batterie a litio e mica, un silicato utilizzato dalle industrie di cosmesi. Una ricchezza che è però causa di instabilità: finché in Congo gli Stati esteri eserciteranno pressioni politiche e le guerriglie armate eterodirette perpetueranno azioni di efferata violenza, il Paese continuerà a vivere in condizioni di instabilità che potrebbero costringere la popolazione, come già accade, a spostarsi altrove in cerca di protezione.

Foto di Alessandro De Filippo
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