Incontrato a Catania, in occasione del convegno internazionale organizzato dal professore Salvatore Sciacca, lo scienziato ci ha parlato dei suoi ultimi studi e dell’importanza della prevenzione. «A volte la malattia si manifesta a distanza di decenni dalle infezioni contratte, il che non significa che si debba abbassare la guardia, anzi. Più tardiva è la proliferazione delle cellule tumorali, maggiore sarà il rischio che modificazioni genetiche rendano più difficile la guarigione»

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]C[/dropcap]he i cancerogeni chimici sviluppati nei processi di bollitura, arrosto o frittura costituiscano un fattore di rischio pari al 20-30% è risaputo, eppure il consumo di pollo, pesce e maiale non risulta dannoso per la salute umana quanto lo è, invece, quello di carne di manzo. Infatti, nell’isolare alcune proteine peculiari delle razze bovine, ci siamo accorti della presenza di un enzima che il nostro organismo non sintetizza, ma che viene incorporato nelle cellule umane nel momento in cui ci si nutre di carne di alcuni esemplari provenienti da allevamenti eurasiatici e americani». È quanto ha rivelato ieri mattina Harald zur Hausen, Nobel per la medicina 2008, in occasione della sua presenza al congresso Lotta ai tumori: quali risultati e prospettive? organizzato dal professore Salvatore Sciacca all’ex Monastero dei Benedettini.

«Nella fase di allattamento alcuni zuccheri del latte proteggono il corpo della madre e del neonato da sclerosi multipla, diabete, leucemia e dalle stesse infezioni cui potrebbe condurre una dieta ad alto contenuto di carne rossa e latte»

IL RUOLO DI CARNE E LATTE NELL’INSORGERE DEI TUMORI. Gli studi del professor Hausen hanno portato a una scoperta cruciale: maggiore è il consumo di carne bovina e di latte di mucca, più alta sarebbe l’esposizione al cancro al seno e a quello al colon. «Nella fase di allattamento – spiega ancora il professore –  alcuni zuccheri del latte proteggono il corpo della madre e del neonato da sclerosi multipla, diabete, leucemia e dalle stesse patologie cui potrebbe condurre una dieta ad alto contenuto di carne rossa e latte». La ricerca era partita dall’osservazione dell’incidenza mondiale del cancro al colon e al seno, fra i quali era stata notata una curiosa relazione di proporzionalità diretta; viceversa «nelle aree del mondo in cui l’allattamento è prolungato nel tempo, nonché nei soggetti intolleranti al lattosio,  – prosegue il Nobel – abbiamo riscontrato una netta riduzione di queste patologie e di casi di neoplasia al colon e al seno, ma anche alle ovaie, ai polmoni e dell’endometrio». Ciò ha portato il team del professore a interrogarsi secondo criteri nuovi sul ruolo di una dieta principalmente carnivora, peraltro in un’epoca in cui la fiducia nell’autorevolezza scientifica è messa in discussione e “sostituita” da cure alternative, news provenienti da fonti non verificate e abitudini alimentari non sempre consigliate da uno specialista.

«È fondamentale informare i genitori di domani affinché scongiurino le infezioni zoonotiche nel primo anno di vita degli infanti attraverso l’allattamento al seno materno»

LA MIGLIORE CURA È LA PREVENZIONE. «A volte la malattia si manifesta a distanza di decenni dalle infezioni contratte, il che non significa che si debba abbassare la guardia, anzi. Più tardiva è la proliferazione delle cellule tumorali, maggiore sarà stato nel frattempo il numero di modificazioni genetiche», cosa che ridurrebbe drasticamente le possibilità di una guarigione completa. Come proteggersi, quindi, da simili rischii? «Fondamentale è informare al riguardo i giovani di oggi, cioè i genitori di domani, affinché scongiurino le infezioni zoonotiche nel primo anno di vita degli infanti attraverso l’allattamento al seno materno, limitando così anche il pericolo che sopravvengano più in là malattie neurologiche degenerative».

 

 

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