Si contano danni gravissimi a Catania dopo il violento temporale che ha investito la città ieri pomeriggio. Tetti scoperchiati, auto sommerse, verande precipitate, infrastrutture elettriche abbattute e persino diverse persone ferite. Non è la prima volta che le vie e le piazze del centro storico si trasformano in fiumi e laghi a causa di un sistema di defluizione delle acque inefficiente e inadeguato, ma difficilmente negli anni passati si sono visti segni di violenza così gravi nell’arredo urbano. Dalla Villa Pacini, la cui inferriata è stata abbattuta dal peso di un albero sradicato, a Piazza Duomo, che ha visto distrutte le parti esterne di alcuni esercizi commerciali.

È a Piazza Università, però, che Catania mette in conto i danni anche al proprio patrimonio storico-artistico. Dei quattro celebri candelabri bronzei di Mimì Lazzaro agli angoli della piazza, infatti, uno è stato piegato dalla forza del tornado. Fra i quattro, lo sfortunato è quello posizionato a nord-ovest, rappresentante la leggenda del Paladino Uzeta, inventata agli inizi del secolo scorso dal giornalista Giuseppe Malfa. La leggenda, ripresa anche dall’Opera dei Pupi, racconta la storia di un giovane di umili origini che non solo riuscì a diventare cavaliere di Federico II grazie al suo talento, ma riuscì anche a sconfiggere gli Ursini, temibili giganti saraceni.

Mentre il basamento, il gruppo scultoreo e la parte inferiore del palo appaiono intatti e incolumi, la parte superiore con le quattro luci si è spezzata ed è scivolata lungo il fianco, ancora appesa al cavo elettrico interno. Dei quattro bracci uno risulta rotto, probabilmente piegato dal colpo in caduta, e due dei quattro lumi a sfera sono andati in frantumi. Il lucernario centrale, prima posizionato in cima, adesso giace distrutto fra i cespugli dell’aiuola tutto intorno. Un danno, per quanto grave, reversibile e facilmente riparabile, considerato il distaccamento all’altezza di una giuntura del corpo bronzeo, ma che scuote per la ferita causata a uno dei simboli più amati nella città etnea.

Il Candelabro raffigurante la leggenda del paladino Uzeda danneggiato dal maltempo (foto Dario Allegra)

I candelabri, ciascuno cantore di una leggenda catanese, hanno trovato il loro posto in piazza Università nel 1957, quando furono commissionati a Domenico Maria Lazzaro e al suo allievo Domenico Tudisco e installati al posto di quattro palme in occasione del rifacimento della pavimentazione. Da quel momento, immobili nel tempo come guardiani silenti, si sono inseriti sempre più nella storia e nel vissuto quotidiano catanese, fino a diventare una tappa di rito per turisti e studiosi. Quando nel 2018 furono oggetto di restauro, l’attaccamento dei catanesi ai quattro candelabri era tale che in molti fra i passanti si lamentarono della scelta della pubblica amministrazione di ridipingerli di grigio. Le opere pubbliche in bronzo infatti, considerata l’ovvia esposizione agli agenti atmosferici, sviluppano negli anni delle naturali e caratteristiche corrosioni e screziature verdi. La scelta di coprirle con una patina grigia non fu ben accetta, a testimonianza dell’occhio attento e spesso severo di chi è solito frequentare il centro storico.

Anche per questo motivo, una volta terminata la conta dei danni, è presumibile immaginare l’avvio immediato di un cantiere di restauro intorno all’opera di Lazzaro. Cantiere incaricato non soltanto di riportare luce nell’angolo buio della piazza, ma di restituire l’integrità artistica a un bene che definiamo, senza timore di esagerare, irrinunciabile per la città.

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