«Ho incontrato Dio ascoltando la tua musica». Quando Massimo Granieri inviò questo sms a Patti Smith pensava che il numero del telefonino che gli avevano dato fosse uno scherzo, «o che comunque non mi avrebbe mai risposto». Invece, non solo il numero era esatto, ma l’indomani ricevette la risposta della “sacerdotessa del rock”. Accettava di incontrarlo durante il suo soggiorno a Taranto in occasione del concerto al Medimex 2019 di Taranto. Che così diventò il primo festival ad accogliere un inviato dell’Osservatore Romano, il quotidiano del Papa.

«Oggi in Vaticano c’è più attenzione nei riguardi delle problematiche giovanili e la musica non è più considerata un demonio. Basti pensare che Bergoglio in Argentina dava lezioni di tango»

E proprio Bergoglio è il “complice” di Massimo. «C’è molta sintonia tra Patti Smith ed il pontefice» commenta il sacerdote. «Lei ha scritto e interpretato il brano “These are the Words” per la colonna sonora del film “A man of his word” di Wim Wenders, tradotto in italiano “Papa Francesco – Un uomo di parola”. A un concerto l’ho sentita ringraziare Bergoglio per l’impegno a difesa della Terra e degli immigrati». È stata la segreteria vaticana a fornirgli il numero del cellulare della poetessa americana, è stato lo stesso Papa ad aver acconsentito al viaggio del giornalista nel mondo della musica giovanile in Puglia. Una inversione di marcia dopo gli anatemi nei confronti della musica rock, spesso accostata a Satana. «Oggi in Vaticano c’è più attenzione nei riguardi delle problematiche giovanili e la musica non è più considerata un demonio. Basti pensare che Bergoglio in Argentina dava lezioni di tango» spiega Granieri.

«Nel 1989 mi trovai per la prima volta tra le mani la copertina di “Radio Ethiopia”, avevo 19 anni. Fu il primo episodio tangibile della rivelazione di Dio nella mia vita e della sua volontà»

Maglietta e pantaloni neri, Massimo Granieri, 49 anni, una buona forchetta in perenne conflitto con i peccati di gola, è prete dal 2003. Ma fino al 1998, quando cominciò il suo percorso religioso come diocesano passionista, è stato un ragazzone punk. «Era il 1989 quando mi trovai per la prima volta tra le mani la copertina di “Radio Ethiopia”, avevo 19 anni. Fu il primo episodio tangibile della rivelazione di Dio nella mia vita e della sua volontà di coinvolgermi nello sforzo di accompagnare l’essere umano in qualsiasi situazione si trovi. Difficile a credersi è stato il punk a incrociare i miei passi con quelli del Signore» scrive nel libro “Il Vangelo secondo il rock”, introducendo la sua storia.

«Il punk di Patti Smith era sì di rottura, ambiva a rivoluzionare la vita, ma in senso positivo, costruttivo, ed aveva una intensità religiosa»

In principio, dunque, fu Patti. «Ma il suo punk era diverso da quello distruttivo o iconoclasta di gruppi come i Sex Pistols» ragiona. «Il punk di Patti Smith era sì di rottura, ambiva a rivoluzionare la vita, ma in senso positivo, costruttivo, ed aveva una intensità religiosa. Lei credeva che la musica potesse guarire e cambiare il mondo. Mi procurai il suo disco successivo, “Easter”, e scoprii che sulla copertina Patti citava ancora una volta San Paolo: “I have fougho a good fight, I have finished my course”. Le sue citazioni bibliche mi hanno incuriosito. Allora non capivo che, anche per chi non crede, un simile grido è una viscerale invocazione a Dio. Oggi so bene che quello che nel punk è un pugno in faccia al nemico, in molti casi è una preghiera ardente, l’espressione di un grande bisogno di consolazione».

«Nella musica padre Massimo va a cercare la parola biblica «che deborda nei versi di Bob Dylan, costeggia l’opera di Woody Guthrie, preme nella “teologia del Padre” di Bruce Springsteen, sostiene la poetica di Johnny Cash, urla nella furia di Patti Smith»

Padre Massimo Granieri
Padre Massimo Granieri

Nove anni dopo quell’incontro folgorante sulla via del punk, Massimo sceglie di seguire le orme dei Blues Brothers, andando in missione per conto di Dio. Entra in convento portando con sé il poster di Jimi Hendrix, che appende sul letto, al posto del crocifisso. «L’ho solo spostato» sorride oggi ricordando l’episodio. E cinque anni dopo viene ordinato sacerdote. Va ad esercitare in provincia di Cosenza, in quella Calabria dove cominciò la storia della sua famiglia. «Io sono nato in Inghilterra, a Leicester, ma a 3 anni sono tornato in Italia con la famiglia per andare a vivere a Bisignano». Il paese calabrese dov’era nato il padre e che aveva lasciato da giovane per andare a cercare un lavoro oltre Manica. La mamma, invece, era inglese. E cresce il figlio a latte e musica. «Ascoltavo i Pink Floyd da quando ero nel suo grembo» ricorda con calma serafica. «A casa mia si sentivano spesso i dischi di Jimi Hendrix, David Bowie e Jefferson Airplane. Sin da piccolo mia madre mi portava ai concerti. Il primo che vidi fu quello di Joe Cocker». Il papà ascoltava la tarantella, lui e mamma il rock. Nella musica padre Massimo va a cercare la parola biblica «che deborda nei versi di Bob Dylan, costeggia l’opera di Woody Guthrie, preme nella “teologia del Padre” di Bruce Springsteen, sostiene la poetica di Johnny Cash, urla nella furia di Patti Smith».

«È stato un incontro emozionante e commovente. Patti è una persona molto sensibile e religiosa»

A Taranto ha finalmente coronato il sogno di conoscere la “sacerdotessa del punk” attraverso la cui musica ha visto la luce, come urlava al cielo il compianto John Belushi dopo aver ascoltato uno straordinario James Brown. «È stato un incontro emozionante e commovente. Patti è una persona molto sensibile e religiosa» ricostruisce felice padre Massimo. «Abbiamo parlato della sua musica, del suo impegno nella lotta per la difesa dell’ambiente, di papa Bergoglio, delle nuove generazioni. Mi ha anche registrato un messaggio da far ascoltare ai miei alunni in Calabria». Sarà il nuovo Verbo che da domani padre Massimo diffonderà tra i giovani calabresi.

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