La Legge N.1 per la Tutela della salute e del benessere recita “Vietato lamentarsi” e ne è convinto anche il Pontefice che ha affisso il cartello alla porta del suo studio

[dropcap]I[/dropcap]l divieto, creato dallo psicologo catanese Salvo Noè, è stato donato al Pontefice dal terapeuta durante l’udienza del 14 giugno di quest’anno. Insieme ad altri messaggi la pubblicazione di numerosi libri e l’organizzazione corsi e convegni motivazionali, ha l’obiettivo di lanciare un messaggio che sproni a cambiare la propria vita con la forza della mente.

Da dove è nata l’idea di regalare il cartello “Vietato lamentarsi” a Papa Francesco
«Nel 2013 il Santo Padre tenne un’omelia in cui parlava dell’abbandono di Gerusalemme da parte dei discepoli di Emmaus dopo la morte di Maestro: la paura e lo sconforto li portava a continui lamenti e partendo da questo racconto, il Papa esortava a non lamentarsi e a reagire alla vita in maniera positiva perché bisogna avere fiducia nel Signore che ci accompagna anche nelle ore oscure. Io avevo già ideato l’avviso e ascoltando le sue parole ho deciso che avrei fatto in modo che il pontefice lo leggesse per fargli sapere che eravamo sulla stessa lunghezza d’onda. È un tema più volte trattato da Papa Francesco e che ho inserito anche nella riedizione del mio libro “Smettila di lamentarti” (Edizione NC)»

Come è avvenuto l’incontro?
«Non è facile arrivare al Papa. Qualche tempo fa sono stato invitato a un’udienza e ho avuto la possibilità di salutarlo e di offrirgli in dono il cartello, il libro e un braccialetto con lo stesso messaggio: sono stato stupito dell’entusiasmo con cui ha letto in dettaglio ed è stata una grandissima emozione prendere la mano di Francesco e fargli indossare il braccialetto, su sua richiesta. Quando l’ho incontrato gli porto il dono. Ha iniziato a leggerlo attentamente, con uno sguardo euforico e seriamente interessato. Ha detto ai suoi collaboratori che voleva il cartello affisso alla sua porta: pensavo fosse una cosa del momento ma a quanto pare non è così».

Che effetto fa ricevere questo interesse da parte di un Pontefice?
«È molto “emozionale”. Tutto mi sarei aspettato tranne di essere riconosciuto dal Papa. Sto con i piedi a terra, perché è comunque una cosa terrena ma la cosa mi entusiasma molto. Io non mi sento un maestro né un professore ma un allievo della vita: anche questa per me è una lezione».

Perché ha creato questi cartelli, “Vietato lamentarsi”, “Vietato giudicare” e “Adesso basta scuse”?
«Volevo mandare dei messaggi forti: vorrei capire cosa si può fare tutti insieme per cambiare le cose. Il lamento fine a se stesso non serve a nulla. Dobbiamo spostare l’attenzione dal problema alla soluzione. Da un lato è divertente, dall’altro fa riflettere, ad esempio quando dice che “la misura della violazione è raddoppiata qualora la violazione sia commessa in presenza di bambini”. Non bisogna insegnare il lamento ma trovare soluzioni e focalizzarci nel capire come cambiare la vita».

Il primo agosto sarà a Zafferana Etnea per un convegno motivazionale. Cosa spinge a creare un evento così grande?
«Lo organizziamo dal 2013: in quattro anni abbiamo fatto 5 appuntamenti. È stata una sfida rischiosa perché, sebbene io non fossi molto convinto, il sindaco ha insistito per inserire l’incontro nel cartellone di “Etna in scena”. Ogni anno trattiamo un tema diverso: nel 2016 il Coraggio, quest’anno la Fiducia che è l’argomento più potente della mente; è pervasiva e importante per instaurare un rapporto che vada oltre il sospetto e il conseguente malessere».

Qual è il suo rapporto con la Sicilia?
«
Innanzitutto di amore: nonostante tutti gli impegni in Italia, Europa e America, io sono rimasto qui. Amo la mia terra e non voglio andarmene perché voglio dare la mia competenza a chi vuole crescere, restando nel luogo che amo. Sono orgoglioso di dire che vengo da Catania e dalla Sicilia e sentirmi apprezzato per la mia vulcanicità. Sono fiero di dire che, in un’epoca in cui tutti i corsi e master vengono svolti in settentrione, io ho invertito la polarità e ho portato le mie conferenze in Sicilia con partecipanti che vengono dal nord Italia. È costato impegno e fatica ma fa parte della vita fare muscoli emozionali».

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