L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea sta avendo importanti conseguenze politiche, come le elezioni anticipate indette da Theresa May a giugno. Sono sempre più, tuttavia, i nostri connazionali che decidono di trasferirsi

Nel 2016, il numero di italiani residenti in UK era pari a 280.000 con circa 350.000 persone non ancora ufficialmente residenti (fonte AIRE). Nonostante la Brexit – l’uscita dell’Inghilterra dall’Unione Europea, sancita dal referendum del 23 giugno 2016 – i nostri concittadini che hanno scelto l’Inghilterra per trovare lavoro o per stabilirvisi, sono aumentati di 30.000 unità. Perché? Che cosa attira gli italiani in Inghilterra nonostante l’uscita dall’Europa?

IL SENSO DI INCERTEZZA. Per farci un’idea, abbiamo chiesto il parere di giovani siciliani che da anni, o da alcuni mesi, si trovano in Inghilterra. Lavorano in università, startup, grandi aziende. In tutti la Brexit ha suscitato lo stesso sentimento: incertezza. «L’esito del voto mi ha lasciata sbigottita e arrabbiata – racconta Marialuisa Aliotta, docente presso l’Università di Edimburgo –. Io, residente in UK da quindici anni, con un lavoro fisso, convivente con un cittadino britannico e madre di un bimbo di sei anni che sta crescendo qui, non ho avuto la possibilità di votare al referendum». Marialuisa è preoccupata che possano cambiare le cose in fatto di assistenza sanitaria e di fondi pensionistici, che il prezzo dei voli da e per l’Europa possa crescere sensibilmente, così come il costo delle merci di importazione.

IL RUOLO DELLE UNIVERSITÀ. A livello accademico, il rischio è che possa diminuire la possibilità di accesso a collaborazioni e risorse europee. Anche se, precisa la professoressa: «l’università sta facendo un ottimo lavoro nel dare supporto a quanti come me vivono questa transizione con apprensione. Ci confermano che siamo e restiamo i benvenuti e che l’università di Edimburgo ci tiene alla sua dimensione internazionale». Lo stesso senso di inclusione lo percepisce Fabio Giuffrida, 26 anni, dottorando in giurisprudenza presso la Queen Mary, University of London. «Nella mia università la maggior parte degli studenti è straniera – spiega Fabio – Per adesso sono sereno, non credo ci saranno stravolgimenti particolari a breve termine. Certo, la Brexit ha causato un enorme spaccamento a livello sociale e sul lungo termine sarà necessario valutare se è bene continuare a investire le proprie vite in UK».

I RISCHI PER LE STARTUP. Moreno Bonaventura è un giovane startupper che da tre anni lavora nel campo digital a Londra. «I grossi fondi di investimento americani, rivolti verso l’Europa, come prima tappa hanno sempre puntato su Londra. Nel momento in cui il ponte Inghilterra – Europa si affievolisce, è facile che molti investitori internazionali puntino direttamente su altre nazioni, Italia, Spagna, senza più passare per l’Inghilterra. Se Brexit dovesse significare ridurre la possibilità di scambio e interazione con altre nazioni, questo potrebbe ridurre anche l’opportunità di innovare. Ma sarà davvero così? Difficile prevederlo».

LA MULTICULTURALITÀ E IL CONSERVATORISMO. «Se l’economia inglese dovesse morire, non sarebbe uno scherzo – afferma Angela Catania, di origini gelesi, adesso all’ultimo anno di dottorato in archeologia presso l’Università di Sheffield – e io spero vivamente che ciò non accada». Angela e il ragazzo, Andrea Cavone, pugliese, consulente legale di una banca londinese, avrebbero intenzione, un giorno, di stabilirsi definitivamente a Londra. «Mi piacerebbe farlo – racconta Angela – perché rimane uno dei posti più socialmente e culturalmente vivi che abbia mai visto. Poco tempo fa, sul bus ho incontrato un ragazzo italiano che era nella City da qualche giorno per fare il cameriere. E nei suoi occhi non c’era nessuna paura». Andrea, invece, non è rimasto stupito dall’esito del referendum: «Si è trattato di un voto di protesta, in parte legato alla povertà, in parte al conservatorismo che è da sempre contrario ad un’Inghilterra multietnica. Nulla di nuovo. È già capitato in passato che un popolo abbia reagito in modo razzista a ondate di immigrazione che si impossessano di fette di reddito». Al momento, il Regno Unito conserva le due facce che lo caratterizzano da sempre: una, quella conservatrice e paurosa che guarda verso se stessa; l’altra, quella multiculturale, vorticosa e internazionale di Londra e delle grandi città rivolte verso l’esterno. Sapremo forse a breve quale delle due prevarrà visto che la premier inglese, Theresa May, ha annunciato elezioni anticipate all’8 giugno, proprio con l’intento di sanare il forte divario tra le opposizioni generato dalla rottura con l’Europa.

UK E EUROPA: UNA RELAZIONE DA SEMPRE ECCENTRICA. «Quella tra Regno Unito e Europa – afferma Salvatore Scellato, ingegnere alla Google – è stata da sempre una relazione molto speciale, con tante eccezioni. Londra, dove abitiamo, rimane una metropoli globale dove il mondo intero vive, sogna, lavora e si diverte. Un trampolino di lancio per carriera ed aspirazioni, con un potente simbolo: il sindaco Sadiq Khan dalla mentalità pratica ed aperta. In questo momento io e mia moglie restiamo a Londra, insieme al nostro piccolino nato qui, che cresce accanto ad altri bambini che provengono da tutta Europa».

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