L’autore: «Quando ho scritto questo testo ho immaginato un momento in cui l’Inghilterra decideva di uscire dall’Unione Europea cacciando i non inglesi dal suolo del Regno Unito. Cinque mesi dopo questo scenario è diventato realtà lasciando tutti di stucco»

Londra, un partito xenofobo al governo e una legge che espelle i non inglesi dal suolo britannico. Tra questi sei italiani ottengono di evitare il rimpatrio e vivono isolati in una villa del parco di Kensington in attesa di grazia. Potrebbe sembrare una notizia da telegiornale ai tempi della Brexit e della chiusura dei confini, invece è il plot di Kensington Gardens, l’ultimo capitolo della Trilogia del contemporaneo del regista e autore siciliano Giancarlo Nicoletti, in scena domenica 30 aprile alle 21 da Zo Centro Culture Contemporanee di Catania.  Lo spettacolo, che si inserisce tra gli appuntamenti della rassegna teatrale AltreScene2017 e che presto debutterà anche a Londra a cura di una compagnia inglese, come i precedenti lavori “Salvobuonfine” e “Festa della Repubblica” viene portato sul palco dal collettivo teatrale Planet Arts, di cui dal 2012 è direttore artistico lo stesso Nicoletti. Tra gli attori Valentina Perrella, Alessandro Giova, Riccardo Morgante, Cristina Todaro e Francesco Soleti, a cui si uniscono per l’occasione Annalisa Cucchiara ed Eleonora De Luca, protagonista del film L’ora legale di Ficarra e Picone.

L’attore Giancarlo Nicoletti (foto Emanuele Rizzo)

IL PROGETTO. «Il collettivo è nato da un gruppo di professionisti che condividono un’idea di teatro trasversale che va dalla prosa contemporanea alla drammaturgia, proponendo a un ampio pubblico alcune delle tematiche fondanti dei dubbi e dei problemi dell’uomo occidentale contemporaneo» – spiega il regista, che ha ricevuto un riconoscimento nell’ultima edizione del Premio Hystrio – Scritture di Scena e che dal 2016 dirige, insieme a Rocchina Ceglia, Altra Scena Art Management, con l’obiettivo di produrre e distribuire lo spettacolo dal vivo in Italia. «Nella Trilogia del contemporaneo affrontiamo molti argomenti di attualità come l’identità, l’identità di genere, l’accettazione di se stessi, l’omofobia, la politica, il malaffare, il costume e il linguaggio italiano, il rapporto con i media e con la notizia».

LO SPETTACOLO. In Kensington Gardens, spettacolo a dir poco premonitore che ha debuttato a febbraio 2016, ben prima dell’uscita dell’Inghilterra dall’Unione Europea, c’è la xenofobia, ci sono le frontiere e c’è il problema dell’identità di razza e culturale. «Quando l’ho scritto ho immaginato una Londra futurista, un momento in cui l’Inghilterra decideva di uscire dall’Unione Europea e di cacciare i non inglesi dal suolo del Regno Unito. Cinque mesi dopo questo scenario è diventato realtà lasciando tutti di stucco». L’idea è arrivata dalle tante storie degli amici che vivono a Londra e raccontano di quanto gli inglesi siano stanchi della loro presenza, ma anche dall’idea «di impiantare le psicologie dei personaggi de Il Gabbiano di Cechov in una situazione distopica, futuristica e poco plausibile». In cui si inserisce persino un vero e proprio esame di cittadinanza che potrebbe salvare il personaggio del chimico, ritenuto utile dal partito xenofobo. «Mi sembrava semplicemente una buffa trovata teatrale e invece anche questa è diventata una realtà inquietante, che mi fa molto ridere» – commenta Nicoletti, che chiarisce come lo spettacolo, ambientazione socio-politica a parte, parli principalmente di rapporti e di esseri umani. «Se da un lato lascia un certo senso di immedesimazione in molti personaggi – conclude il regista – dall’altro lascia pancia squartata e molte domande su cui lo spettatore può interrogarsi».

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