La mia Polonia al voto,
per capire se l’Europa
è ancora la patria
dei diritti umani

Agosto 1980. L’economia in Polonia crolla. Nei negozi mancano prodotti di prima necessità. Trovare cibo è talmente difficile che al posto della carne si vendono le ossa ed è impossibile trovare persino la carta igienica. L’unica cosa in eccesso è la vodka, oggi il prodotto polacco più riconoscibile all’estero. Allora ero solo una bambina, tuttavia ricordo bene le code, le razioni alimentari, la società umiliata, le persone disumanizzate, i volti ingrigiti e smagriti, i sorrisi senza speranza, le schiene curve senza nessuna gioia di vivere, la sensazione di essere lasciati soli, abbandonati, chiusi in casa, dimenticati. Un’attivista sindacale, Anna Walentynowicz, viene licenziata dal cantiere navale di Danzica. Questo fa scoppiare uno sciopero dei lavoratori, comandato da Lech Wałęsa. In questo modo nasce il movimento i cui ideali porteranno in auge il concetto “dell’essenziale”, facendo emergere una delle più nobili e particolari abilità del genere umano: la solidarietà, come dice il nome stesso del Sindacato autonomo dei lavoratori, Solidarność. Allo sciopero si uniscono gli intellettuali, l’élite e persone provenienti da tutti gli strati sociali. Insieme diventano un corpo, una singola – ma sempre plurale – voce che richiama il diritto di Anna, di Lech e di chi, come loro, si è unito alla lotta.

Inizio 2020. In un mondo sopraffatto da un’epidemia che sembra lentamente immergerci in un caos privo di logica e valori, possiamo trovare un senso solo nei nostri legami più profondi: il sentimento preponderante nella gente del mio Paese (e in generale degli europei) è ancora una volta quello della solidarietà. Mentre gli italiani cantano affacciati ai balconi, in Polonia alcuni giovani artisti condividono sui social delle canzoni con l’hashtag #mimanchitalia”. Il volto della solidarietà diventa quello di una persona comune che offre ad un’anziana vicina di casa di farle la spesa a Poznan; di una pizzeria che invia gratuitamente del cibo agli ospedali; di un generoso catanese che lascia la spesa “sospesa”; degli studenti che producono disinfettati per gli enti pubblici.

E io? In tutto questo ero pronta a partire per la Sicilia. E invece rimango bloccata in casa, con il cuore spezzato e con moltissima malinconia perché la società in Polonia ha due volti: uno umano e un altro impersonale e opprimente. Qui violare il lockdown ha comportato multe fino a 30.000 złoty (6.500 Euro). Così, i cittadini si sono trovati impossibilitati a protestare contro il governo, quando questo ha imposto una legge che li privava di alcuni dei loro diritti civili a causa del cosiddetto “bene superiore”, ma senza proclamare formalmente uno “stato di calamità naturale”. In questo contesto il Paese si è preparato alle elezioni presidenziali: a causa del Covid-19, si sarebbero dovute svolgere esclusivamente per corrispondenza, ma – come era prevedibile, sempre per via della pandemia, è risultato impossibile distribuire a tutti gli oltre 37 milioni di fogli elettorali già stampati.

Le elezioni in Polonia si svolgeranno domenica 28 giugno e nell’aria si respira il crescente sostegno per il candidato democratico e pro-europeo Rafał Trzaskowski, un ex attivista di Solidarność. La sua candidatura è stata possibile grazie a un milione e mezzo di firme, enormemente di più delle 100mila minime previste dalla legge. A fronte di questo desiderio democratico nella mia gente, per recuperare terreno, il presidente polacco Duda si è rivolto all’elettorato di ultra-destra (nazionalista, conservatore e anti-europeista), negando i diritti umani ai membri della comunità LGBT e dichiarando che «queste non sono persone, ma un’ideologia». Lo ha fatto proprio nell’ottantesimo anniversario del primo trasporto di prigionieri politici polacchi nel campo di concentramento di Auschwitz. Qui, nel paese che ha così fortemente sofferto nel passato a causa di diversi regimi accomunati da propagande costruite solo sull’odio, mi chiedo: come è  stato possibile concedere il potere a una persona che dichiara di non voler rispettare i fondamentali diritti umani?

Nonostante tutto ciò, le prossime elezioni in Polonia avvengono in un’atmosfera di grande speranza e rinascita: l’epidemia ci ha regalato un’opportunità per diventare di nuovo una società di persone e non una massa che avanza rivendicazioni e richieste egoiste ed opportuniste. Per capire chi siamo e per riflettere sulla nostra identità. Che sia europea o meno, essa è in primo luogo un’identità umana.

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