L’Africa degli immigrati
ospiti al Cara di Mineo:
«Nei nostri quadri i sogni
non le tragedie del mare»

Le opere sono state esposte a Palazzo della Cultura a Catania e vendute al pubblico con lo scopo di raccogliere fondi per la realizzazione del progetto umanitario nel sud del Senegal

Hanno dipinto sogni e desideri, raccontato la propria professione e cultura. Non c’è spazio per naufragi, barconi e viaggi disperati sulle tele realizzate dai giovani migranti del centro di accoglienza Cara di Mineo durante il laboratorio artistico Memoria della purezza del ricordo, organizzato dall’associazione culturale Balouo Salo-Un ponte per la vita. L’iniziativa, coordinata dall’architetto Raoul Vecchio e l’artista senegalese Baye Gaye è stata inserita nella seconda edizione di Out Of Africa, festival dedicato al continente africano e alle sue tradizioni.

UN PROGETTO PER IL SENEGAL. Durante la due giorni i quadri degli aspiranti artisti sono stati esposti al Palazzo della Cultura a Catania nella mostra di pittura Memory Dindinya e venduti al pubblico con lo scopo di raccogliere fondi perla realizzazione del progetto umanitario che l’associazione sta portando avanti nel sud del Senegal. «L’obiettivo di questa raccolta fondi – spiega Vecchio – è realizzare una sorta di sbarramento con lo scopo di proteggere una vallata di 480 km2 che comprende dieci mila ettari di terreno distrutti dalla salsedine, che grazie alla diga potrebbero tornare a essere coltivabili». Con i cambiamenti climatici in quelle zone, infatti, si verifica un raro fenomeno meteorologico che porta alla contaminazione delle falde acquifere e delle risiere, con gravi conseguenze su tutta la comunità. «In queste aree esclusivamente rurali l’agricoltura è tutto – chiarisce l’architetto – e oggi i problemi sono vari. Non c’è alimentazione e il tasso di malnutrizione è molto alto, non c’è lavoro e quindi c’è povertà e si stanno anche diffondendo delle malattie a causa delle scarse condizioni igienico-sanitarie». Beneficiarie dirette del progetto sono ottantamila persone sparse in oltre trecento villaggi, che stanno vivendo sulla loro pelle una grave situazione di emergenza ambientale. È previsto per settembre l’avvio dei lavori, finanziati grazie alle numerose iniziative che l’associazione porta avanti per la costruzione della diga, come quella del Cara, dove qualche ragazzo ha anche scoperto di avere un talento artistico.

L’ARTE COME LINGUAGGIO UNIVERSALE. «Pensiamo che l’arte sia un linguaggio universale capace di andare oltre la lingua e qualsiasi tipo di barriera culturale – afferma Raoul Vecchio – permettendo a chiunque di esprimere un sentimento, conoscere una persona e ciò che vuole esprimere». Per questo dopo alcune lezioni tecniche i ragazzi sono stati lasciati liberi di raccontarsi nei dipinti. Uno degli aspetti più belli del progetto, come sottolinea il promotore, è il fatto che viene realizzato insieme alla comunità. «Organizzeremo in quindici villaggi dei corsi di formazione che coinvolgeranno un totale di ventimila persone, che auto-costruendosi l’opera non solo svilupperanno consapevolezza, conoscenza, responsabilità e identità del progetto, ma saranno in grado di replicarlo in vallate più piccole senza l’aiuto dei volontari di Balouo Salo». Nome emblematico scelto da uno degli anziani dei villaggi che in lingua mandinga ha un duplice significato simbolico: un ponte per la vita e lottare per vivere.

Alcune delle opere in mostra

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Sono cresciuta in una famiglia di giornalisti e ho avuto quindi la possibilità, fin da piccola, di stare a contatto con giornali e studi televisivi, mentre pian piano maturavo l'idea di percorrere le orme dei miei genitori e intraprendere quella strada, di certo oggi più tortuosa, ma sempre affascinante. Così, quando è arrivato il momento di scegliere l'Università da frequentare, non ho avuto dubbi: sarei stata una studentessa del corso di Laurea in Scienze della Comunicazione nella mia città, che amo immensamente, a cui è seguito il biennio di specialistica in Comunicazione della Cultura e dello Spettacolo. Inutile dire che non mi sono mai pentita della mia scelta, apprezzando giorno dopo giorno, anno dopo anno, la comunicazione, il giornalismo e l'organizzazione di eventi legati a questi ambiti, approfonditi anche tramite esperienze lavorative in Fondazioni d'arte, librerie, Festival culturali. Insomma, non so proprio stare con le mani in mano! Sono curiosa di ciò che mi circonda e mi nutro delle storie delle persone con cui entro in contatto, probabilmente deformazione professionale.

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