Ospite ad EtnaComics 2019, il fumettista messinese torna su quel fortunato progetto, che lo vide collaborare con Marco Rizzo, ad un anno di distanza, facendo anche il punto sulla situazione politico-sociale del nostro Paese. L’auspicio? Un maggiore desiderio di ascoltare gli altri e di interrogarsi costantemente su come migliorare le nostre vite

Un anno fa usciva nelle librerie Salvezza, un reportage a fumetti di Lelio Bonaccorso e Marco Rizzo, che raccontava la vita e la morte a bordo dell’Aquarius, nave ormai celebre per tutte le vicende che l’hanno vista protagonista nel frattempo. Allora l’Italia come noi la conosciamo doveva ancora nascere e si percepiva distintamente un clima di incertezza. Qualcosa è cambiato?

ASCOLTARE E CONOSCERE COME RIMEDI. A EtnaComics 2019, di cui ha realizzato anche la quarta di copertina, abbiamo incontrato proprio Lelio, un anno dopo, per sapere che cosa è rimasto di quel fortunato progetto e dei motivi che lo hanno ispirato. Non fa altro che ripetere come un mantra: «Ascoltare, studiare e conoscere», perché senza conoscere non si può giudicare. «Per me ascoltare e studiare non sono un problema, io per esempio sono uno con la mente aperta, valuto tutte le possibilità e non escludo niente, anche le teorie più assurde. Non mi spaventano i complottisti, termine che oggi viene usato come se fosse un’offesa. Quello che mi spaventa è quando non studi». Ed è una considerazione a proposito della vita nell’universo che ci conduce ad una riflessione all’apparenza banale: «Come puoi cercare le vita negli altri pianeti quando poi se vedi un migrante, un “diverso”, lo prenderesti a calci nel sedere? – sorride – Se non vai d’accordo con chi è del tuo pianeta come puoi farlo con qualcuno che proviene da un’altra dimensione?». Un problema che nasce dal disagio e dalla rabbia, da una ricerca spasmodica della ricchezza, e soprattutto del volere sempre di più di quello che si possiede: «Credo che ci sia molta infelicità e insoddisfazione, credo che l’essere umano cerchi sempre una forma di evasione, anche la depressione è una forma di rabbia repressa, una reazione a un disagio che si vive e che non è sbagliata. Diamo dei malati a chi reagisce in maniera normale, quando, secondo me, siamo noi occidentali, europei e americani, ad essere malati. Siamo sempre incazzati, mai contenti, più abbiamo e più vogliamo. Si vive sempre con l’ansia, senza riuscire a prendere il buono da quello che si ha. Se vai nel deserto e vedi i beduini che non hanno niente e sono felici, capisci che siamo noi che non abbiamo capito niente».

La quarta di copertina di EtnaComics 2019 realizzata da Bonaccorso

UMANESIMO RITROVATO. Una società quindi impossibile da soddisfare che però vista dagli occhi di Bonaccorso appare in grado di poter ritrovare quel sentimento di umanità smarrito: «Posso dire che l’Italia è meno peggio di quello che ti vogliono far credere con la propaganda. La nostra esperienza – sua e di Marco Rizzo – ci ha portato ad incontrare più di 15.000 persone, di tutte le scuole e le età. Abbiamo girato l’Italia da nord a sud e ho incontrato molte persone positive e vogliose di capire. Anche il libro è andato bene (hanno raggiunto le tre ristampe, ndr), questo dimostra la sete di conoscenza della gente». Il disagio e la non conoscenza sono legati alla rabbia che porta noi esseri umani a cadere in quel baratro di buio che è il razzismo: «Anche io vorrei che non esistessero fenomeni come la mafia ma dobbiamo chiederci perché esistono. Alcune persone vivono in contesti talmente disagiati che se ci fossi nato io probabilmente oggi anziché fare il fumettista, forse andrei a rubare auto. Ti puoi arrabbiare quanto vuoi, ma non tutti sono Peppino Impastato con la famiglia mafiosa e la voglia di riscattarsi. Perciò prima di criticare l’esterno cerchiamo invece di domandarci perché la nostra vita è così e che cosa possiamo fare noi per cambiarla».

CONDIVISIONE. Quando Bonaccorso incontra il pubblico quello che più lo colpisce è lo stupore che molti manifestano sentendo i suoi racconti: «Noi non sapevamo che fosse così, così è diverso. Spesso gli altri pensano che tu sia contro l’Italia e gli italiani. Che tu sei ricco e loro poveri. Ma mi conoscono? Bisogna parlare con le persone, ma non attraverso i social, guardarle in faccia e condividere. Poi magari la pensiamo diversamente e mi sta bene, abbiamo solo questo spazio e lo dobbiamo condividere e in un modo o nell’altro dobbiamo metterci d’accordo, e non è sparandoci addosso che risolviamo». Tra i progetti futuri: un poliziesco per una casa editrice francese, delle illustrazioni per un volume dedicato a Federico II, e il continuo di Salvezza: «Con Marco abbiamo deciso di raccontare quello che succede dopo il salvataggio e l’accoglienza. Nasce da un viaggio che abbiamo fatto a gennaio scorso in Calabria, abbiamo raccontato di Riace e tutto quello che succede intorno. Le situazioni virtuose come gli SPRAR o quelle di disagio come San Ferdinando. Se fai un’analisi del voto e di quello che è appena accaduto credi di non aver capito nulla, ed è quello che ho letto in molti commenti, in realtà nei piccoli centri sappiamo bene come funziona, non è tanto un voto ideologico, ma di amicizia e conoscenza. Chiaramente queste sono supposizioni, sono solamente ipotesi basate sul nulla che lasciano il tempo che trovano, ma dobbiamo sempre prima acquisire coscienza come individui, poi come popoli, paesi e nazioni. L’Italia è un paese che non esiste: è un paese giovane, abbiamo 150 anni, non ha la coscienza civica che hanno la Francia e l’Inghilterra. Noi abbiamo ancora le fazioni che si scontrano come all’epoca degli staterelli. Ci vuole tempo».

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