Ed ecco che anche un altro elemento di arredo urbano sparirà nei prossimi mesi dalle nostre città. Le cabine telefoniche hanno accompagnato un’epoca, se – come risulta – le prime ad essere installate, a Milano, portano la data del 10 febbraio 1952.  Adesso stanno per essere smantellate da tutti i territori urbani delle città italiane ed europee: fine di uno strumento di comunicazione che per decenni ha coadiuvato i telefoni casalinghi, che ha permesso a ragazzi e ragazze di parlarsi al di fuori delle talvolta indiscrete mura familiari, che ha consentito poi a questi stessi – divenuti nel frattempo adulti – di chiamare moglie e figli lontani per un rapido saluto serale, se le vicende della vita li avevano portati a lavorare, temporaneamente o per lunghi periodi, lontano da casa.

Cabine telefoniche nelle quali la possibilità di comunicazione era assicurata dall’uso dei gettoni telefonici, curiosi dischetti metallici dal vago color rame, che per un certo tempo ebbero pure utilizzo di moneta corrente, pur non avendo valore legale.  E poi, a partire dagli anni ’80, rimpiazzati dalle schede telefoniche, più pratiche da usare in mancanza di monete o di singoli gettoni.  Schede che nei loro variopinti colori e soggetti – specie quelle delle altre nazioni europee – una volta esaurite avevano una loro seconda e più lunga vita, come oggetto di collezione e di scambio con gli amici, reperibili nei mercatini antiquari, dalle bancarelle locali ai bouquinistes di Parigi.  Nella versione a schede prepagate le cabine telefoniche all’estero rimasero il mezzo più adeguato ed economico di chiamare un telefono italiano, fino a tempi molto recenti, quando ancora il roaming per i telefoni cellulari utilizzati fuori dal proprio territorio nazionale non era stato introdotto, e non si voleva spendere un patrimonio chiamando dal proprio cellulare o dall’albergo.

Ma tutto, come ha recentemente fatto sapere Tim, questo è destinato a divenire storia nell’arco di pochi mesi.  L’Italia, a quanto sembra, è stata uno dei Paesi con il più alto numero di telefoni pubblici, circa uno ogni 450 abitanti, contro una media europea di uno ogni 1100 abitanti, e ancora adesso il numero di telefoni potenzialmente attivi supera in Italia le 15. 000 unità.  Ma il loro uso è calato drasticamente negli ultimi anni.  Secondo alcune statistiche, dal 2010 al 2017 il numero di chiamate dai telefoni pubblici si è ridotto dell’80%.  Ma, ancora più significativo, è il dato che riguarda il numero di chiamate da ogni postazione, in media meno di una ogni tre giorni.  Coerentemente con l’uso sempre più massiccio dei telefoni cellulari, di cui sembra esistano in Italia oltre 80 milioni di apparecchi, più di uno a testa.

Del resto, l’abbandono delle cabine telefoniche per il loro uso primario ha fatto nascere negli ultimi anni utilizzi “secondari” di questi piccoli spazi, da servizi igienici improvvisati, a luoghi di ricovero notturno per senzatetto, da luoghi dove lasciare l’immondizia a depositi temporanei di merce da parte dei venditori ambulanti, per non dire dell’uso di questi luoghi come centri di informazione. Informazione sì, ma molto specifica, sulle possibilità di droga o di sesso a buon mercato nella zona. Insomma, utilizzi che hanno contributo al degrado complessivo delle grandi città.

Non si può dunque non eliminare queste strutture, a meno di immaginare creativamente altri utilizzi, ancora più creativi di quelli ipotizzati finora dalla gente.  Londra, per conservare alcune delle sue caratteristiche cabine telefoniche rosse, le Red Telephone Boxes, divenute un’icona del territorio londinese, ne ha messe in vendita tante, come oggetto cult, o le ha adibite a postazioni di ricarica dei cellulari.  Altre città, come Belluno e Padova, vogliono verificare la possibilità di trasformarle in mini-biblioteche, dei bookcrossing tematici dove poter lasciare e prendere gratuitamente dei libri. Il concorso di idee è dunque aperto, ma il tempo stringe e tra poco potremmo non ricordare più cosa fossero questi strani parallelepipedi con le pareti trasparenti.

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