Secondo di quattro appuntamenti previsti per le festività, lo spettacolo andato in scena il 20 dicembre, diretto da Carmen Failla, è stata l’occasione ideale per proporre alcuni dei capisaldi della musica europea tra Settecento e Novecento, senza dimenticare alcuni intramontabili classici natalizi

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]I[/dropcap]l nostro modo di farvi gli auguri è questo». Le parole della direttrice d’orchestra Carmen Failla sottolineano ancora una volta il ruolo cardine del Teatro Massimo Bellini, nella musica e nel cuore dei cittadini catanesi. Letteralmente sommersa dagli affettuosi applausi della platea, si concede quest’unica frase prima di istruire gli orchestrali sul richiestissimo bis. Secondo di quattro appuntamenti, dopo il Concerto corale del 20 dicembre, quello di Natale, cui seguirà il balletto “Lo Schiaccianoci” del 27 in co-produzione con il Teatro di Messina e il concerto di Capodanno, vuole essere l’inizio di una risalita per l’Ente etneo reduce dalle criticità che l’hanno recentemente subissato.

PROGRAMMA. Apre le danze la suite “Music for the Royal Fireworks” in re maggiore di Georg Friedrich Händel, nell’arrangiamento di Sir Hamilton Harty. Un pezzo d’occasione composto per la famiglia reale di Hannover, alla quale il musicista tedesco fu a lungo legato. Il pretesto, la firma del trattato di Aquisgrana del 1748, con il quale si poneva fine alla guerra di successione austriaca. Per ordine del re Giorgio II lo spettacolo avvenne all’aperto, dando ambio spazio ai fiati e alle percussioni che anche in questa versione si distinguono per compattezza e sonorità. L’Ouverture ha un’impronta trionfale: fu, infatti, scritta per l’ingresso dei sovrani dal parco di San James e riproposta in un evento ufficiale nel 2002 in occasione del 50esimo anniversario di regno della regina Elisabetta II. La solennità delle prime battute lascerà poi spazio a passaggi freschi e vivaci cui seguiranno le danze francesi di corte: Alla siciliana in cui forte è la visione di pace che precede l’Avvento, l’elegante Bourrée per fiati e archi e infine i Minuet. Una direzione espressiva, quella della Failla, che offre al pubblico una chiave di lettura ricca di colori e timbri grazie anche a un’Orchestra rispettosa della scrittura originale.

La direttrice d’Orchestra Carmen Failla. Foto di Giacomo Orlando.

A SPASSO PER L’EUROPA. Dalla musica barocca inglese si passa a quella da ballo ottocentesca francese con Charles Émile Lévy Waldteufel e il suo “Les Patineurs”. Il valzer sostituisce l’Ouverture dell’“Oberon” di Weber, alleggerendo il programma e restituendo quell’atmosfera invernale che sarà poi ripresa nella seconda parte. Il glissato delle note rimanda all’immagine di un pattinatore che volteggia sul ghiaccio mentre i corni, i violini e i violoncelli tessono la struttura su cui s’instilleranno le trombe e i fagotti per un’esecuzione scintillante. Il titano Rossini è interpellato nell’ouverture del “Guglielmo Tell”, melodramma con il quale il Maestro pesarese si congedò dalle scene liriche, per dedicarsi ad altre forme compositive. Dal dialogo dei violoncelli si fa presto a passare al turbinoso temporale di archi, ottoni e timpani approdando all’Andante pastorale in cui spicca l’intricato dialogo tra flauto traverso e corno inglese per concludere, nell’Allegro finale, con la fanfara aperta dalle trombe che interrompono l’atmosfera bucolica segnando l’arrivo dei ribelli svizzeri contro l’invasore austriaco. Un’esposizione superba eseguita dalla compagine musicale in modo maestoso lascia spazio all’Ouverture de “Il principe Igor’”, opera incompiuta di Aleksandr Porfir’evič Borodin. Fu Aleksandr Glazunov, dopo la scomparsa nel 1887 del chimico russo, a ricostruirla memore di tutte le volte che l’aveva sentita eseguire al pianoforte dall’amico. Vigorosa la presenza di una linea melodica che richiama al folclore russo: dal Lento iniziale si passerà all’irruente Allegro, in cui i fiati restituiscono il carattere orientaleggiante, annunciato dal corno e ripreso dagli archi, che esploderà nell’imponente finale.

GRAN FINALE. La seconda parte è quasi interamente dedicata a Pëtr Il’ič Čajkovsij con la suite dal balletto “Lo schiaccianoci” in cui il ventaglio timbrico dell’Orchestra si fa sfaccettato e ricco già dalla trasparente Ouverture-miniature, mentre nelle cinque Danze caratteristiche accanto a strumenti tradizionali si collocano la celesta, il cuculo, le castagnette e le raganelle. Alla parte introduttiva fa seguito la Marcia, dove il tema è cesellato dalla tromba, dai corni e dai clarinetti. Nella “Danza della Fata dei confetti” protagonisti sono per l’appunto la celesta, qui ineccepibilmente suonata da Gaetano Costa, e il clarinetto che conferiscono un’aura di ammaliante mistero all’insieme, seguiti dalla frenetica “Danza Russa”, in tempo di trépak, nella quale sono presenti interessanti progressioni. In 3/8 l’Allegretto della “Danza araba”, una ninna nanna georgiana appresa a Tbilisi, dove torbidi e seducenti risuonano il corno inglese e il ritmico tamburino intanto che guizzano impennanti i flauti e l’ottavino nella “Danza cinese”, sullo staccato dei fagotti e il pizzicato degli archi. Quindi la “Danza dei mirlitons” con il lungo assolo dei tre flauti seguiti dagli ottoni e dalle percussioni, che sotto finale ripropongono il tema cardine, e infine il “Valzer dei fiori” dove il crescente dialogo tra i fiati e il clarinetto si apre agli archi nel più tradizionale dei valzer viennesi. Dulcis in fundo a chiudere è “A Christmas Festival” dell’americano Leroy Anderson che intorno agli anni’50 volle racchiudere i canti natalizi più popolari, come “Joy to the world”, “Deck the Halls”, “Jingle Bells”, “Adeste fideles”, “Silent night”, in questo originale medley. Un concerto meritatamente osannato in cui oltre a una solida bacchetta e a un’Orchestra in grande forma si sono ripercorsi alcuni dei punti salienti della musica europea tra Settecento e Novecento.

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