Dal Monastero dei Benedettini al Castello Ursino, la rassegna “Altrove 2018” va fuori dalle mura del Teatro Verga e si confronta con la città. In scena attori siciliani interpreteranno testi inediti e due pluripremiati testi europei

[dropcap]«[/dropcap][dropcap]I[/dropcap]l teatro pensa al proprio futuro puntando sulla contemporaneità: bisogna lasciare spazio a linguaggi nuovi ed eccellenze emergenti perché avvenga un auspicato ricambio generazionale»: con queste parole Massimo Tamalio, curatore della rassegna “Altrove 2018 – Visioni di teatro contemporaneo”, esprime il proprio pensiero durante la conferenza stampa d’apertura della rassegna stessa tenutasi al teatro Verga nella mattinata del 6 Aprile. Quest’ultima infatti, come sottolineato da Caterina Andò (responsabile dell’ufficio stampa dello Stabile), è composta da cinque spettacoli prodotti tutti tra il 2012 e il 2018, di cui due prime nazionali: «Si tratta davvero di una drammaturgia nuova, che dà meritata fiducia a giovani artisti». A queste parole fa eco la direttrice Laura Sicignano: «In questa rassegna sono coinvolti attori dalla professionalità consumata a cui lo storico pubblico dello Stabile è affezionato, ma anche altri più giovani che danno voce alle nuove generazioni. Tanto gli artisti impegnati, quanto i toni e i temi trattati puntano ad avvicinare al teatro la gioventù di oggi». Tutto questo dimostra che in città vi è un gran fermento, molti ragazzi si mettono alla prova come attori o registi esordienti, dando vita a nuove produzioni.

Da sinistra: la direttrice Laura Sicignano, la vicepresidente Lina Scalisi, il curatore della rassegna Massimo Tamalio, l’addetta stampa del TSC Caterina Andò (Foto Antonio Parrinello)

IN SCENA L’ATTUALITÀ E IL SOCIALE. E di nuove produzioni, come detto, si articola la rassegna “Altrove 2018”, che punta su una molteplicità di temi attuali, a cominciare da quelli trattati in “La rondine (La canzone di Marta)” (26-29/04, 3-6/05 Monastero dei Benedettini, Coro di notte) di Guillem Cua, una prima nazionale su regia di Francesco Randazzo. Il testo prende spunto da una recente storia vera, un attacco terroristico del 2016 a Orlando in un bar frequentato da omosessuali. «Il dramma – afferma Randazzo, affiancato da Lucia Sardo – mette in scena una tragedia privata in un contesto pubblico e reale, affrontando così temi attuali che “disturbano” la quotidianità, come le minoranze e i loro diritti, la diversità, il terrorismo. Con simili produzioni impegnate si cerca di inaugurare una nuova tradizione, ma se un tale testo diventerà davvero un classico si potrà sapere solo tra cinquant’anni».

Il secondo spettacolo in cartellone è “L’ombra di Euridice” (7-10/06, 14-17/06 Corte di Castello Ursino), testo di un drammaturgo esordiente quale il siciliano Giorgio La Rosa su regia di Angelo D’Agosta. «L’opera – afferma La Rosa – è frutto di uno studio sul mito. Perché Orfeo si volta a guardare Euridice, perdendola per sempre? Perché si rende conto che è già morta e bisogna lasciarla andare, concedere a lei questo sollievo, mentre chi resta è costretto a soffrire per la perdita».

Un’altra prima italiana è “Studio su “Storia di un oblio” (19/06-1/07 Chiesa San Nicolò l’Arena) di Laurent Mauvignier, con regia di Roberto Andò, un monologo ininterrotto sul valore della vita oggi che trae spunto da un triste fatto di cronaca, il massacro di un ladruncolo colpevole di aver rubato una lattina di birra.

Mafia Pride” (13-16/09. 20-23/09 Corte di Castello Ursino) è frutto della collaborazione del giornalista e drammaturgo ragusano Salvo Giorgio, che ha seguito, tra i tanti, il “maxi processo”, e del regista Giampaolo Romania. «Il titolo può far sorridere – affermano entrambi -, ma il paradosso è proprio questo: mettere in luce la grottesca comicità della mafia attenendosi solo alla triste realtà. Espressioni come “Mafia? E cos’è? Un tipo di formaggio?”, pronunciata dal boss Gerlando Alberti, possono solo fare amaramente ridere di fronte alla verità dei fatti».

Da una Catania coraggiosa che non temeva di mettere in scena le opere di Fava prende ispirazione il quinto e ultimo spettacolo della rassegna, “68 punto e basta” (27-30/09, 4-7/10 Complesso Fieristico Le Ciminiere), ideato e diretto da Nicola Alberto Orofino. «È un cast giovane – afferma il regista – che fa un’analisi del ‘68 a Catania dal punto di vista politico, lavorativo, universitario e dell’intrattenimento. Era una Catania che si trasformava nella “Milano del Sud” e da lì bisognerebbe ripartire».

Da sinistra: l’attore Luigi Tabita, il regista e drammaturgo Francesco Randazzo e l’attrice Lucia Sardo (foto Antonio Parrinello)

IL TEATRO FUORI DAL TEATRO. Oltre agli spettacoli, l’originalità di questa rassegna sta nel suo essere itinerante: «Le rappresentazioni – sottolinea Caterina Andò – andranno in scena fuori dal teatro per ricordare il bello della nostra città. Non solo luoghi storici monumentali, ma anche resti di archeologia industriale come le Ciminiere, che testimoniano una Catania all’avanguardia nell’ ‘800 e luogo d’incontro commerciale grazie alla sua posizione e alla ferrovia». Sulla stessa scia continua anche la Sicignano: «In questo modo la poesia fa irruzione nella civitas e crea un’osmosi tra territorio, teatro e cittadini». Si punta infatti al massimo coinvolgimento dei cittadini: «L’innovazione di questi spettacoli – afferma la vicedirettrice Lina Scalisi – non è una sperimentazione esclusiva, ma inclusiva. Io, da storica delle istituzioni quale sono, ho in mente il modello di Gramsci: questi puntava a innovare all’interno di strutture tradizionali, proprio come noi facciamo con il teatro. Bisogna rinnovare, non abbandonare le tradizioni e le vecchie generazioni».

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