Il direttore del Parco Archeologico Massimo Osanna, ospite presso l’Università degli studi di Catania, ha annunciato ha sottolineato come nel tempo l’attenzione a questo simbolo del nostro patrimonio sia aumentata: «Dopo anni di interventi sbagliati, oggi continuiamo le ricerche e tuteliamo con competenza ciò che è già tornato alla luce»

Un terremoto e un’eruzione l’hanno distrutta in meno di un ventennio (62 e 79 d.C.), ma proprio questo sembra essere stata la sua fortuna: Pompei, la città sepolta dalla cenere del Vesuvio, vive oggi la sua seconda vita. A presentare gli oneri e gli onori di tutelare una parte così prestigiosa del nostro patrimonio è stato il dirigente del Parco Archeologico Massimo Osanna.

NUOVE RICERCHE. A partire dagli scavi borbonici del 1748, quello che apparentemente era un luogo naturale ha rivelato sotto di sé un’enorme città dall’estensione di 66 ettari, di cui solo 44 fino a oggi sono stati riportati alla luce. «Se è vero che la manutenzione dell’area già scavata non è facile, è anche vero che non portare avanti gli scavi non è una soluzione, soprattutto se si considera il forte dissesto idrogeologico lungo la linea di confine tra la zona già riportata alla luce e quella ancora sotterrata»: così afferma Osanna in occasione della lectio magistralis che ha tenuto il 20 dicembre al Palazzo Centrale dell’Università degli studi di Catania. Alla lezione, dal titolo “Pompei fra ricerca e manutenzione”, erano presenti il magnifico rettore Francesco Priolo, la direttrice del Disum Caterina Paino, il professore di Archeologia Classica Luigi Caliò e il direttore dell’Ibam CNR Daniele Malfitana. «Pompei – afferma quest’ultimo –  è metafora rappresentativa del nostro patrimonio storico, della politica culturale del nostro Paese, città che rinasce dopo gli interventi sbagliati degli anni passati».

NECESSITÀ TECNICHE. Parlando del Grande Progetto Pompei, cioè un nuovo programma straordinario di interventi di manutenzione che usufruisce di fondi europei, Osanna ha raccontato in breve come Pompei sia una città dalle molte vite. «Fino a qualche anno fa – afferma il dirigente – il parco archeologico era affidato a una serie di commissariamenti non tecnici che non comprendevano quali fossero i restauri più urgenti né come intervenire in maniera adeguata». Dopo il crollo eclatante della Schola Armatarum del 2010, c’è stata una svolta politica: la gestione del parco è stata affidata a esperti del settore. «Al di là dei casi più noti, i piccoli crolli settimanali stavano distruggendo Pompei e non bastavano semplici puntelli momentanei. A livello estetico – continua Osanna – erano stati messi ottimi impianti di illuminazione del Teatro e monitor che mostrassero gli scavi, ma a livello di manutenzione gli interventi erano inadeguati».

CURA E COMPETENZA. Oggi la totale messa in sicurezza del parco ha consentito la realizzazione di un percorso noto come “Pompei per tutti”, che rende gli scavi accessibili ai diversamente abili e non solo, ma anche a genitori con passeggini o anziani, con una riduzione degli infortuni del 40%. «Sono necessarie passerelle sia per rendere il percorso più agevole sia per evitare di rovinare i pavimenti» sostiene Osanna, il quale infatti continua: «Il flusso notevole di turisti crea un impatto antropico immenso. Questo non significa che bisogna imporre un numero chiuso in un bene archeologico che è patrimonio universale, ma che si dovrebbe avere più accortezza. Per esempio nel Lupanare c’è un traffico così intenso che è necessario un vigilie a dirigerlo». Oggi la presenza di custodi che siano anch’essi competenti del settore fa sì che ogni emergenza sia segnalata, individuando subito priorità di intervento come tessere di mosaici saltate o simili. Le nuove tecniche di manutenzione seguono un programma preciso: anamnesi, diagnosi, terapia, registrazione e archiviazione dei dati, così che chiunque possa riprendere da dove si era lasciato.

FOTOGRAFIA DI UNA TRAGEDIA. «L’eccezionalità di Pompei sta nel fatto che, oltre ad avere mosaici unici come il catasterismo di Orione, di recente scoperta, ha elementi che ci consentono di conoscere la quotidianità della gente. – sottolinea Osanna parlando di quanto è stato riportato alla luce – Si pensi agli scheletri integri oggi analizzati in laboratorio, agli oggetti di uso comune custoditi nei musei o conservati nelle case dove sono stati rinvenuti. Tutto questo, a differenza dei palazzi imperiali romani spesso saccheggiati, permette di ricostruire le dinamiche degli ultimi giorni di vita della gente».

 

 

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